Caro Direttore,
mettiamo un po’ di ordine sul caso Mauro, da te pubblicato e rilanciato dal Corriere della Sera.
Il 27 novembre del 2015, dopo 4 anni, il giudice del lavoro, Silvana Ferrentino riconosce a Mauro la causa di servizio per una depressione reattiva causata dallo stress di servizio.
Lo fa sulla base della valutazione di un consulente tecnico di ufficio che l’ASP, guidata allora da Gianfranco Filippelli, incredibilmente non contesta!
L’ASP, costituita con l’avvocato Niccoli, non si degna nemmeno di nominare un suo consulente di parte! Cose che succedono solo a via Alimena.
Per questo, e non solo, mi sento di dire che non ci sono nubi sulla Ferrentino. Del resto, se avesse voluto favorire il marito medico, avrebbe dato ragione all’ASP e non a Mauro, che all’epoca era un semplice dirigente.
E qui veniamo alle vere colpe: il primo colpevole è Filippelli, che recepisce la sentenza e non l’appella. Egli sta in carica sino al 25 gennaio. Perché non fa l’appello? Lo spiego dopo.
Colpevole sarebbe certamente lo stesso Niccoli se non avesse messo per iscritto (scripta manent) la necessità di appellare la sentenza.
Colpevole è Raffaele Mauro che se fosse stato un signore avrebbe messo per iscritto all’ufficio legale che, proprio per il principio atavico della moglie di Cesare, sarebbe stato doveroso proporre appello.
Colpevole è più di tutti Mario Oliverio che continua a sbagliare tutto dicendo che non sa niente. Non sapeva della causa di servizio? Ha nominato lui, Mauro, appena cinque settimane dopo la famosa sentenza.

E torniamo a Filippelli, uno che calcola anche l’orario in cui deve espletare i suoi bisogni fisiologici, tanto è cinico.
Perché non appella la sentenza del suo successore, a gennaio, quando continua ad esercitare le funzioni in attesa di essere sostituito? La risposta è nella delibera con la quale Mauro lo riconferma, a febbraio (!), per cinque anni come dirigente dell’unità complessa di oncologia a Paola. È lì il do ut des.
La Ferrentino è l’unico giudice cosentino che, all’epoca in cui faceva il penale, condannò Pino Tursi Prato. Cioè l’unico uomo politico condannato dal Tribunale di Cosenza.
Io continuo a dire che in questo schifo non c’entra. Davanti alla difesa compiacente dell’ASP che non si degna nemmeno di confutare le ragioni di Mauro, non poteva agire diversamente.
I colpevoli sono quelli menzionati e bene farebbe, l’avvocato Niccoli, ad esibire (se la scrisse) la lettera con la quale chiedeva di appellare la sentenza di primo grado. Se non l’ha scritta, sarà un problema pure per lui.
Le circostanze sembrano dare torto al giudice, ma che favore è o sarebbe quello di essere trasferito a Lungro?
Ci sono stati magistrati, in ogni ambito, a Cosenza, che hanno avuto benefici per familiari. Non è il caso della Ferrentino. E, mi creda, se Mauro non fosse stato nominato, tutto sarebbe passato inosservato.
Il 27 novembre del 2015 tutti erano certi che Filippelli sarebbe stato riconfermato.
Grazie per l’ospitalità democratica
Paolo C. Cosenza