L’inferno di lamiera: vite sospese a 40 gradi a Borgo Mezzanone

di Daniela Zero

Fonte: Collettiva

C’è un’Italia che cuoce, letteralmente. Che brucia sulle lamiere di baracche infuocate, dove la temperatura sfiora i 50 gradi al suolo e l’acqua è un lusso che arriva solo due volte a settimana. È l’Italia dei ghetti, degli invisibili, dei lavoratori migranti sfruttati nei campi dell’agroindustria. Tra questi luoghi estremi, Borgo Mezzanone – a una decina di chilometri da Foggia – rappresenta una delle ferite più profonde: un insediamento informale tra i più estesi d’Europa, con oltre 5mila presenze, in gran parte braccianti provenienti da Nigeria, Mali, Ghana e Senegal.

Adam, 34 anni, dalla Guinea Bissau, vive da sette anni nel ghetto. “Non c’è ombra, non c’è acqua, fa caldissimo. Siamo in cinque in una baracca e si soffoca”. Lamin, senegalese di 24 anni, da sette mesi in Italia, racconta di baracche in lamiera incandescenti, di fornelli elettrici come unica alternativa sicura alla cucina a gas, di corse alle fontane delle borgate per un sorso d’acqua. Le parole che usano sono semplici, dirette, ma inchiodano alle responsabilità: questa non è vita.

LAMIERE ROVENTI, DIRITTI EVAPORATI

Nel cuore dell’estate, mentre le temperature schizzano verso i 50 gradi, la sopravvivenza diventa una sfida quotidiana. “La temperatura al suolo arriva anche a 49 gradi, mentre sulle lamiere si abbattono circa 40 gradi”, denuncia Giovanni Tarantella, segretario generale Flai Cgil Foggia. La situazione è tale da rendere rischioso anche solo toccare la struttura delle baracche. E intanto, chi può, prova a improvvisare soluzioni alternative: si usano mattoni per costruire rifugi di fortuna, paradossalmente più solidi e meno pericolosi delle strutture esistenti.

Ma non è solo il caldo il nemico. È l’assenza di servizi, è l’abbandono istituzionale, è l’assenza di una politica strutturale che dia dignità al lavoro e alle vite di chi rende possibile l’agroalimentare italiano. “Non hanno servizi igienici. L’acqua arriva a giorni alterni tramite autobotti. Non è accettabile”, continua Tarantella: “Molti migranti sono in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno e per lavorare accettano qualsiasi condizione”.

LAVORARE NEL CALDO, VIVERE NELL’INVISIBILITÀ

Le ordinanze che vietano il lavoro nelle ore più calde – come quella della Regione Puglia in vigore dal 18 giugno – esistono, ma spesso restano lettera morta. “Vediamo spesso migranti in bici sotto il sole nelle ore centrali, diretti al lavoro”, denuncia Domenico Rizzi, presidente provinciale Arci Foggia. Una realtà confermata anche nel Lazio, dove il presidente della comunità indiana Gurmukh Singh minaccia di filmare e diffondere video dei lavoratori costretti nei campi nelle ore più torride: “Bisogna far capire che è pericoloso lavorare così”.

LA POLITICA CHE MANCA

La visita di una delegazione di parlamentari italiani ed europei, accompagnati da rappresentanti della Commissione Ue e da sindacalisti di Flai Cgil, Ces ed Effat, ha riportato l’attenzione su Borgo Mezzanone. Esther Lynch (Ces), Enrico Somaglia (Effat), Giovanni Mininni (Flai Cgil) sono tornati a denunciare lo scandalo di fondi inutilizzati. “Il governo italiano rischia di perdere i 200 milioni del Pnrr destinati al superamento dei ghetti: non è stato speso nemmeno un euro”, ha dichiarato Mininni. “Servono azioni forti contro il caporalato, una Pac più giusta, una politica migratoria inclusiva e una direttiva Ue che protegga i lavoratori dalle ondate di calore”, ha aggiunto Somaglia.

UNA SCELTA POSSIBILE

“La convocazione immediata delle sezioni territoriali del lavoro agricolo di qualità è indispensabile”, afferma Antonio Ligorio, segretario generale Flai Cgil Puglia: “Non possiamo più permettere che questa vergogna si ripeta ogni estate. Servono investimenti, una foresteria pubblica, alternative abitative dignitose e, soprattutto, volontà politica”.

A Borgo Mezzanone, oggi, l’Europa ha visto. Ha toccato con mano il degrado, l’emergenza, la dignità ferita. Ora non ci sono più alibi. È tempo di decidere: lasciare che il ghetto continui a bruciare o finalmente spegnere quell’incendio di disuguaglianza, indifferenza e sfruttamento che da troppo tempo divampa in silenzio.