Mario Oliverio, nella sua ormai lunghissima esperienza politica, è sempre stato molto attento a non mettersi “sutta scupa” come diciamo a Cosenza. Mai un chiacchiericcio su sue presunte ruberie, nè tantomeno tangenti o chissà che cos’altro.
Certo è però che nello scegliersi i collaboratori non è poi proprio una cima. Qualcuno lo sfotteva, mesi fa, sulla catena di montaggio dei suoi fedelissimi: “Dite a Iacucci, che faccia sapere a Pignanelli di informare Oliverio…”. Allora: Iacucci, sindaco di Aiello Calabro, Pignanelli, l’avvocato del Comune di San Giovanni e poi ci sarebbero anche i vari Giovanni Varca (il suo storico autista che non potrebbe neanche lavorare perchè è in pensione…), Ciccio Dinapoli (e che ve lo dico a fare?), Mariuccia De Vincenti e, dulcis in fundo, Mario Tosti, il fotografo personale o cineoperatore di regime…
Anche se non è un ladro, insomma, Oliverio non si circonda sicuramente di persone di spessore o di carisma. Tutt’altro.

Tra tutti questi personaggi il peggiore è senz’altro il suo compaesano sangiovannese, questo avvocato Gaetano Pignanelli, con il quale deve avere stretto un patto di ferro dopo l’affare della clinica dentro l’Abbazia Florense. Una brutta storia di soprusi e di falsità che già il grillino e sangiovannese Emiliano Morrone gli aveva scoperchiato illo tempore e che, tra qualche giorno, approderà ancora in Tribunale a Cosenza perchè il signor Pignanelli si sente anche diffamato dalle verità sacrosante che gli abbiamo già sbattuto in faccia e che continuiamo a sbattergli dovunque voglia e sia necessario.
Gaetano Pignanelli ha prodotto un documento falso che è servito a far accreditare dalla Regione una casa di riposo, la Villa Florensia San Vincenzo de’ Paoli, che opera dentro il monumento per eccellenza di San Giovanni in Fiore. Uno sfregio permanente alla città e alla storia della stessa città. Ma guai a dirgli che ha giocato sporco… Non si può: altrimenti ci manda “Palla Palla” o la procura di Cosenza: pensate un po’ che paura possiamo avere…
Dunque: Pignanelli sottoscrive un documento falso, nella sua qualità di dirigente dell’Ufficio legale di San Giovanni in Fiore permettendo a questi signori della casa di riposo di ricevere un accreditamento che non aveva nessuna ragione di esistere, dato che i locali occupati erano – e sono – di proprietà comunale e la società privata San Vincenzo de’ Paoli srl non ha mai versato un solo euro alle casse pubbliche.
E il Comune di San Giovanni in Fiore? Per quanto riguarda l’ex sindaco Nicoletti un interrogativo sorge spontaneo: perchè, dopo avere scritto una lettera di richiesta di chiarimenti a Pignanelli e non aver ricevuto mai risposta, non si è mosso per vie istituzionali chiedendo alla Regione la revoca dell’accreditamento?
In realtà, per dovere di cronaca, è bene sottolineare che Nicoletti avrebbe qualche alibi a cui appigliarsi, più o meno convincente. Alla domanda di chi chiedeva delucidazioni e cioè perchè non sia intervenuto energicamente, ha risposto così: “Io faccio il sindaco, non lo sceriffo. Bisogna tenere in mente una cosa: nel contempo la Finanza aveva aperto un fascicolo sulla vicenda e quindi aveva acquisito tutta la documentazione. Sono sempre stato convinto che sia necessario che ognuno faccia il proprio dovere e certamente non potevo sostituirmi alla Finanza…”. E questo è un fatto.

LA PRIMA “PROMOZIONE” DI PIGNANELLI
Pignanelli, che in maniera molto intelligente non ha mai preso posizione sulla vicenda (salvo sporgere denuncia contro chi scrive, ma vi assicuro che ci divertiremo…), restando in silenzio, potrebbe dalla sua rispondere di non aver legittimamente mai risposto all’ex sindaco per un semplice motivo: il 9 novembre 2007 – data della missiva di Nicoletti – non era più un dipendente comunale ma era passato all’Ufficio legale della Provincia di Cosenza.
Una sorta di “promozione” per quanto aveva fatto con quel parere, determinante per far “svoltare” i signori proprietari della clinica? Tutto lascia pensare a questa ipotesi. Anche perchè la situazione di Pignanelli al Comune di San Giovanni in Fiore era diventata parecchio imbarazzante e l’intervento di Oliverio era valso a togliergli provvidenzialmente le castagne dal fuoco.
Per gli amanti del caro, vecchio latino si potrebbe riesumare la locuzione “promoveatur ut amoveatur”. La traduzione letterale è “sia promosso affinchè venga rimosso”. Viene usata spesso nel linguaggio burocratico per esprimere la necessità di liberare una posizione chiave dell’organigramma dalla persona che la occupa, promuovendo la stessa persona a un qualunque altro ruolo di rango superiore, essendo questo l’unico mezzo per poterlo “legalmente” allontanare dalla postazione occupata.
Insomma, invece di dargli un bel calcio in culo, gli togliamo anche i problemi.
Tutto chiaro? Pignanelli “faccia di bronzo” fa quello che deve fare e subito dopo viene promosso e nello stesso tempo rimosso da quell’incarico che per lui è ormai diventato insostenibile. Probabilmente con il tacito accordo che seguirà Oliverio anche nell’avventura alla Regione.
E il cerchio si chiude.