di Saverio Di Giorno
Quindi non è vero che i calabresi sono tutti omertosi. Non è vero che tutti hanno la memoria corta. E non è vero che sono tutti completamente distratti o indifferenti. Forse molti sono più lucidi di quel che si vuole far credere. Le comunali – alcune comunali – forse lo dimostrano, ma anche altri episodi. Forse. D’altra parte, non si può essere ingenui al punto di pensare che la gran parte della classe politica che abbiamo, becera e volgare, quando non è corrotta, viene da Marte e gli elettori sono stinchi di santo: qualcuno li avrà pur votati. Diciamo che siccome i calabresi sono lucidi, molti sono anche opportunisti e ora non c’è più nulla da guadagnare.
Un po’ e un po’. Non si può essere né facili adulatori delle masse che non si sono meritate molti complimenti, né antitaliani a tutti i costi alla Giorgio Bocca. I calabresi non avranno certo la rettitudine morale che si dice abbiano i popoli nordici, ma nemmeno la loro ingenuità. Temprati da fregature e delusioni sanno distinguere e capire bene. Nella regione nella quale vieni identificato in base alla parentela – “ma tu a chi si figlio?” è una tipica domanda – certi strani figuri sono ben conosciuti. Anche perché sono sempre là. E allora di che si tratta?
Forse, quella che a ogni elezione regionale viene facilmente liquidata come indifferenza, traducendo così la bassa affluenza, è in realtà pragmatismo. Tanto per cominciare quando si calcola l’affluenza bisognerebbe tener conto dei tanti studenti ed emigrati che quasi mai rientrano però mantengono la residenza, ma anche del fatto che essere indifferenti alla politica regionale non significa essere indifferenti alla politica tout court. Perché altrimenti non si spiegherebbe l’affluenza e le scelte oculate dei calabresi alle comunali, ad esempio.
I calabresi sanno benissimo che da una parte o dall’altra, a livello regionale, poco cambia e poco possono fare. Non è rassegnazione o indifferenza, è pragmatismo, appunto. A livello locale possono influire molto di più e soprattutto monitorare e valutare in maniera molto più pratica e diretta. Se, ad esempio, una nuova legge elettorale desse serie chances anche a realtà minori e ci fosse più trasparenza e dialogo forse anche a livello regionale le cose sarebbero diverse.
I calabresi conoscono benissimo il meccanismo del do ut des. Ma soprattutto, capiscono perfettamente quando è il momento di strappare la corda e quando invece è meglio servire, obbedire e leccare. Lo fanno per convenienza, debolezza, paura, ma non con piacere. Ecco perché quando qualcuno non può più garantire posti, finanziamenti, lavori e in alcuni casi non può ordinare ritorsioni viene subito mollato: è il caso di Corigliano-Rossano, è il caso di Crotone ed il caso di Scalea a livello locale. Più complesso il caso di Gentile a livello regionale. Non è il caso di Cetraro. Forse sarà il caso di Cosenza.
I calabresi hanno imparato che se qualcuno è vicino a grossi interessi, anche non per forza mafiosi, di sicuro non è vicino ai loro piccoli. Ecco perché, meglio di molti giornali e inchieste, distinguono in maniera oculata chi è credibile e solo da chi non lo è. E sia chiaro: vale per la politica, ma anche per la magistratura, per il giornalismo e per decine di altre cose. Per il procuratore Facciolla sono state raccolte spontaneamente oltre 5 mila firme. Quando a Paola ci si interessò seriamente alla nave dei veleni, le manifestazioni erano piene e per il porto di Diamante le firme si sono sprecate. Chi scrive sa se nella propria redazione arrivano notizie e richieste di aiuto o si deve accontentare di veline e messaggini degli avvocati.
Perché i calabresi sanno quando alzare il capo non solo sulla base della convenienza, ma dipende anche dal fatto che non sempre quando alzano il capo trovano ascolto e protezione. E anche questo i calabresi sanno distinguere. Ragion per cui la vecchia ramanzina sull’omertà, l’indifferenza e la complicità è un evergreen sempre attuale e necessario, ma che non diventi una scusante per evitare di guardare alla pervasività e all’oppressione del potere calabrese che unisce tanto il politico da denunciare quanto il carabiniere a cui fare la denuncia. E i calabresi sanno a chi sei figlio. Bisognerebbe chiedersi oltre la ramanzina: quanto sono state credibili le istituzioni? Quanto degne della fiducia di un gesto difficile come la denuncia? Altrimenti l’indifferenza è solo una grossa formula assolutrice.
Non una difesa a spada tratta di un popolo che troppo spesso non è stato popolo e ha preferito essere massa indistinta e strisciante. Men che mai una giustificazione. Semplicemente riconoscere chiaramente la lucidità di certe scelte ed essere coscienti che chi è lucido sa anche essere un buon opportunista. E ora, semplicemente, stanno finendo prebende e promesse da distribuire. Sono finiti persino gli stipendi e i finanziamenti. Sempre che agli altri, quelli che si dicono nuovi, non rimanendo più nulla da arraffare, non prendano questa specie di strana fiducia.