Vi scrivo per raccontarvi l’ennesima crudeltà assistita presso il Pronto soccorso dell’ospedale di Rossano Calabro. Parliamo di una giovane malata oncologica F.M., mamma di un bambino (di 8 mesi) che non ha nemmeno avuto la fortuna, da quando è nato, di poterselo accudire a causa delle cure alla sua patologia. La signora ha una malattia oncologica al 4° stadio. Per via della gravità della malattia, ha necessità di fare spesso delle trasfusioni di sangue.
Giorno 3 ottobre 2023 alle ore 19, chiama l’autoambulanza di Cariati, in quanto si sentiva male, per portarla al Pronto soccorso più vicino, che è appunto Rossano. Lì, arrivati al triage, il triagista registra in codice azzurro (quindi urgenza), la paziente oncologica. Non appena il medico di turno in Pronto soccorso si accorge di tale situazione di urgenza, inveisce contro i sanitari dell’ambulanza, dicendo che quella paziente non poteva essere triagiata (nonostante in questo presidio esista laboratorio analisi e centro trasfusionale).
Il medico, nel suo dire, riferisce ai sanitari dell’ambulanza di andare al presidio più vicino (Corigliano) distante altri 25 km. La paziente viene trasportata presso il nosocomio vicino e le vengono trasfuse 3 sacche di sangue. Non si sa se il tumore le darà la possibilità di continuare a rivedere gli occhi del figlio appena nato (che nel frattempo è seguito e curato dalla sorella e dal cognato, persone umili e di un grande cuore) ma di certo ha visto gli occhi di un sanitario apatico, arrogante e messo lì alla modica cifra di 80/100 euro all’ora per turno (quasi un bottino da 1000 euro al giorno), per medici in prestazioni aggiuntive, vista la carenza dei medici in tutto il territorio nazionale.
In Calabria abbiamo bisogno di più medici, infermieri e sanitari, ma soprattutto abbiamo bisogno di sanitari capaci di guardare al cuore dei pazienti e non alla speculazione di un momento di emergenza, che porta gli ospedali ad essere un mercificio, per gente come questo medico.
Lettera firmata