di Fabio Anselmo, avvocato
Le bodycam non devono essere una possibilità. Devono essere un obbligo. Sempre.
Per ogni intervento di polizia. Per ogni pattuglia. Per ogni fermo.
Perché quando si tratta di vita e morte, la discrezionalità è una porta spalancata sull’abuso.
Non c’è niente da “valutare”. Non serve una sperimentazione. Non basta un “può essere dotato”.
Serve una regola. Chiara. Universale. Non negoziabile.
Le bodycam devono essere accese da prima dell’intervento. E spente solo dopo.
Le loro immagini devono essere archiviate, conservate. A disposizione della verità.
Perché troppe volte la verità si è spenta. Come si è spenta la notte del 3 gennaio 2021,
quando è morto Simone Mattarelli.
Era inseguito dai carabinieri. Uno di loro accese la bodycam. Poi, proprio nel momento decisivo, si interruppe. Le immagini non ci sono. Di quella sera sono rimasti solo un corpo, senza vita. E un buio che ancora oggi non è stato spiegato.
Il governo annuncia che gli agenti “possono” indossare videocamere.
Non è una svolta. È una foglia di fico. Quel “possono” è la garanzia che nulla cambierà.
È una copertura. È comunicazione, non riforma.
I senatori Cucchi, De Cristofaro, Floridia e Magni hanno presentato, come primo atto di questa legislatura, un progetto di legge molto semplice. Vi ho collaborato pure io.
Bodycam sempre obbligatorie. Attivate da personale tecnico, non dall’agente.
Video archiviati e conservati 24 mesi.
Nessun uso per riconoscimento facciale senza reato. Basta equivoci. Basta discrezionalità. Basta zone grigie. Chi indossa una divisa rappresenta lo Stato. E lo Stato deve essere trasparente. Non si può chiedere fiducia e pretendere opacità.
Siamo a Ferrara.
So perfettamente che la notte del 25 settembre 2005, se ci fossero state queste regole,
Federico Aldrovandi oggi sarebbe vivo. Lo so io. Lo sanno tutti.
E chi ha ostacolato la giustizia, chi ha gettato fango su quella battaglia, oggi non venga a parlare di sicurezza. Perché la sicurezza si costruisce con la verità, non con la propaganda.