Lettere a Iacchite’: “La Calabria è un malato terminale, altro che chiacchiere”

Lettera aperta al governatore della Calabria, ma ancora di più rivolta a te, singola persona, che leggi e che sei come me un componente del popolo, detentore del potere sovrano.

Ho letto la vicissitudine della signora “Carmela” che ha subito al pronto soccorso dell’ospedale di Cosenza (https://www.iacchite.blog/lettere-a-iacchite-cosenza-state-attenti-alla-dottoressa-terribile-del-pronto-soccorso-vi-racconto-cosa-mi-ha-fatto/). Dispiace per lei signora, mi creda.

Di recente, anche io ho conosciuto la situazione di questa realtà. Tralascio di dire cosa sia successo. A seguito delle mie giustificate proteste al pronto soccorso è intervenuta la polizia che mi ha invitato a presentare denuncia presso gli organi preposti. Sorridendo, ho risposto ad uno dei due agenti che senso avrebbe avuto. Con una scusa qualsiasi avrebbero “insabbiato” le mie ragioni.

Due settimane fa mi reco al Comune (è inutile dire quale sia) su appuntamento prefissato telefonicamente e trovo la porta chiusa. Perfetto, perché ormai gli uffici comunali sono aperti soltanto di martedì e giovedì. A pochi centimetri della porta esiste un campanello. Lo premo ripetutamente, accorgendomi che forse non è funzionante. Ho provato a bussare, ma senza risultato. Venti minuti di attesa. Ho provato a telefonare ma nessuno mi ha risposto. Solo all’arrivo di un signore, accorgendosi dell’inconveniente, ha telefonato direttamente ad un impiegato comunale, il quale si è recato all’ingresso aprendo la porta. Ho fatto presente il tutto e mi ha risposto che quel campanello non funziona da più tempo ma ne esiste un’altro sulla rampa laterale, non visibile a chi non conosce questa realtà. Ieri pomeriggio mi sono recato alla stazione (inutile dire quale).

Uscendo ho trovato tutta la strada allagata e (a mali estremi estremi rimedi) mi sono immerso con scarpe e pantaloni nel piccolo lago. Prima ho telefonato al 115 e dall’altro capo del telefono ho trovato una persona umana che confortandomi ha anche ribadito che le reti fognarie non vengono pulite.

Egregio governatore Occhiuto, faccia insieme a me questa considerazione: quanto costa la sostituzione del campanello oppure un semplice cartello che possa indicare quello funzionante? Ne avrei altre da dire, tante, dimostrabili con foto e quindi non mie illazioni. Ma perderei soltanto il mio tempo.

Per un malato in fase terminale non esistono cure, se non un miracolo. Se non si riescono a risolvere le piccolissime problematiche…. si riuscirà mai ad affrontare e a risolvere quelle di un livello superiore? È inutile parlare di depuratori inefficienti, strade provinciali che da oltre un ventennio permangono in uno stato pietoso e pericoloso eccetera eccetera…

Purtroppo tutta la realtà italiana come quella calabrese, di meno o di più, è quella che ogni giorno seri giornalisti denunciano. Chi raggiunge una “poltrona”, una dirigenza, un qualsiasi incarico istituzionale o di servizio pubblico, non risponde del suo operato se non a livello prevalentemente penale. Non esiste una responsabilità civile e del proprio operato. Non esiste un’analisi e controllo dettagliato per eventuali loro incapacità di diligenza, inettitudini, mancati raggiungimenti, incurie.
Non esiste una valutazione di queste persone nel raggiungimento di determinati obiettivi e la relativa valutazione della performance. In alcuni settori del “pubblico” si è iniziato a concepire ed attuare un’impostazione del genere, ma ancora siamo lontani anni luce. Ai cari calabresi intelligenti dico di non inculcare ai vostri figli la “patriarcalità” di questa regione, ma il raggiungimento del benessere individuale, dove ancora esiste un minimo vivere di civiltà e soprattutto rispetto per l’altrui persona.
Governatore Occhiuto, lei ha parlato di segnali di discontinuità per il bene della Calabria. Tutti i veri valori di questa terra, man mano nel tempo, si sono perduti se non quello di avere ancora del cibo genuino e gustoso. Ma non si vive per mangiare, si mangia per “vivere”. So che non si può vivere al di fuori della società, ma ho anche il diritto di vivere con i miei simili che sanno che hanno diritti e doveri, ma soprattutto sanno dare un vero valore alla vita.