Le toghe rosse (di vergogna) di Md contro Gratteri a difesa della paranza

Quello che non abbiamo mai capito, “dall’alto della nostra attiva militanza politica in tutti i movimenti di sinistra nati sul finire degli anni ottanta fino ai giorni nostri, dalla Pantera al G8 di Genova e oltre”, è perché i magistrati aderenti alla corrente di Magistratura Democratica vengono definiti “toghe rosse”. Noi di queste “toghe rosse” nelle piazze, nelle occupazioni delle fabbriche, nei cortei, nei presidi – che generalmente sono i luoghi che ogni rosso che si rispetti naturalmente frequenta –  non ne abbiamo mai viste. Forse abbiamo sbagliato ad interpretare il significato di quel “rosso”. Forse quel rosso non è inteso come “colore politico”. E quindi è normale non vederli nei cordoni dei servizi d’ordine dei cortei dei compagni. Ma poi abbiamo scoperto che quel toghe rosse può essere, così com’è stato fatto, declinato anche in “giudici comunisti”. E allora non abbiamo avuto più dubbi sulla collocazione politica di questi magistrati. E quindi è giusto immaginarli in piazza al fianco di tutti i compagni proletari in lotta. Del resto va da se per chi si definisce di sinistra, frequentare la “strada”, lo sanno tutti, la cosa che più amano fare i comunisti è manifestare, scioperare, lottare, occupare. Attività obbligatoria per chiunque si definisce tale. Nessuno è esente dalla militanza, tocca a tutti partecipare a costruire la giusta strada che conduce al Sol dell’Avvenire, anche i magistrati comunisti devono dare il loro contributo materiale alla causa.

E allora ci siamo ulteriormente chiesti: se queste toghe comuniste non praticano la militanza obbligatoria, non frequentano i social forum, non partecipano alle assemblee di movimento e di partito, come fanno ad esplicitare la loro tesi politica rivoluzionaria che ogni comunista è tenuto ad avere? Si sa: il fine ultimo del Comunismo è l’uguaglianza tra i popoli, un obiettivo raggiungibile solo attraverso un moto rivoluzionario, e la Rivoluzione non è certo un pranzo di gala. In poche parole: questi giudici rossi che comunisti sono?

Li abbiamo da subito esclusi dalla casta intellettuale che generalmente gravita attorno ad ogni movimento rivoluzionario comunista, li abbiamo esclusi anche dalle avanguardie politiche, spesso troppo avanti per essere capite, ma soprattutto li abbiamo esclusi dai rivoluzionari in servizio effettivo permanente. Non ci pare di scorgere nell’attività di questi giudici comunisti il benché minimo atteggiamento di natura sovversiva. Nessuno di loro vuole sovvertire l’ordine costituito. E se non c’è quello che ci permettiamo di definire “un sentimento (la rivoluzione è anche un atto d’amore)”, possiamo tranquillamente dire di essere di fronte ad una vera e propria appropriazione indebita di altrui identità politica.

Quello che abbiamo capito è che del comunismo a questi giudici di MD (termine che va inteso così come è stato descritto nell’atto del suo concepimento) non gliene frega niente. Del resto come si fa ad essere comunisti (marxisticamente parlando) e allo stesso tempo adoperarsi a difendere la stato imperialista delle multinazionali?

Ed ecco che una prima possibilità di comprensione sulla loro vera natura politica arriva da una lettura attenta del comunicato contro il dottor Gratteri che MD ha diffuso dopo l’intervista rilasciata al Corriere dal procuratore della Dda di Catanzaro. Il che chiarisce anche il perché gli stessi giudici di Md non hanno mai inteso chiarire, fino in fondo, il vero significato di quel “rosso”, usato molto dall’allora presidente del consiglio zio Silvio. Nessuno ha mai detto che quel rosso non rispecchiava e non rispecchia i loro ideali politici. Nessuno si è mai speso per chiarire questo, hanno lasciato sempre correre la cosa, perché in fin dei conti ammantarsi dietro una gloriosa bandiera che parla di giustizia e libertà, fa molto più figo, specie per chi fa il giudice, di chi predica solo repressione e manette. Un modo come un altro per elevarsi culturalmente rispetto ai loro colleghi grezzi che si ispirano ancora alla cultura fascista. I detentori della sana cultura giuridica. Gli unici eredi di Voltaire e Beccaria. E la “spacchiosità” con cui sciorinano concetti filosoficamente alti in quel loro comunicato, sui principi deontologici che devono muovere l’agire di un pm, sono la prova della loro vacuità. Scrivono di principi che non hanno mai rispettato. Predicano bene e sono i primi a razzolare male. E poi si esprimono così, solo quando alla sbarra c’è qualche pezzotto. Per il povero proletario che finisce stritolato nella macchina della giustizia, la filosofia del diritto non vale.

Che MD è una facciata politica ad uso e consumo di tutti, il cui unico scopo è quello di promuovere, con ogni mezzo necessario, legale e illegale (Palamara docet) la carriera interna degli iscritti, oggi lo sanno tutti. Così come tutti sanno che degli ideale di giustizia e uguaglianza, agli iscritti di Md, non gliene può fregar de meno. E per sostenere questo basta leggere dall’elenco gli iscritti a questa corrente che non è differente dalle altre presenti nella magistratura. Per quel che ci riguarda restiamo in Calabria. Ad essere iscritti ad MD il procuratore capo di Cosenza Mario Spagnuolo detto il Gattopardo, L’ex pm antimafia Luberto, l’aggiunto Tridico, il dottor Curreli, e tanti altri. Chiunque li conosca provi ad immaginarli impegnati a lottare per salvaguardare i diritti dei cittadini e reprimere il malaffare, e far trionfare la giustizia proletaria. Roba da riderci su per una una settimana. Sono proprio loro i primi a reprimere, falsificando anche prove, le lotte dei movimenti, dei lavoratori. Sono proprio loro i primi ad proteggere il malaffare e gli amici degli amici, sfogandosi poi contro i poveracci, con le classiche retate contro gli spinelli, giusto per dare un senso pubblico al loro lavoro.

Sono loro che dovrebbero dire per primi a Gratteri di andare fino in fondo nelle sue inchieste e di non guardare nessuno in faccia, neanche e soprattutto i colleghi corrotti. Invece si riuniscono per difendere ancora una volta chi ci vuole schiavi di un sistema corrotto. E la prova della loro meschinità sta proprio in questo loro far finta che tutto vada bene nelle aule dei tribunali in Calabria. Come se Petrini, e gli altri, non fossero mai esistiti. E per avallare questo sono costretti a criticare Gratteri che con le sue parole infanga la sacra toga. Dimenticandosi il vergognoso mercato delle vacche a cui è ridotta la Giustizia in Calabria. Le sentenze in Calabria si vendono tanto al chilo e ci sono le prove fotografiche di questo. Ma di questo non bisogna parlarne, e chi lo fa offende i calabresi e la magistratura. I peggiori. Altro che compagni emancipati. Questi vivono ancora nel medioevo.

L’unica cosa che ci viene in mente da accostare al rosso, per chiudere il discorso sul significato di toghe rosse in riferimento ai magistrati di MD, e a Vrigogna!

il link con l’intervento di MD: https://www.magistraturademocratica.it/