C’è una parte di quello che rimane del M5s alla quale non si può certo rimproverare di non avere attaccato una delle famiglie più impresentabili della politica calabrese ovvero i Morrone. Da Dalila Nesci e Paolo Parentela a Francesco Sapia bisogna onestamente riconoscere che ce l’hanno messa tutta per sputtanare questi faccendieri rotti a tutte le esperienze e intoccabili solo perché nella loro rete di parentele (come suggeriva anche il magistrato Lupacchini) hanno un magistrato e un poliziotto oltre che il capofamiglia notoriamente massone deviato. Sapia ci ha provato anche dopo le elezioni, a finr gennaio, affermando quello che sappiamo tutti ovvero che Luca Morrone, essendo di fatto proprietario di una clinica (anche se l’ha intestata ad un prestanome), sarebbe ineleggibile al Consiglio regiornale.
Ma Sapia probabilmente cercava anche di invogliare il senatore Morra e l’europarlamentare Laura Ferrara a fare qualcosa di… sinistra per dare fastidio a Luca bambino mio. Purtroppo però Morra – da perfetto infiltrato del sistema dentro il M5s – ha fatto finta di non sentire, esattamente come fa quando gli parlano dei Cinghiali. Mentre per quanto riguarda la Ferrara, c’è bisogno che la gente sappia che la grillina è cognata per parte del marito Valerio Canonaco di Barbara Blasi ovvero la nipote di Ennio Morrone, che è sposata proprio col fratello del maritino della Ferrara. Capito come funziona?
Fatta questa doverosa premessa, passiamo all’argomento ovvero i Morrone e le loro famigerate cliniche.
Gli investimenti di Morrone – come tutti sanno – sono finiti tutti nell’attività ormai diventata principale (si dice così, no?), quella delle cliniche. Compresi i lauti guadagni degli stipendi da deputato e consigliere regionale. Un conflitto di interessi grande quanto una casa.
Morrone ha due cliniche storiche, la Misasi e la Santoro di Cosenza. Quando lascia la seconda però raddoppia prendendosi anche (passa attraverso i figli) la San Bartolo di Mendicino e la Villa Sorriso di Montalto.
Nel 2011 viene incalzato dai grillini sul conflitto di interessi, prova a raccontare che è solo socio minoritario di una quota ma il deputato Dalila Nesci si procura il decreto commissariale numero 1 del 5 gennaio 2011 dal quale risulta che le tre cliniche appartengono ai figli e lo inchioda.
«Il consigliere della Regione Calabria Ennio Morrone, capogruppo di Forza Italia, ha confermato il suo conflitto d’interessi nella sanità. Infatti, replicando a una mia nota di ieri ha detto di possedere una quota minoritaria di una struttura sanitaria privata» scriveva la Nesci, rispondendo a Morrone sulle nomine dirigenziali illegittime da parte della giunta regionale, sostenute a spada tratta dallo stesso esponente, allora di Forza Italia, anche dopo i recenti richiami alle regole del ministero della Salute, e avversate con atti e fatti dalla parlamentare Cinquestelle.
Proseguiva la deputata: «Fa effetto, poi, che nel rispondermi Morrone abbia difeso coi denti la nomina di nuovi dirigenti nella sanità pubblica della Calabria, malgrado l’Avvocatura dello Stato ne abbia escluso la possibilità giuridica e il ministero della Salute pure».
Concludeva la Nesci: «Non credo che il giudizio di Morrone possa essere del tutto libero e oggettivo, in proposito. Infatti, secondo il decreto commissariale numero 1 del 5 gennaio 2011, appartengono ai figli la casa protetta per anziani Villa Sorriso in Montalto Uffugo, la rsa San Bartolo in Mendicino e la casa di cura Misasi a Cosenza». Ma purtroppo – nonostante carte, documenti e compagnia bella – non si è riusciti a fermare né i Morrone e né i loro affari. Al punto tale che a gennaio scorso Luca Morrone è stato addirittura eletto in consiglio regionale e non c’è stato verso di dichiararne l’incompatibilità.
Ma c’è un documento tuttavia nel quale appare anche il riverito nome di Nicola Morra nella lotta dei suoi colleghi contro Morrone e lo riportiamo così come lo avevamo pubblicato. Chissà che al presidente dell’Antimafia ritorni improvvisamente… la memoria!
«Assegnare a Ennio Morrone la presidenza della commissione speciale di Vigilanza del Consiglio regionale calabrese è come affidare a Dracula la gestione del centro trasfusioni».
Lo dichiarano i parlamentari M5s Dalila Nesci, Nicola Morra e Paolo Parentela, che aggiungono: «Il consigliere regionale Morrone ha diversi, evidenti conflitti; specie per le cliniche dei figli. È senz’altro figura non indicata per ricoprire la carica, salvo che i partiti non vogliano ridurre la commissione di Vigilanza a un organo di carta, pagato coi soldi dei contribuenti calabresi… Non vorremmo che il corrispettivo per l’aiuto di Morrone al governatore Oliverio grazie al quale saltò il referendum sullo statuto regionale, fosse proprio la poltrona di presidente della commissione consiliare di Vigilanza».