Le scatole cinesi di Mario Occhiuto: la genesi e il primo intrallazzo (con arresto)

Mario Occhiuto nel 1994

Ventotto anni fa, proprio a quest’ora, il 14 luglio del 1994, Franco Petramala (già esperto faccendiere e politico) e Mario Occhiuto (giovane e rampante architetto) vengono clamorosamente arrestati. La stavano facendo “sporca” all’ospedale dell’Annunziata di Cosenza: Petramala nel ruolo di direttore generale e Occhiuto nelle vesti di titolare di una società che vinceva appalti a tavoletta. Inizia da allora la gloriosa “carriera” del cazzaro, che sarebbe uscito da questa storia solo grazie alla prescrizione e che proprio in virtù di questa vicenda può definirsi truffatore conclamato. Ve la raccontiamo. A futura memoria, vista la piega che hanno preso gli eventi. 

Siamo nel lontano 1990, ed un giovane Mario Occhiuto muove i primi passi verso quella che sarà la sua folgorante carriera da imprenditore fallito e colluso.

Si è da poco laureato e la voglia di fare è tanta. Insieme ad altri mette in piedi una delle sue prime società: la Se.Co.P srl (1991). Una società che si occupa di progettazione e costruzione di metanodotti, acquedotti, elettrodotti, strade pubbliche, opere pubbliche in genere, sia per conto proprio, che per conto di tutti gli enti pubblici.

E siccome, come sarà da qui in poi, non è suo costume sborsare denaro dalle proprie tasche, da subito si attrezza su come prendere appalti e appaltucci pubblici, magari godendo di qualche favore degli amici degli amici. E’ questa la sua strada: l’intrallazzo.

Occhiuto e suo padre a una delle tante processioni alle quali hanno partecipato

La sua è una famiglia conosciuta in città. Il papà è titolare di una rivendita di frutta e verdura bene avviata e molto frequentata, in quegli anni. Mario e i suoi fratelli e sorelle hanno studiato. Vogliono emanciparsi dalla frutta e verdura.

Da tempo stringono “amicizie” importanti. A quel tempo, ma anche oggi, era il denaro a contare. Gli amici arrivano solo se hai da offrirgli qualcosa. Mario e famiglia sono degli estimatori del mondo ecclesiastico. Direi dei fans. Questa loro entratura gli permette di conoscere chi all’epoca maniava molto denaro pubblico. Entrano nei salotti che contano.

Si ‘mbruscinianu con tutta la DC che conta. Quella che distribuisce, in quegli anni, agli amici degli amici appalti e favori, dopo aver sistemato i propri uomini nei posti chiave. Oggi come allora l’osso da spolpare è la sanità. Ad accogliere Mario tra le sue braccia, che muove i primi passi verso le nuove frontiere dell’intrallazzo, è l’allora commissario straordinario della USL 9 Franco Petramala.

Un pezzotto della vecchia DC, di cui è stato anche segretario regionale. Petramala è uno abituato ad incorrere in reati contro il patrimonio pubblico. Fedelissimo di Loiero – che sostenne alle regionali del 2005 con una lista di supporto, senza essere eletto – si muove, da tempo, in simbiosi con lui. Fanno il bello e il cattivo tempo in Calabria. Sono pappa e ciccia.

Franco Petramala

Infatti, Loiero, per premiarlo per così tanta devozione e fedeltà, nonostante i tanti guai giudiziari, lo promuove mandandolo prima all’Asp e poi, nel febbraio del 2009, gli affida ad interim la direzione generale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza.

All’epoca Petramala era veramente un pezzotto di quelli che contano. Ne sa qualcosa la Doris Lo Moro, ex assessore regionale alla Sanità fino alla sua inaspettata rimozione: più volte – racconta l’esponente Pd – mi ero rifiutata di nominare Petramala, persona di stretta fiducia di Loiero, perché nel suo curriculum c’era una condanna definitiva per falso con pena sospesa.

Pare che la cosa non sia piaciuta all’ex governatore, sonoramente trombato dalla coalizione del centrodestra nelle elezioni regionali del 2010, e per questo senza troppi convenevoli mise alla porta la Doris. Ma, come dicevo prima, Petramala una ne fa e cento ne pensa.

Sul capo del “direttore generale” pesano diverse inchieste tra cui quella relativa all’autoassunzione di un suo subordinato. Michele Fazzolari, assunto all’’Asp con un contratto di tre anni, riceve infatti l’incarico di stabilizzare 320 precari. Senza perder tempo, il Fazzolari, firma la determina e assume a tempo indeterminato anche se stesso, con l’avallo, e la firma, del potentissimo Petramala.

Risultato: sei avvisi di garanzia per abuso d’ufficio, tentato abuso d’ufficio, truffa e falso e successiva richiesta di rinvio a giudizio e condanna. Ma non basta.

Franco Lucio Petramala pensa bene di mettersi in un altro mmualicu: questa volta si tratta dell’affitto di una palazzina fatiscente, senza impianti tecnici e priva dei solai. Prezzo? 35mila euro al mese, 420mila euro all’anno per sei anni, la bellezza di 2 milioni e mezzo complessivi. Un contratto che secondo la procura non poteva essere firmato perché il palazzo non è di proprietà della società affittatrice.

Secondo gli inquirenti sarebbero state fatte carte false per arrivare alla firma. Da qui la richiesta di rinvio a giudizio per concorso in falso ideologico per Petramala, altri due funzionari dell’’Asp e per Fausto Aquino, rappresentante legale della società «Edera srl».

Persino il cinghiale, che vede in lui un pericoloso concorrente negli intrallazzi dentro la sanità, produce una interrogazione parlamentare in merito all’incompatibilità di Petramala col suo ruolo di direttore generale. Nomina che, secondo il senatore Antonio Gentile, non poteva essere fatta perché Petramala è stato candidato alle regionali del 2005, e la legge dice che per cinque anni non si possono ricoprire incarichi pubblici.

Essendo stato nominato nel 2008, di anni ne erano passati solo tre. Non solo. Gentile ricorda, nell’interrogazione, anche che il 18 gennaio 2008, con atto di protocollo n° 891, Petramala dichiara, mentendo, di non essere mai stato candidato alle elezioni regionali nel collegio di Cosenza. Da qui l’esposto alla procura di Catanzaro che il 25 febbraio 2009 chiede al gip la sospensione cautelare di Petramala. Richiesta respinta dal gip.

Petramala, condannato per falso in atto pubblico e con il rischio di due processi in arrivo, rimase al suo posto. Un personaggio niente male, nel campo degli intrallazzi e delle coperture.

Mario Occhiuto ha stima e ammirazione per questo uomo. Con il quale inizia a collaborare. Nelle funzioni di commissario dell’allora USL n°9, siamo nel 1993, mette a bando per licitazione (chiamata diretta al ribasso) un appalto per lavori di manutenzione e ristrutturazione dell’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza.

A partecipare sono dieci ditte. La torta è grossa: quasi 3 miliardi delle vecchie lire, nello specifico, ma in generale la truffa si aggira sui 10/12 miliardi di vecchie lire. E qui, stando agli atti giudiziari iniziano i guai.

Bandita la gara, arriva il giorno dell’apertura delle buste da parte della commissione. Di cui presidente è lo stesso Petramala, aiutato dalla dottoressa Wanda Marsico e dal responsabile dell’ufficio tecnico Greco. Dopo una serie di pasticci, la prima gara viene annullata, e ne parte una seconda alla quale partecipano in 5.

E sputa ca nnumini, a vincere è la Se.Co.P. di Occhiuto. L’offerta è considerata la più vantaggiosa. Ma tutto l’appalto è una colossale truffa ai danni dello stato, e dei cittadini. Al punto che Occhiuto e il suo amico Petramala finiscono dritti in galera, è il 14 luglio 1994.

Una beffa del destino, il giorno in cui, le quatorze juillet, i francesi e tutto il mondo occidentale, festeggiano la caduta di una delle prigioni più famose e tremende al mondo, la Bastiglia, loro, Mario e Franco, si trovano ad “edificarne” con il loro ingresso in cella, un’altra.

Occhiuto, fedele, sin da che mosse i primi passi, alla regola “statti ccuri miagliu i tia e facci i scarpi” non vede l’ora di passare all’azione. Siamo nel 1992.

L’amicizia con Petramala, che è meglio di lui, in materia di intrallazzi, è l’occasione giusta per apprendere i segreti del mestiere che nel corso della sua carriera di imprenditore fallito lo renderanno un Maestro del “settore”. Infatti come fallisce lui, nessuno…

Sempre ovviamente utilizzando i soldi dei caggi. In questo “particolare” sta la grandezza del personaggio. Gli utili ricavati dai tanti ‘mmualici messi in atto dal Mario, non si sanno dove finiscono, o meglio ve lo sveleremo da qui a breve, mentre i “fallimenti” finiscono sempre col gravare sulle pubbliche casse. Nu mastruni, appunto.

Mario segue come un cagnolino il potente Petramala. Ascolta e impara. Franco è generoso con lui, non lesina di svelare ogni trucco del mestiere, anche quelli inconfessabili che ogni maestro d’arte si riserva solo per sè.

Sa che il ragazzo ha le spalle forti e ce la può fare. Mario, dal suo, si impegna come non mai. Studia come un matto e, dopo un faticoso praticantato, è pronto per il grande salto: mettere in pratica il suo primo grande intrallazzo. Petramala è contento dell’allievo, che ha fatto passi da gigante in pochi mesi, apprendendo tutto quello che c’è da sapere per la buona riuscita di un intrallazzo. E giunge l’ora della verità.

L’occasione è un bell’appalto all’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza: progettazione, realizzazione e manutenzione, di opere “murarie”. Un po’ di miliarducci delle allora vecchie lire, quasi 3, giusto per gradire. La gara è al ribasso. Ma il maestro sa come organizzarsi. Chiama un po’ di ditte amiche con le quali concorda l’offerta, promettendogli una stecca e dice ad Occhiuto, sulla base dell’offerta con gli altri concordata, di mettere qualcosina in meno. E il gioco è fatto.

La Se. Co. P. srl, vince l’appalto perché ha fatto l’offerta più vantaggiosa. L’allievo si è dimostrato bravo e capace. Anche se ora viene la parte più difficile: arrobbarsi i sordi senza destare sospetti. I lavori, subito dopo l’espletamento dei riti burocratici, iniziano.

Mario organizza il cantiere e l’Annunziata è pronta per rifarsi il look. Ma subito arrivano i problemi, e anche seri. Durante alcuni lavori di ristrutturazione crolla un muro che investe un giovane operaio, procurandone la morte. Un dramma. Una morte di cui non si è mai capito fino in fondo quali siano state le reali cause che l’hanno determinata.

La tragica morte del povero operaio costringe la procura, nella persona del dottor Mario Spagnuolo, ad aprire una inchiesta. Il sostituto procuratore sguinzaglia i segugi della guardia di finanza, perché vuole capire come stanno le cose. E’ ovvio che Spagnuolo ha capito che quella tragica morte è frutto di mancanza di sicurezza sul lavoro, nonché della scarsa professionalità con cui si eseguivano i lavori. Così iniziano intercettazioni, pedinamenti, e acquisizione di tutta la documentazione che riguardava diversi lavori eseguiti dalla Se.Co.P. srl e commissionati da quel marpione di Petramala.

I finanzieri spiano e studiano. Il quadro che ne viene fuori è a dir poco impressionante. Non c’è niente in ordine, nelle carte. Fatture gonfiate, acquisti inesistenti, ore lavorative triplicate, uso di materiali scadenti. Oltre ad essere completamente illegale, da ogni punto di vista, l’assegnazione dell’appalto. Fatto in barba a tutte le regole.

Insomma, Occhiuto e Petramala, avevano messo su una vera e propria gallina dalle uova d’oro. Lui assegnava gli appalti e Mario intascava. E di controlli, verifiche da parte dell’ente, nemmeno l’ombra. Una vigna che non ti dico. Se non fosse stato per la tragica morte dell’operaio nessuno ci avrebbe mai ficcato il naso.

A distanza di un anno dalla morte dell’operaio, l’inchiesta è conclusa, e i mandati di cattura pronti per essere firmati. E’ l’allora procuratore capo, Serafini, che è quanto dire, a dare il via al blitz. E i giornali del 14 luglio 1994 così titolavano: Nei guai per una vicenda di appalti truccati, il commissario Petramala, tre dirigenti ed un imprenditore (occhiello). CINQUE ARRESTI: DECAPITATO IL VERTICE USL (titolo). “E’ emerso un quadro di diffuse irregolarità”, ha precisato il procuratore Serafini (catenaccio).

Si aprono così le porte di via Popilia per Occhiuto e Petramala, mentre gli altri saranno posti agli arresti domiciliari. L’arrobbamiantu che gli contesta la procura si aggira intorno ai 12 miliardi delle vecchie lire.

La permanenza di Mario e Franco in quel di via Popilia, dura poco. Dopo una settimana vengono scarcerati, per il venir veno delle esigenze cautelari, ma restando sempre imputati. La procura in conferenza stampa subito dopo gli arresti così si esprimeva: “è emerso un quadro di diffuse irregolarità, sia nella fase della scelta, da parte dell’ente, delle imprese da invitare alla gara, sia nella fase di aggiudicazione vera e propria, caratterizzata da una turbativa d’asta realizzata dalle varie imprese partecipanti, con lo scopo di favorire la Se.Co.P. srl, con il concorso dell’ente”.

E aggiunge: “ulteriori irregolarità sono emerse anche in ordine alla fase di esecuzione dei lavori. E’ mancato ogni controllo tecnico da parte dell’ente. Non era neppure prevista la figura di un direttore dei lavori nominato dall’ente. E’ risultato, inoltre evidente, che la SE.Co. P. srl godesse all’interno dell’ente di una corsia preferenziale per il pagamento delle fatture, (spesso tarocche), presentate. Che definirla preferenziale è poco”.

Insomma, una premiata ditta che lavora a più non posso. Su come fregare il prossimo ovviamente.

Mario e Franco, seppur liberi, ora hanno un grande problema. La storia avrà un seguito e, prima o poi, bisognerà andare a processo. Ma non c’è problema, se c’è la guagna. E di soldi Mario e Franco ne hanno accumulato. Possono chiedere qualche favore, sganciare bustarelle, vedere come fare per aggiustare il processo. Che si presenta molto ostico nei loro confronti. L’accusa principale nei loro confronti è quella di “avere in concorso tra di loro, in tempi diversi ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, intenzionalmente procurato all’Occhiuto, amministratore della SE.Co.P. srl, il vantaggio patrimoniale rappresentato dall’affidamento di lavori di manutenzione, per effetto della delibera di cui sopra, presso la USL n. 4 di Cosenza per lire 11.518.140.426 più lire 556.920.000 per complessive lire 12.074.960.426, nel periodo di tempo compreso tra il 04.02.1993, e il 31.01.1994. Spettanze non dovute all’Occhiuto perché ingiuste, per essere detti lavori conferiti, eseguiti e pagati con violazione della normativa regolante la materia…”.

Accuse grave e circostanziate, che inevitabilmente porteranno una condanna. L’hanno fatta troppo sporca. Occhiuto tarocca l’intaroccabile. Mentre Petramala ammuccia l’inammucciabile. Non c’è scampo per loro. Quello che si può fare è solo cercare di ridurre il danno. E l’unica soluzione sta nel tira oggi che viene domani. Cioè: allungare i tempi del processo il più possibile, fino ad arrivare alla prescrizione, almeno per i reati più gravi.

Intercorrono, si narra, frenetiche riunioni nelle stanze segrete della solita procura di Cosenza. Se c’è da fare qualche regalo, i due, all’epoca freschi di truffa e quindi con il portafoglio a mantici, non si tirano indietro. Possono spendere. E qualcuno annusa l’affare.

La determinazione iniziale della procura di Cosenza, pavoneggiata nel corso e nella presentazione dell’operazione, comincia a scemare. Inizia, così, guarda caso, la tiritera del processo. Rinvia oggi, che rinvia domani, passano più di 10 anni dalla commissione del reato. E la prescrizione sul più pesante capo d’imputazione nei confronti di Occhiuto, arriva liscia liscia.

Ai giudici che sentenziano a marzo del 2002 non resta altro da fare che prenderne atto. E fu così che iniziò l’ascesa fenomenale dell’imprenditore più fallito di tutti i tempi, ccuri sordi di caggi. Che seppe far di necessità virtù, gettando le basi di quella che sarà una amicizia, tra lui e la procura di Cosenza, destinata a durare nel tempo. Che gli permetterà di passare indenne a fatti ancor più gravi di quello appena narrato. Non resta che continuare a seguire i soldi e le sue società, per rendere giustizia alla verità, ma soprattutto per ricordare a noi tutti che non sempre quello che luccica è oro. Ci leggiamo alla prossima.

GdD