di Saverio Di Giorno
Il territorio calabrese è considerato come un feudo dai suoi amministratori, che lo vendono, lo dividono e lo trattano come fosse il giardino della propria villa. Ecco quindi che i luoghi delle istituzioni diventano i loro palazzi signorili, case private che gestiscono secondo il proprio volere ed a proprio piacimento. Ciò vale per i palazzi della politica, ma anche e soprattutto per quelli della giustizia. Della situazione dei tribunali e delle procure cosentine spesso si è scritto, meno di quelle più a sud: Locri ad esempio.
Una serie di articoli apparsi sul quotidiano La Stampa (poi ripresi da altre testate tra il 2019 e il 2020), in relazione ad alcuni concorsi truccati in magistratura, sono stati occasione per approfondire la genia della famiglia Filocamo. Non solo magistrati, ma anche politici ed amministratori pubblici, quasi a rendere ogni ramo dell’albero genealogico una diramazione delle articolazioni dello Stato. Una fotografia interessante già dal punto di vista sociale per farsi un’idea di come risultino ramificate, intessute ed intrecciate tra loro le nervature del potere e di come tale situazione generi le più profonde ingiustizie. Ma più che i nomi noiosi e le fredde carte, sono ancor più significative le storie delle persone che, nei gangli di queste reti, si sono purtroppo imbattute e vi sono rimaste impigliate.
Questa è quella di Giuseppe Albanese.
La vicenda ha inizio quando il sig. Albanese diviene erede testamentario della Preside Rosalba Filocamo, a seguito della morte di quest’ultima avvenuta a Roccella Jonica nell’anno 2013. E’ l’inizio del dramma! La “genia” familiare non ammette intromissioni al proprio potere personale e patrimoniale. Infatti Filocamo Felice Maria, fratello magistrato di Rosalba Filocamo, pur di soddisfare i propri interessi, intraprende numerose azioni giudiziarie nei confronti del Sig. Albanese onde impedirgli di ottenere l’eredità: impugna il testamento per circonvenzione di incapace; si dichiara creditore della defunta sorella per oltre un milione di euro al fine di ottenere un decreto ingiuntivo esecutivo; mediante una duplicazione del titolo esecutivo (senza previa denuncia di smarrimento dell’originale), instaura due procedure esecutive una al Tribunale di Locri e l’altra al Tribunale di Reggio Calabria al solo fine di incassare il patrimonio della sorella, tanto per citarne solo alcune. Certo di stranezze son piene le aule dei Tribunali ma, a Locri, si può essere allo stesso tempo erede o meno, debitore e creditore contemporaneamente, a secondo dei punti di vista. Se ci si chiama Filocamo si può anche sostenere che un testamento è nullo per circonvenzione di incapace e contemporaneamente ritenerlo valido per incassare asseriti crediti!
Oltre all’assurdità di alcune azioni intraprese ed alla vicenda personale del sig. Albanese, ciò che più incide ed intacca il senso di giustizia, e che dovrebbe preoccupare chiunque, è l’assoluto assoggettamento del potere a se stesso. Infatti la dichiarazione per il riconoscimento di debito del Filocamo, tra l’altro ritenuta dall’autorità giudiziaria, in un primo momento, in contrasto con il testamento per l’emissione di decreto ingiuntivo ma poi, stranamente, accordato dal Tribunale di Locri, ha impedito al sig. Albanese di entrare in possesso dell’eredità e, allorquando quest’ultimo ha avanzato dubbi sulla genuinità della dichiarazione di debito chiedendone la verifica, qui l’evidente “stranezza”: il Filocamo prima, ed il suo difensore poi, ammettevano e confessavano di averla sottratta dal fascicolo processuale senza autorizzazione né del Giudice, né del Cancelliere. Al solito, anche nella precedente vicenda dei concorsi truccati risultavano dei fascicoli scomparsi, questa volta dagli uffici del ministero. La conseguenza è questa: allorquando viene sottratto un foglio, si ottiene un vantaggio patrimoniale milionario; allorquando si trucca un concorso in magistratura si ottiene una progressione di carriera fino alla Presidenza del Tribunale dei ministri! Il lupo perde il pelo, ma non il vizio … sembrerebbe.
Ma se le cose possono peggiorare, peggiorano sempre. Nonostante la confessione, infatti, il Tribunale di Locri a seguito di procedimento penale a carico del Filocamo, ricordiamo magistrato, emetteva sentenza di non luogo a procedere nei suoi confronti poiché dalle indagini difensive allegate dal difensore emergeva che a sottrarre il foglio dal Tribunale fosse stato il suo procuratore. Ed anche per quest’ultimo, iscritto nel registro degli indagati, ma pur sempre procuratore di un magistrato non poteva che venir chiesto il non luogo a procedere. In soldoni: a Locri chiunque (meglio se magistrato) può sottrarre documenti dai fascicoli processuali…ed essere assolto!!
La vicenda del sig. Albanese procederà e procede ancora tra anomalie e forzature giudiziarie, ma quanto detto basta certamente per far emergere non pochi dubbi sulla gestione, la coordinazione e l’ambiente dei vari luoghi della giustizia di Locri. Nessuno che voglia approfondire come sia possibile che succedano tali episodi, nessuno che alzi un telefono per un chiarimento o si muova per un’ispezione.
La vicenda Albanese è importante perché non si esaurisce all’interno della sua storia personale e probabilmente non riguarda neanche il solo Filocamo, ma costituisce un precedente grave. Come può essere garantita l’uguaglianza sostanziale se non tutti sono trattati allo stesso modo? Se non tutti hanno le stesse possibilità? E non c’è da aspettare le conseguenze, perché già ci sono: quanti di coloro che hanno preso parte a quel concorso anomalo (secondo la Stampa) si sono poi comportati in maniera ligia e quanti hanno usato il loro privilegio? Quante storie del genere esistono? Quanta verità è stata sottratta?