Un patrimonio composto da unità immobiliari e disponibilità finanziarie per oltre 3 milioni di euro è stato definitivamente confiscato a un 83enne romano, ritenuto responsabile di attività di usura e di riciclaggio di capitali illeciti fin dagli anni ’70 per conto di diverse organizzazioni mafiose, in particolare nell’interesse della Banda della Magliana. Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Roma, è stato eseguito dalla Divisione Anticrimine della questura dopo la recente pronuncia della Cassazione.
Criminalità
Secondo le ricostruzioni degli investigatori, l’uomo avrebbe esercitato usura per conto di Ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra e per un calabrese dei Castelli Romani, inserito in contesti di criminalità organizzata di matrice ’ndranghetista legati al mandamento tirrenico e alla cosca Piromalli di Gioia Tauro. I proventi, frutto anche di bancarotta fraudolenta e di una serie di intestazioni fittizie di beni, sarebbero stati reinvestiti in complessi immobiliari. La misura rappresenta il parziale epilogo dell’operazione «Ragnatela» del 2021, nell’ambito della quale la Divisione Anticrimine aveva ricostruito la carriera criminale e il patrimonio del romano e del calabrese, estendendo gli accertamenti anche ai rispettivi nuclei familiari.
Il percorso giudiziario
Il percorso giudiziario della vicenda è stato lungo e articolato. La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma, su proposta del questore avanzata nel marzo 2021, aveva disposto il sequestro dei beni, poi trasformato in confisca nel maggio 2023. Il provvedimento era stato impugnato dai due uomini, ma la Corte d’Appello, nel maggio 2024, aveva confermato la misura, divenuta definitiva il 24 settembre 2024 per il calabrese. L’83enne romano aveva invece presentato ricorso in Cassazione, che nel dicembre 2024 aveva annullato la sentenza di secondo grado, rimandando gli atti alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio a suo carico.
«Uomo liquido»
La Corte d’Appello ha poi nuovamente confermato la confisca del Tribunale, decisione a sua volta definitivamente avallata dalla Cassazione il 18 novembre scorso, che ha respinto come inammissibile l’ultimo ricorso dell’uomo. La misura, ora irrevocabile, certifica la «rilevante sproporzione» tra redditi leciti, attività economica e patrimonio accumulato dall’83enne, che in un interrogatorio si era autodefinito «uomo liquido», cioè disponibile a operare per diverse organizzazioni criminali nel riciclaggio dei loro proventi. Le vittime dell’usura hanno raccontato come si vantasse dei suoi rapporti con esponenti di vertice della Banda della Magliana e della mafia siciliana.
Tra i beni confiscati, ora acquisiti al patrimonio dello Stato, figurano un complesso immobiliare a Rocca di Papa, adibito in passato ad albergo-ristorante e assegnato alla Protezione Civile, un’unità immobiliare a Roma nella zona urbanistica della Magliana, e disponibilità finanziarie su diversi rapporti creditizi per oltre 300.000 euro. Nonostante la confisca, l’83enne non è destinatario di misure restrittive della libertà personale e continua a vivere nella Capitale.









