Il direttore di LaC Pasquale Motta si è – finalmente – dimesso. Dopo due giorni nei quali aveva brillato per… attaccamento alla poltrona oltre che per le “splendide” lezioni di etica e morale comprese nelle intercettazioni dell’ordinanza del Gip dell’operazione Alibante contro il clan Bagalà, non ha potuto fare altro che annunciare le dimissioni. Il fatto che sia indagato dalla Dda di Catanzaro e quindi dal procuratore Gratteri per concorso esterno in associazione mafiosa toglie di fatto ogni tipo di credibilità al giornalista Motta e alla testata che ha diretto fino a poche ore fa. Dimissioni o non dimissioni. L’atto di gettare la spugna è solo un’operazione di facciata che non incanta nessuno e che ovviamente non cambia nulla per quanto riguarda la credibilità della testata, tra l’altro già gravemente compromessa per le frequentazioni con il clan Mancuso di Limbadi da parte dell’editore Domenico Maduli. I legami con la ‘ndrangheta di Motta, oggi acclarati dall’inchiesta di Gratteri, certificano senza possibilità di equivoci che la gente perbene deve stare lontana mille miglia da chi ancora rappresenta LaC.
Ne traggano le dovute conseguenze anche coloro che vogliono scendere in campo contro la malapolitica alleata della ‘ndrangheta, complice e connivente. Il riferimento non è certamente al centrodestra e al centrosinistra, che sono della stessa pasta di Motta e Maduli, ma alla coalizione civica di Luigi De Magistris. Occorre stare lontani da questa gente e non accogliere nessun tipo di falso invito a utilizzare i loro media di “copertura”. L’appello diventa maggiormente pressante nei confronti di Pino Aprile, che fa parte della coalizione di De Magistris e ancora viene indicato dalla testata vicina alla ‘ndrangheta come protagonista di una trasmissione insieme a Pietro Comito, il giornalista che prenderà il posto di Motta, tra l’altro relativa ad un processo contro la… ‘ndrangheta. Ci auguriamo vivamente che anche Pino Aprile prenda le distanze dalla criminalità.