Venerdì 13 dicembre 2024, il magistrato antimafia Marisa Manzini ha partecipato nello scenario dell’ Auditorium comunale di Filadelfia, alla presentazione del suo libro, “Il coraggio di Rosa”, donna che ha rifiutato la sua famiglia mafiosa.
La scelta di partecipare alla presentazione del libro in un comune attualmente al centro di inchieste sulla mafia, solleva interrogativi sulle implicazioni etiche e sull’immagine della lotta alla criminalità organizzata. L’evento, che ha visto la partecipazione e il supporto del Comune, avviene in un contesto di profondi legami tra politica e malaffare, come evidenziato dalla recente inchiesta “Imponimento” che ha portato alla decapitazione dei vertici della cosca Anello-Fruci.
Le accuse e le condanne che coinvolgono figure ed ex amministratori locali, come Domenico Bretti, gia assessore nella Giunta a guida Francesco De Nisi e suo sostenitore in varie campagne elettorali, la condanna del collaboratore di giustizia Giovanni Angotti a quattro anni di reclusione per voto di scambio politico-mafioso, sono la prova di legami profondi tra ‘ndrangheta e politica. Le intercettazioni del fratello del consigliere regionale e attuale segretario di Azione, con alcuni esponenti della ‘ndrangheta locale e attualmente vicesindaco nella Giunta Bartucca, pongono interrogativi sulla credibilità e sull’efficacia delle istituzioni nella lotta contro la mafia.
Viene da chiedersi: come mai tutte le imprese che hanno lavorato per il Comune di Filadelfia sono state poi successivamente inghiottite dall’inchiesta Imponimento? Questo è il frutto del caso oppure di un sistema consolidato di intrecci tra politica e mafia nel corso degli anni?
Tutti interrogativi legittimi che ancora oggi non hanno ricevuto risposta.
La presentazione del libro ha avuto anche il patrocinio della biblioteca comunale. Il presidente, nominato dall’attuale Giunta, ha legami di parentela con la locale di ‘ndrangheta, risulta infatti essere cugina di primo grado di Rocco e Tommaso Anello, condannato recentemente alla pena di trent’anni di carcere e soggetti tutti e due al regime del 41 bis.
Questo contesto potrebbe far sorgere la preoccupazione che eventi come quello della presentazione del libro possano essere strumentalizzati, piuttosto che rappresentare un vero impegno nella lotta contro la mafia.
La figura della Manzini, impegnata da sempre nella sensibilizzazione dei giovani sulla legalità, potrebbe quindi trovarsi in una posizione ambivalente, tra il suo obiettivo di diffondere messaggi di coraggio e giustizia e il contesto complesso e problematico in cui si inserisce l’evento. Ma evidentemente il magistrato non era a conoscenza di tutto questo, almeno si spera…
Lettera firmata