Ci siamo. Domani sera apre i battenti il Festival di Sanremo numero 75, La Calabria sarà protagonista con un cantante in gara, il cosentino Dario Brunori. A dire il vero, anche due se consideriamo che il rapper Tormento è originario di Reggio Calabria (ma non è molto “reclamizzato”… anche perché vive da tempo in Puglia). E di conseguenza ritorna di grande attualità la storia dei cantanti calabresi a Sanremo, nella quale un posto di primissimo piano ce l’hanno da sempre Mimì e Loredana Bertè. E allora non è per niente male rileggere una bella pennellata del maestro di critica Aldo Grasso pubblicata qualche anno fa in occasione della replica della fiction Rai su Mimì. Con una bella appendice per il rapporto tra Mimì e la sua terra.
di Aldo Grasso
Fonte: Corriere della Sera
«L’abbondanza e la carestia se son messe insieme»: pare venissero salutate così Loredana Bertè e la sorella Domenica, in arte Mia Martini, mentre passeggiavano per le vie di Roma, a sottolineare tutte le opposizioni, estetiche e caratteriali, delle loro personalità. Il bello degli archivi Rai è che consentono una miriade di operazioni creative di programmazione, basta svegliarsi con un’idea ed ecco che la si può realizzare: così la replica della fiction su Mia Martini viene preceduta in prima serata da un lungo speciale inedito di Techetechetè, Super Star, curato da Massimiliano Canè e dedicato al mito pop delle sorelle Bertè. Dall’eleganza geometrica in bianco e nero dei varietà Rai sul finire degli anni ‘60 (dove Loredana ha esordito giovanissima come showgirl con l’inseparabile Renato Zero) passando per «Almeno tu nell’universo» che Mia Martini ha presentato al Sanremo 1989, fino alla sua morte nel 1995.
Una carrellata di brani, interpretazioni e look che sono rimasti iconici e ancora alimentano il mito delle due sorelle e la nostalgia per Mimì. La loro storia, unica nella cultura pop italiana, ha tutti gli ingredienti di una saga letteraria: il tormentato rapporto con la famiglia d’origine e in particolare col padre, la ricerca di emancipazione attraverso due voci fuori dal comune, gli amori travolgenti e infelici, l’ignobile maldicenza popolare e un destino tragico che le ha separate. Super Star fa scorrere il film della loro vita senza imporre tesi concettuali, lasciando parlare l’archivio in tutta la sua evocativa potenza. Facile leggere le vite di Loredana e Mimì come incarnazioni di due mondi e immaginari agli antipodi: il cantautorato intellettuale e la leggerezza del pop, l’introspezione e gli scandali provocatori, la malinconia e la sfrontatezza. Abbondanza e carestia, direbbe la saggezza popolare. Magari invertendo l’ordine dei fattori.
“Sono nata a Bagnara e vi sono rimasta soltanto 18 giorni, però non ho mai pensato di appartenere ad altre regioni. Sono tornata spesso a Bagnara, città di mia madre, e a Villa San Giovanni, città di mio padre, per le vacanze. Sono una calabrese purosangue. Tutti i miei parenti più stretti abitano appunto a Bagnara, Scilla, Villa e Reggio. La Calabria è quindi la mia regione”.
“Le mie radici sono a Bagnara, le mie radici sono tutto per me, sono la mia sola sicurezza, l’unica cosa certa della mia vita. Io sono la Calabria! Noi del sud siamo più sanguigni, sentiamo le cose più attraverso l’intestino, sono talmente forti che non ci nascondono mai la realtà, non le camuffano, non attenuano nulla nella loro violenza, sono talmente chiare, anche se sono crude e fanno male”.
“Da donna volitiva e anche abbastanza autoritaria, perché sono, appunto, di Bagnara Calabra – lì le donne hanno inventato il commercio – io volevo fare esattamente quello che avevo in testa di fare. Sono stata sfortunatamente aiutata dal destino, perché mio padre si è tolto dalla competizione da solo, nel senso che è andato via dalla nostra vita, si è separato da mia madre, per cui io non dovevo imporre la mia volontà a nessuno, ero praticamente libera. E’ molto triste essere persone libere, credo che sia una delle cose più terribili che possa capitare ad una donna, specialmente quando è giovane”.
“Ho passato lunghi periodi a Bagnara, in Calabria, il mio paese d’origine con il mio cane che poi è morto. E’ stato un grande dolore, stava con me da 16 anni. Soprattutto ci sono stata quando ho mollato, nel 1983: si era spezzato l’equilibrio, e in tutta la mia fragilità sono crollata. Cioè è crollata Mia Martini, la parte esteriore di me, mentre è rimasta, anzi si è liberata la mia vera identità. In quel momento non avevo scelta, era la ricerca di me che dovevo affrontare. Ho rotto con Fossati e mi sono messa alla ricerca di me stessa. Mi sentivo un mostro, come Fossati diceva che ero. Credo, infatti, che non sia giusto per nessuno essere il punto di riferimento totale perché è una dipendenza terribile. Ciò dà all’altra persona una grande responsabilità, un bagaglio troppo pesante”. “Io nasco dal mare come una sirena, perché nasco a Bagnara Calabra che è un paese di pescatori, si pesca il tonno, il pesce spada. Come dicevo, io ho avuto bisogno di cercare me stessa e ho cominciato dalle mie origini, cercando mio padre. A Bagnara andavo spessissimo con i pescatori a pescare il pesce spada e il tonno. Ci sono addirittura pescatori che pescano ancora con la fiocina in maniera proprio romantica e il mio pescatore mi ha aiutato a ritrovare dentro di me la strada esattamente come avrebbe fatto il guardiano del faro. Anche lui scrutava, ed era importantissimo, per ore ed ore il mare, sono persone che parlano poco, mi avrà detto cinque parole in due settimane, però mi ha insegnato veramente tantissime cose”.
“Ho sempre nel cuore il rione Marinella di Bagnara, il sapore del mare, la visione meravigliosa dello Stretto, l’immagine della pesca notturna con le lampare, l’incredibile caccia al pescespada. Mi fermo spesso a casa di zia Sarina per riscoprire assieme il calore del focolare domestico. Al contrario di molte mie colleghe, io in cucina sono brava. La mia specialità sono le lasagne con il pesto: il basilico lo coltivo sul terrazzo di casa mia, insieme con altri ortaggi. Mi piacciono i sapori della natura, le cose fresche e genuine. Se qualche volta ho dei dubbi telefono a mia zia a Bagnara e mi faccio dare spiegazioni, mia zia è una cuoca eccezionale, è la mia maestra. Mi ritengo figlia di “Gazziano”, il torrente da cui trae origine la vicenda di Bagnara. Tornare in Calabria è come tornare da mia madre o da mio padre”.
“Ho dedicato alla mia terra la canzone “Lucy”, poco conosciuta, ma bella, cantata nel nostro tipico dialetto calabrese, anzi reggino, anche se tutte le mie canzoni hanno i colori del Mediterraneo. La parte cantata in dialetto riguarda una filastrocca che mio zio Rocco recitava sempre. Le parole di essa variano, anche se di poco, di paese in paese: io ho scelto ovviamente la versione conosciuta a Bagnara Calabra”.
“Non mi sento in grado di lasciare messaggi ai miei conterranei ma vorrei semplicemente dire loro di andare sempre avanti, con la forza di volontà che ci contraddistingue per superare i momenti di difficoltà che si presentano. E di avere sempre fiducia nel domani, in un domani migliore che premi le aspettative e i sacrifici compiuti”.
Dichiarazioni tratte da diverse interviste. Elaborazione di Pippo Augliera
LA BIOGRAFIA“Mia Martini. Io sono la Calabria” – invece – è la biografia scritta in maniera appassionata da Domenico Gallo ed edita da Laruffa, risalente ormai a più di dieci anni fa. Il volume ripercorre le tappe più salienti della carriera di Mia Martini, con un porre l’attenzione sui tratti della sua personalità che coincidono con le sue origini calabresi, alle quali è rimasta costantemente legata.
Questa biografia di Mia Martini si propone tre obiettivi a loro modo ambiziosi e rilevanti, ma non irraggiungibili, perché c’è lei, con le sue immense qualità di artista e la sua grande personalità, che fa da traino, che rende il cammino percorribile, che da’ un sostanziale aiuto. Il primo è quello di collocare le sue aspirazioni, la sua formazione, i canoni della sua arte, le sue modalità espressive, nell’alveo della civiltà storica e culturale calabrese.
A questo riguardo non mancano le dichiarazioni da lei rese – a cominciare da quella che introduce le argomentazioni di questo lavoro – di appartenenza e identificazione con il portato di oltre duemila anni di storia, con i costumi, le tradizioni, la “cultura” del popolo calabrese, con il suo spirito di resistenza e rinascita dai mille ostacoli frapposti alla sua esistenza. Mia Martini giustamente intende il percorso storico come un fattore di formazione sociale e spirituale, come impronta della personalità, come canone della convivenza e dei legami familiari e civili.Alcune sue affermazioni (“Io sono la Calabria” corretta in “Io mi sento la Calabria”) hanno la corposità e la perentorietà delle rivelazioni, affascinano e stupiscono per la complessità e la pervicace ricerca che lasciano intravedere. A ritenere possibile il conseguimento del secondo obiettivo, che è quello di stimolare la voglia di ascoltarla e conoscerla sempre di più, contribuisce il sapere che di recente sono stati stampati altri libri su di lei e verificare che la riedizione di suoi album, l’uscita di DVD e il confezionamento di nuovi CD registrano vendite interessantissime, con notevoli incrementi nel tempo. Anche in questo Mia è stata buona profeta, quando, con una punta di rimpianto per la sua esistenza finanziariamente sempre travagliata, diceva: “Vedrete, dopo la mia morte, faranno i milioni con la vendita dei miei dischi”.
È spesso destino dei grandi di essere convenientemente e maggiormente apprezzati dopo la loro morte! Il terzo obiettivo, quello più ambizioso, è di dimostrare che la sua statura artistica si eleva altissima nel panorama della musica leggera italiana, di dimostrare che lei è un’altra cosa, una rinnovatrice, l’inventrice del modo totale d’intendere l’interpretazione, di teorizzare e perfezionare la magica fusione di melodia, testo, modulazione della voce, partecipazione emotiva, l’UNICA, come ripetono in molti colleghi musicisti e poeti, è un obiettivo di cui si pensa di aver posto consistenti presupposti per la sua affermazione e ratificazione.
La prefazione è a cura del Professore Giuseppe Bertè, che ringrazia così l’autore:
“Caro Domenico, il tuo lavoro su Mia Martini è una sorpresa toccante e gratificante. Toccante perché, da calabrese, hai saputo cogliere e trasmettere i vari e complessi aspetti della natura della ‘Mia bagnarota’; gratificante perché la tua approfondita analisi è un inno a Mia Martini, grandissima artista ‘interprete’ e alla nostra terra di Calabria, ricca di geni e di valori universali”.
Fonti: chezmimi.it laruffaeditore.it