di Fabio Buonofiglio
Fonte: AltrePagine (Arrestato il boss Azzaro)
CORIGLIANO-ROSSANO – La Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro ritiene d’avere fatto luce su due vecchi casi casi di “lupara bianca”, risalenti ad oltre 20 anni fa. I casi di due uomini fatti sparire per sempre nel 2001 per decisione comune delle organizzazioni di ‘ndrangheta della Sibaritide e di Cirò Marina. Sui due casi hanno fatto luce i carabinieri del Reparto operativo speciale e dei comandi provinciali di Cosenza e di Crotone, con l’arresto del 69enne boss coriglianese Rocco Azzaro (nella foto sopra), prelevato alle 4,30 di questa notte dalla propria abitazione di contrada Apollinara a Corigliano-Rossano e condotto in carcere (l’uomo è difeso dall’avvocato Francesco Paolo Oranges), del 54enne Giuseppe Spagnolo alias ‘U banditu (già detenuto in carcere) e del 74enne Giuseppe Nicastri, gli ultimi due personaggi di spicco della ‘ndrangheta cirotana.
Nei confronti de tre c’è un’ordinanza di custodia cautelare in carcere spiccata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura Antimafia.

Giuseppe Spagnolo detto ‘U banditu
Al coriglianese Azzaro sarebbe contestato il concorso nell’omicidio del sibarita Salvatore Di Cicco, che avrebbe accompagnato e consegnato ai suoi killer.

Giuseppe Nicastri
Sui due fatti di sangue contestati, a vario titolo, al coriglianese e ai due cirotani, hanno reso dichiarazioni – rivelatesi determinanti ai fini dei riscontri investigativi dei carabinieri – due collaboratori di giustizia: Nicola Acri, l’ex superboss rossanese “dagli occhi di ghiaccio” e Ciro Nigro. Fino al novembre del 2017 Nigro, che è di contrada Apollinara proprio come Azzaro, era detenuto in regime di carcere duro al 41-bis, quando ne ottenne la revoca. In seguito decise di collaborare con la giustizia e cominciò a riempire verbali coi magistrati della Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro. Il suo “pentimento” era da tempo assai risaputo a Corigliano. Mai nessun verbale, però, prima di oggi, era emerso in alcun tipo di processo contro la ‘ndrangheta della Sibaritide.
Come si legge nell’ordinanza cautelare notificata stamane per i due casi di “lupara bianca” di Di Cicco e Sacchetti, gl’investigatori sono riusciti a riaprire le relative indagini proprio grazie alle dichiarazioni di Nigro, condannato definitivo per l’omicidio di Giorgio Cimino – padre dei due collaboratori di giustizia, Giovanni ed Antonio Cimino – ammazzato nel maggio del 2001 all’interno del Roxy bar di Corigliano Scalo. Alle dichiarazioni di Acri e Nigro, ovviamente, hanno fatto seguito le attività di riscontro investigative da parte dei detective dell’Arma.
In relazione all’omicidio di Di Cicco, Nigro ha raccontato che ad accompagnarlo a Crucoli per poi consegnarlo a Spagnolo e Nicastri, fu Rocco Azzaro detto compa’ Roccu, boss condannato definitivo pure lui e scarcerato nel 2017. Sei anni di libertà prima che stamane gli riapparissero davanti i carabinieri per riportarlo in carcere, e con loro gli scheletri del passato, quegli scheletri d’oltre un ventennio fa…
Il nuovo “pentito” coriglianese Ciro Nigro
Salvatore Di Cicco era scomparso dalla sua Sibari il 1° settembre del 2001, senza lasciare alcuna traccia: l’omicidio si sarebbe consumato, nella stessa data della scomparsa, nel comune di Crucoli, nei pressi di Cirò Marina, dove l’uomo era stato condotto con un pretesto, quindi attinto con colpi d’arma da fuoco col successivo occultamento del corpo.

L’ex boss rossanese Nicola Acri collabora con la giustizia dalla primavera del 2021
Andrea Sacchetti era scomparso da Rossano alcuni mesi prima, il 6 febbraio, sempre nel 2001, pure in questo caso l’omicidio si sarebbe consumato nella stessa data della scomparsa, all’interno di un’azienda agricola del rossanese, dove Sacchetti era stato condotto con una scusa e poi ucciso a colpi d’arma da fuoco, col successivo occultamento del cadavere.
I moventi sarebbero stati legati a fatti riguardanti i mutamenti degli “equilibri” criminali e al traffico di droga.