La sotterranea e mai sopita lotta intestina tutta interna al centrodestra, nascosta dietro l’opportunità di Governo, continua a mietere vittime. A farne le spese in questo caso la Calabria. Lo scontro tra la Meloni e Berlusconi, in apparente tregua armata, non si è mai fermato, e ogni occasione è buona, per zio Silvio e i suoi oramai pochi peones, per mettere i bastoni tra le ruote al governo. Logorare la pazienza della Meloni l’obiettivo di Berlusconi, alimentando una continua e costante “tensione politica” che rende ogni passo del governo lento e scivoloso. E siamo solo all’inizio. Uno dei due, zio Silvio o Giorgia madre, prima o poi dovrà cedere. Una situazione così, alla lunga, non è sostenibile. Tant’è che è lo stesso camerata La Russa a dire, “se questo governo dura 5 anni faremo tante cose”. E dice “se”, perché sa bene che tra il suo partito, e il partito di Berlusconi, non corre più buon sangue. Tutti ricorderanno il vaffa di zio Silvio al camerata Ignazio in occasione della sua elezione a presidente del Senato. Ricomporre non sarà facile, vivacchiare non si può, la situazione non lo permette, e i nodi prima o poi verranno al pettine.
A fare da manovalanza a zio Silvio nella guerra sottobanco alla Meloni, i pochi intrallazzatori che gli sono rimasti fedeli, e non certo per lealtà o onestà, ma perché costretti e ricattati da chi conosce bene i loro scheletri nascosti negli armadi. Su tutti spicca il più ricattato di tutti: Mario Occhiuto. L’uomo di punta di zio Silvio in Senato. Mario non può sottrarsi a questo ruolo, pena la perdita delle coperture giudiziarie che gli hanno permesso di restare impunito, nonostante i tanti certificati intrallazzi, e i tanti procedimenti penali aperti a suo carico (bancarotta fraudolenta e associazione a delinquere). Deve fare per forza quello che gli dice zio Silvio:lanciare un avvertimento al governo durante il suo intervento pro-decreto Calabria. E Mario cosi ha fatto, facendosi “portavoce” di un messaggio chiaro che dice alla Meloni che presto ci saranno altri bastoni pronti a bloccare le ruote del governo. A parte la sua innata propensione a mentire sapendo di mentire, a sentire le sue parole sembra quasi uno dell’opposizione: “𝑔𝑖𝑜𝑣𝑎𝑛𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑣𝑖𝑎 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝐶𝑎𝑙𝑎𝑏𝑟𝑖𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑎𝑛𝑐𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜, 𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓𝑒𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑠𝑐𝑢𝑜𝑙𝑒, 𝑎𝑠𝑖𝑙𝑖, 𝑜𝑠𝑝𝑒𝑑𝑎𝑙𝑖 𝑒 𝑠𝑒𝑟𝑣𝑖𝑧𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑎𝑙𝑖, 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓𝑒𝑟𝑖𝑠𝑐𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑟𝑒𝑔𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ ℎ𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑜𝑝𝑝𝑜𝑟𝑡𝑢𝑛𝑖𝑡𝑎̀ 𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜𝑟𝑖, prima di parlare di “Autonomia Differenziata” bisogna colmare questi divari, dovuti alle inadempienze dello Stato nei confronti di alcune regioni del Sud… vanno garantiti prima i LEA e i LEP… 𝐀𝐋𝐓𝐑𝐎 𝐂𝐇𝐄 𝐀𝐔𝐓𝐎𝐍𝐎𝐌𝐈𝐀 𝐃𝐈𝐅𝐅𝐄𝐑𝐄𝐍𝐙𝐈𝐀𝐓𝐀”.
Mario che difende la Calabria abbandonata dalla mala politica, è roba da fantascienza, parla come se lui fosse sceso oggi dal cielo. Come se lui in tutto quello che dice non c’entrasse niente. La colpa è della politica corrotta, e lui, che è sceso oggi dal cielo, non sa nemmeno cos’è. Un santo politico immacolato seduto in Senato per volontà dello Spirito Santo. Mario il paladino dei pendolari, dei disoccupati, dei malati, degli esclusi, degli studenti, dei medici. Solo chi non lo conosce, e sono davvero in pochi, può credere alle sue false parole. A lui della Calabria, governata dal fratello, non gliene frega niente. Ha detto quelle parole per ordine di zio Silvio che vuole colpire Salvini per indebolire la Meloni, ancora troppo forte per un attacco frontale. Ma Giorgia ha capito la mossa, ed è subito corsa ai ripari. Per vendetta e per indebolire l’ultima resistenza di Forza Mafia, ha deciso di penalizzare “nella manovra” la Calabria. Con un Roberto Occhiuto debole che non può porre rimedi ai problemi dei calabresi, il calo di consensi è assicurato. Far dilagare il malcontento in Calabria, è questo l’obiettivo della Meloni. Infatti la Calabria dal governo ha ricevuto solo briciole. Nessuna opera strategica per la Calabria, al netto della cazzata del Ponte che interessa solo a Salvini in termini di propaganda e come specchietto per le allodole per i calabresi esclusi da tutto.
Usano senza ritegno e pietà la Calabria come terreno di scontro nella guerra tra paranze politiche oramai in aperta faida. E Mario è stato nominato da zio Silvio “capoguerra”. Tocca a lui organizzare le truppe berlusconiane, e sparare sui civili è consentito. A pagare il conto di tutto questo, i calabresi che, ancora una volta, dovranno accontentarsi dell’elemosina e continuare a tirare a campare, mentre i “signori della guerra”, continuano a mercanteggiare posizioni di potere, sulle macerie di quel che resta di questa bella ma sfortunata regione.