Nella mia carriera tutto avrei pensato tranne di dover difendere Paolo Pollichieni, il collega scomparso qualche anno fa con il quale ho avuto anche duri scontri personali, che sono andati avanti per diverso tempo ma si sono conclusi tuttavia sempre con il massimo rispetto reciproco.
Nello scorso luglio 2020 Pollichieni, suo malgrado, era tornato alla ribalta per le vicende giudiziarie legate alla Calabria. Il Procuratore Eugenio Facciolla lo aveva chiamato in causa perché avrebbe “aiutato” il Procuratore Gratteri a tendere una trappola contro di lui dando vita ad una fuga di notizie che poi è stata interpretata “alla rovescia” dal Procuratore di Catanzaro (http://www.iacchite.blog/salerno-la-trappola-di-gratteri-a-facciolla-la-fuga-di-notizie-sul-sito-amico/).
E, poiché stavo pubblicando le dichiarazioni spontanee di Facciolla, era davvero difficile ignorare la questione e così ho deciso di pubblicare anche questa parte del racconto del magistrato senza commenti di sorta. Secca e cruda. Stop.
Immaginavo che qualcuno si potesse risentire ma mai e poi mai che intervenisse nel dibattito addirittura il media più chiacchierato della Calabria, ridicolo per le sue posizioni “politiche” e più volte finito nei brogliacci della Procura di Catanzaro a causa del suo editore borderline, tale Domenico Antonio Maduli, deus ex machina del colosso della pubblicità calabrese “Pubbliemme” (oggi Diemmecom), proveniente da Limbadi e chiaramente organico alla “paranza” del clan Mancuso, come si desume da molte testimonianze ed intercettazioni. Non serviva essere scienziati o profeti, del resto, per capire a chi potesse riferirsi lo stesso Gratteri quando affermava che la ‘ndrangheta compra pezzi di tv e giornali per manipolare il pensiero della gente (http://www.iacchite.blog/calabria-massomafia-e-media-gratteri-comprano-pezzi-di-tv-e-giornali-per-manipolare-la-gente/).
E già in passato il Corriere della Calabria di Pollichieni lo aveva sputtanato. Con tanto di fotografie compromettenti del Maduli pubblicate dal “Corriere” insieme a pezzi di malacarne come Ferrante e Sposari, organici al clan Mancuso e finiti nella rete dell’operazione “Robin Hood” ovvero tra quelli che rubavano ai poveri per dare ai… ricchi. Per non parlare delle altre imbarazzanti rivelazioni riguardanti l’inchiesta “Rimpiazzo”, nella quale è incappato Nicola Barba, ex socio del Maduli (http://www.iacchite.blog/ndrangheta-e-media-il-socio-di-maduli-e-uno-dei-mafiosi-arrestati-ieri-il-ruolo-delleditore-tra-i-mancuso-e-i-piscopisani/) e quella dei cartelloni pubblicitari del Tirreno cosentino, nella quale è evidente la complicità con soggetti vicini al clan Muto.Â
Ebbene, invece di tenersi la bocca chiusa, il Maduli ha permesso che uno dei suoi tirapiedi travestiti da giornalisti, tale Pietro Vomito (non è un refuso…), tirasse fuori addirittura la “notizia” riguardante una rivelazione dell’avvocato Giancarlo Pittelli, il quale – in alcune dichiarazioni spontanee rilasciate ai carabinieri del Ros – confessava candidamente che era stato proprio Pollichieni, amico di Gratteri, a riferirgli che presto lo avrebbero arrestato…
Ma poi, dopo aver visto l’inchiesta di PresaDiretta del marzo 2021, finalmente conosciamo i motivi che hanno spinto il Maduli e il Vomito a dare fiato alle trombe. Ora infatti non serve uno scienziato per capire che l’uccellino che ha riferito al giornale di Maduli la “velina” contro Pollichieni altri non è che l’avvocato Salvatore Staiano ovvero il legale di Pittelli. E la circostanza diventa ancora più squallida, se possibile.Â
Anche perché, secondo la loro tutta personale visione del giornalismo, chi pubblica le dichiarazioni (spontanee) di Facciolla è abusivo mentre chi pubblica le dichiarazioni (sempre spontanee) di Pittelli per giunta “sussurrate” da un soggetto perfettamente organico alla ‘ndrangheta come l’avvocato del massone deviato prestato all’avvocatura e alla politica merita la medaglia al valor… civile. Cose da pazzi.
E così, all’indomani del grande “sgub”, per dirla alla Biscardi, il Maduli e il Vomito (trattenete i… conati) c’hanno trovat’u patruni, come si dice da noi in Calabria. Perché i colleghi del “Corriere” stavolta non solo non se la sono tenuta ma hanno scoperto altarini pesantissimi nei confronti dell’editore, che obiettivamente è un piacere riprendere e riportare. Anche perché il processo sta per arrivare alla sentenza di primo grado e Gratteri per il prode Giamborino ha chiesto 20 anni di carcere. E perché da questi atti che pubblichiamo anche noi si desumono tante di quelle cose che oggi possiamo tranquillamente affermare che il “reuccio” è sputtanato più della porta della chiesa madre sconsacrata. Anche se fa finta di niente. (Gabriele Carchidi)
QUANDO IL CAPO DI PUBBLIEMME SPONSORIZZAVA IL POLITICO DEL CLAN DI PISCOPIO: “SU GIAMBORINO GARANTISCO IO”
tratto dal Corriere della CalabriaÂ
“… Affari e politica. Telefonate imbarazzanti con imprenditori rampanti e candidati da sponsorizzare su indicazione del Palazzo. E’ duro destreggiarsi in Calabria, anche per i tycoon (editori in italiano, ndr) più avveduti e radicati nel loro territorio. Capita dappertutto. Soprattutto a Vibo Valentia, dove certi rapporti possono diventare molto imbarazzanti. Gli investigatori definiscono “significativi” i rapporti tra Mario Lo Riggio e Domenico Maduli. Il primo è ritenuto dalla Dda di Catanzaro un imprenditore in rapporti con i clan di Vibo Valentia ed è stato arrestato nella maxi inchiesta “Rinascita Scott”. Lo Riggio è accusato di essere alle dirette dipendenze di Gregorio Gasparro, e di aver messo le proprie imprese e i propri rapporti nel settore imprenditoriale e finanziario a disposizione della cosca Fiarè-Gasparro-Razionale, nonché di quella collegata dei Lo Bianco-Barba.
Maduli, che non è indagato nell’inchiesta, era – all’epoca delle conversazioni intercettate, che risalgono al 2014 – il proprietario della “Pubbliemme” (nel corso degli anni diventata Diemmecom), società attiva nel campo dell’impiantistica e della cartellonistica e anche nell’editoria, dove controlla la rete tv LaC, il portale Lacnews 24 e altri siti satelliti nelle province di Vibo e Reggio Calabria.
I due sono in contatto per reciproca convenienza. O almeno così spiega Lo Riggio a sua figlia, senza troppi giri di parole… E in effetti, nelle conversazioni confluite nell’inchiesta Rinascita, Lo Riggio e Maduli discutono di affari e reciproci favori. L’imprenditore arrestato, ritenuto un “finanziatore delle consorterie di ‘ndrangheta operanti a Vibo” cerca di risolvere con l’aiuto dell’amico la questione legata a un terreno.
“MADULI RITENUTO “VICINO” ALLA COSCA MANCUSO”
Siamo a settembre 2014. Qualche mese dopo, per Lo Riggio, arriva il momento di ricambiare il favore. Succede in quella che gli investigatori definiscono una “emblematica conversazione” con Domenico Maduli. Il modo in cui l’imprenditore ed editore viene “presentato” nel fascicolo non è dei migliori. Così appuntano gli inquirenti: “Imprenditore del settore pubblicitario e delle telecomunicazioni ritenuto “vicino” alla cosca Mancuso”… La conversazione che segue è esemplificativa dei rapporti molto stretti tra imprenditoria (ed editoria) e politica. Il passaggio è sottolineato nelle carte di Rinascita Scott. Maduli “palesava chiaramente di sostenere in prima persona la candidatura di Pietro Giamborino quale sindaco, in quota Pd, alle prossime consultazioni comunali a Vibo Valentia”.
QUANDO GIAMBORINO NON ERA L’UOMO NERO
Dal dicembre 2019, Giamborino è diventato l’uomo nero della politica vibonese e calabrese… I suoi presunti rapporti con le cosche di Piscopio, documentati in centinaia di pagine di intercettazioni, ne hanno fatto un paria. Giamborino è, oggi, un emarginato: ogni sua dichiarazione, ogni intercettazione è stata riletta in controluce, analizzata con il senno di poi. Come succede a chi passa dagli altari di uno scranno in consiglio regionale alle polveri di una indagine per ‘ndrangheta, i suoi amici si sono dileguati. Eppure c’è stata una fase in cui il politico vibonese era potente e considerato. Addirittura sponsorizzato da un imprenditore-editore come Maduli, pronto a sbilanciarsi, a esplicitare il proprio sostegno con l’amico Lo Riggio in quella “emblematica” conversazione.
“Su Giamborino ne rispondo io… a Mario mio… due parole ti dico… questo deve fare il sindaco a Vibo… grazie Mario mio… sappi che dietro ci sono io qua… è dura… ma c’è un carro armato dietro a lui…”. Con gli anni si è scoperto che, forse, dietro a Giamborino, non c’era soltanto “un carro armato”. Ma qui si parla di politica. E Lo Riggio, dopo aver parlato con Maduli, si mette a disposizione. Chiama Antonio Galati, direttore dell’Hotel 501, e impartisce direttive precise: “Qualunque cosa gli serve… discoteca, piscina, sauna… quello che gli serve… segnate tutto e gli date tutto… vabbé… quindi ti chiama Pietro… tu prendi nota… prendi nota perché c’è il partito che paga per lui… quindi qualunque cosa gli serve gli ho detto di interfacciarsi con te…”.
“DIETRO GIAMBORINO CI SONO IO”
La trascrizione integrale della telefonata tra Maduli e l’imprenditore considerato un “personaggio di riferimento per gli elementi apicali delle cosche” offre particolari più ricchi sul piano politico. E rivelatori dei rapporti molto espliciti tra potere ed editoria. E’ l’editore a introdurre la visita dell’allora “gradito” Giamborino: “Dovrebbe venire Pietro Giamborino – dice -. Lui, praticamente, sarà il nostro candidato, ora, alle Primarie, e roba varia”. L’idea è quella di “organizzare un evento per sabato, insomma, tutto quello che c’è da fare… tutto! Che ce la vediamo noi come partito”. Il Pd ha, dunque, uno sponsor importante a Vibo. All’epoca, infatti, i rapporti tra Maduli e la maggioranza dem che fa riferimento al Governatore Oliverio sono ottimi (si incrineranno verso la fine della legislatura). Tanto che il “capo” di Pubbliemme spiega: “Giamborino è il candidato di Mario Oliverio” prima di chiosare “su Giamborino ne rispondo iio”.
Nelle sue parole c’è un’analisi politica semplice ma efficace. “Se la gente lo vuole capire – dice Maduli – dobbiamo andare con… a Vibo, legati con la Regione… se la gente lo vuole capire… se non lo vogliono capire, se la prendono nel culo”. “Vibo – chiarisce ancora meglio – in questo momento ha bisogno di essere governata dalla Regione… l’unico candidato che praticamente può fare un filo… cioè un’amministrazione filo-governativa, con l’attuale Regione, si chiama Pietro Giamborino a Vibo, non ce ne sono altri”.
L’imprenditore parla anche di “una serie di operazioni… che vedrai a orologeria… a cominciare da oggi… che scattano a favore di Pietro… e lì capirai che si sta un po’ convergendo su di lui… a poco a poco le vedrai in questi giorni queste operazioni… Grazie Mario mio, sappi che dietro ci sono io qua…”.
“LO SOSTENGO PERCHE’ HO UN DISEGNO”
Tra una telefonata per risolvere i problemi di un suo dipendente attraverso i propri contatti con il clan Barba di Vibo e un giro di contatti per raccogliere voti a favore di Giamborino, Lo Riggio trova il modo di contattare ancora Maduli. Il quale non si fa problemi a raccontargli la genesi della candidatura del politico di Piscopio. Lo annotano gli investigatori il 21 febbraio 2015. La scelta era stata effettuata “in ossequio a una “linea politica” dettata dalla volontà dell’attuale governo regionale”. Maduli a quell’epoca risponde all’asse Oliverio-Adamo ed è pronto a schierare la potenza di fuoco imprenditoriale di cui dispone (“su Giamborino ne rispondo io”) per eseguire i desiderata della maggioranza che all’epoca governa il Pd e la Regione. “Questa qua – spiega a Lo Riggio, riportiamo testualmente – è stata una cosa in cui mi sono trovato perché c’è una volontà del governo regionale… quindi ho dovuto eseguire la linea che purtroppo Nicola Adamo s’è trovato costretto a Vibo, dato che Censore è venuto meno a un impegno… perché l’impegno era, prima delle elezioni regionali, di convergere su Giamborino, dopo la vittoria di Mario Oliverio”.
Il motivo del sostegno? E’ “un disegno, non di carattere locale, perché sinceramente… sì… m’interessa il sindaco di Vibo, per l’amor di Dio, però ho altri interessi”. A quel tempo convergenti con quelli del centrosinistra al potere. Prima che qualcosa spostasse gli equilibri”.
Fin qui l’articolo del Corriere della Calabria. Non c’è dubbio che proprio l’azione giudiziaria di Gratteri abbia spostato molti rapporti di forza così come non c’è dubbio sul fatto che Maduli e i suoi tirapiedi si siano subito buttati – più che saliti… – sul carro del vincitore. Così vanno le cose in Calabria… E Gratteri si prepara, per il secondo anno consecutivo, a partecipare ai grandi raduni “pagliacciata” dell’editore che non deve chiedere mai… ai clan. Povera Calabria nostra!