Massoneria deviata e ‘ndrangheta: chi era Ettore Loizzo di Cosenza

Ettore Loizzo

Ettore Loizzo di Cosenza, mio vice nel Goi, persona che per me era il più alto rappresentante del Goi, nel corso di una riunione della Giunta del Grande Oriente d’Italia che io indissi con urgenza nel 1993 dopo l’inizio dell’indagine del dottor Cordova sulla massoneria, a mia precisa richiesta, disse che poteva affermare con certezza che in Calabria, su 32 logge, 28 erano controllate dalla ‘ndrangheta. Io feci un salto sulla sedia”.

A dirlo è stato l’ex Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Giuliano Di Bernardo – in carica nei primi anni ’90 e fondatore poi della Gran Loggia Regolare d’Italia – sentito il 6 marzo 2014 dal pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo nell’ambito dell’inchiesta Mammasantissima sulla cupola segreta degli “invisibili” della ‘ndrangheta.

Giuliano Di Bernardo
Giuliano Di Bernardo

Ma chi è Ettore Loizzo di Cosenza?

Prima Gran Maestro Aggiunto e poi reggente del Grande Oriente d’Italia, è il calabrese col “grembiulino” che ha raggiunto i più alti livelli della Massoneria di Palazzo Giustiniani, la più importante tra le “obbedienze” riconosciute nel nostro paese. E’ scomparso nel 2011.

Per capire bene chi era bisogna andare parecchio indietro nel tempo. Ma possiamo partire da un dato: Loizzo è stato per anni un brillante esponente del Partito Comunista Italiano prima di essere costretto a lasciarlo proprio perché massone dopo il caso eclatante della loggia P2 di Licio Gelli degli anni Ottanta e la successiva legge Anselmi che vietava le società segrete. E quindi consigliava ai partiti di imporre una scelta ai massoni più o meno esposti.

Loizzo era stato eletto consigliere comunale nel 1980, quando ancora il bubbone della P2 e della massoneria non era esploso ma gravitava da tempo nel PCI anche se in molti sapevano che faceva parte di quel mondo.A Cosenza, città massonica per storia e tradizione, il sistema politico è dominato dalle logge e dalle famiglie. Loizzo è comunista, Tanino De Rose, massone come Loizzo, sta nel Partito socialista ed è stato vicesindaco dal ’70 al ’75. I massoni non mancano anche nella Dc, ovviamente, ma a differenza di Loizzo e De Rose stanno più coperti.

Lo scandalo della P2 e il dilagare degli interessi della massoneria deviata mettono fuori gioco Ettore Loizzo e la frangia più intransigente del PCI ne invoca e ne ottiene l’aut-aut: o il PCI o la massoneria. Ora, è passato molto tempo e gira anche qualche aneddoto sulla vicenda, che inevitabilmente fece rumore. Lo riferisce un Gran Maestro del Goi, Stefano Bisi, che è anche un valente giornalista.

Pietro Ingrao

Pare che Ettore Loizzo, dopo essere stato messo alle corde, sia andato ad incontrare Pietro Ingrao. E sapete quale fu la riposta dell’illustre dirigente del PCI? “Spero che sia l’ultima cavolata del mio partito”. Non sappiamo se sia leggenda o meno. Fatto sta che all’alba degli anni Novanta, una decina di anni dopo, in concomitanza con la scalata di Loizzo ai gradini alti della massoneria italiana, succede ancora altro. Un magistrato “scova” la loggia P3 e naturalmente Loizzo c’è dentro fino al collo.

DI BERNARDO CAPO DELLA MASSONERIA

Nel 1990 Giuliano di Bernardo, 57 anni, pro rettore dell’università di Trento, docente di sociologia filosofica, è diventato il nuovo gran maestro della massoneria italiana. Il nuovo governo del Grande Oriente d’Italia è composto da Ettore Loizzo ed Eraldo Ghinoi quali grandi maestri aggiunti; Rosario Genovese e Sergio Rosso come grandi sorveglianti; Gustavo Raffi grand’oratore e Pietro Mascagni gran tesoriere.

Licio Gelli

Il grande capo Licio Gelli, che vede come il fumo negli occhi i comunisti, non risparmia una stoccata al veleno ad Ettore Loizzo commentando il nuovo assetto della massoneria. “E’ un favore che avranno fatto ad Occhetto. Loizzo è ‘un comunista e non dovrebbe stare a quei vertici dell’organizzazione”.

Infatti la massoneria ”dovrebbe essere al di sopra di ogni ideologia politica e di ogni confessione religiosa”. Ma non è (quasi) mai stato così. I tempi di Mazzini e del Risorgimento sono finiti da un bel po’ ed hanno lasciato spazio alla cosiddetta massoneria deviata.

CORDOVA E LA MASSONERIA DEVIATA

Agostino Cordova, figura controversa e testarda, da procuratore di Palmi firma, nel 1992, la prima grande inchiesta italiana sulla massoneria deviata. Partendo dagli affari del clan Pesce, attraverso la scoperta di relazioni pericolose tra mafiosi, politici e imprenditori calabresi, Cordova finì nelle trame degli affari miliardari di Licio Gelli e di una miriade di personaggi legati a logge massoniche coperte.

Agostino Cordova

“La massoneria deviata – sosteneva Cordova – è il tessuto connettivo della gestione del potere […]. È un partito trasversale, in cui si collocano personaggi appartenenti in varia misura a quasi tutti i partiti…”.

Cordova pone sotto sequestro il computer del Grande Oriente d’Italia, contenente l’archivio elettronico di tutte le logge massoniche italiane. Fu come aprire un vaso di Pandora, da cui continuavano a uscire nomi e connessioni.

LE INDAGINI SU ETTORE LOIZZO

Ettore Loizzo finisce nel calderone. Ecco l’agenzia AGI del 5 novembre 1992.(AGI) Cosenza 5 Nov – Proseguono, anche a Cosenza, le indagini disposte dalla Magistratura di Palmi alla ricerca delle prove circa l’ esistenza di logge massoniche” coperte”. Sono stati perquisiti lo Studio e l’ abitazione dell’ esponente massonico Ettore Loizzo (anche se l’ interessato ha negato il fatto) e quella di Mario Lucchetta, Gran Maestro della Loggia” fratelli Bandiera”. In quest’ ultima abitazione, secondo indiscrezioni, sarebbero stati sequestrati documenti e carteggi ritenuti importantissimi.  (AGI)

Così scriveva invece La Repubblica

Vengono fuori molte sorprese. A Cosenza, dove sono stati perquisiti lo studio e l’ abitazione dell’ ingegner Ettore Loizzo, uno dei massimi esponenti del Grande Oriente d’ Italia, i carabinieri hanno trovato carte e documenti relativi al processo su mafia, droga e politica da cui è scaturita questa maxi-inchiesta sulla massoneria deviata. In che maniera, con quale interesse e per farne quale uso Loizzo è entrato in possesso di quelle carte? Sono interrogativi che i magistrati cercheranno di chiarire. Ma nell’ inchiesta sulle cosche di Rosarno è coinvolto anche Licio Gelli. E in Calabria c’ era qualche massone che si era adoperato per far riammettere l’ ex capo della P2 nella massoneria.

Una “trattativa” che si sarebbe conclusa nel 1991 con un accordo mai trovato dai magistrati di Palmi. Così come non furono mai chiarite le questioni che ruotavano intorno a Loizzo.

Di sicuro, però, Di Bernardo si affretta ad uscire da questo grandissimo casino e lascia le responsabilità del suo incarico determinando la scissione. E così il cosentino Ettore Loizzo diventa Gran Maestro Onorario e reggente, con Eraldo Ghinoi, del Grande Oriente d’Italia nel 1993. Praticamente il nuovo capo della massoneria al posto di Di Bernardo.

LOIZZO E DI BERNARDO

A questo punto, come si fa nei grandi intrecci, ritorniamo al punto di partenza. Quando Loizzo dice a Di Bernardo che 28 logge su 32 in Calabria sono controllate dalla ‘ndrangheta, il capo dei massoni ha una reazione quasi disperata.

“Gli dissi: e cosa vuoi fare di fronte a questo disastro. Lui – ha detto Di Bernardo al pm – mi rispose: nulla. Chiesi perché. Mi rispose che altrimenti lui e la sua famiglia rischiavano gravi rappresaglie. Fu questo che mi indusse a prendere contatti con il Duca di Kent, che è al vertice della Massoneria Inglese che è la vera Massoneria. Mi disse che già sapeva questa situazione tramite notizie avute dall’Ambasciata in Italia e dai servizi di sicurezza inglesi”.

Ma Ettore Loizzo, già all’epoca, contestava con forza questa interpretazione dei fatti e definiva pesantemente Di Bernardo.

“L’indagine di Cordova? Con questa rottura diplomatica tra noi e gli inglesi non c’entra – risponde Loizzo – anche se le menzogne di Di Bernardo hanno fatto da copertura a questo gioco. Non siamo stati neanche ascoltati dai fratelli inglesi – reclama più diplomatico Ghinoi – ma un imputato ha diritto ad un processo. Per quanto riguarda Cordova ci ha ricevuto ed ha specificato di non aver nessuno motivo di contestazione nei nostri riguardi, ma è interessato alla scoperta di eventuali logge deviate. Dal canto nostro abbiamo sospeso 75 fratelli sospetti, ma sono un esiguo numero di fronte agli altri 18mila iscritti oltre alle 1400 domande attualmente in attesa. Succede solo in in Italia – ha concluso Ghinoi – che l’iscrizione ad alcuni partiti politici sia vietata a membri della Massoneria. Ma la storia insegna che quando la Massoneria è attaccata, successivamente dopo viene attaccata la democrazia”.

L’INCHIESTA SI SGONFIA

Il 27 maggio del 1993 Cordova inviò un rapporto al Csm sull’ingerenza dei massoni nel potere pubblico: consegnò i nomi di 40 giudici e due liste di parlamentari. Comunicò che almeno 40 degli inquisiti della tangentopoli milanese erano massoni, così come lo erano 11 dei parlamentari per i quali è stata richiesta l’autorizzazione a procedere.

Provvidenziale arrivò l’ordine di trasferire per competenza a Roma le indagini. E ancor più salvifico fu il ruolo del pm che venne delegato.

Era Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, che sarebbe diventata di li’ a poco personalita’ di spicco a via Arenula nei governi targati Berlusconi. Quell’inchiesta naufraga nel 2001 in una colossale archiviazione. «E da allora – racconto’ Cordova alla Voce in un’intervista di qualche anno fa, alla vigilia del suo trasferimento forzato dalla Procura di Napoli – quei faldoni sono rimasti a marcire dentro i sotterranei di Piazzale Clodio».

26 febbraio 2001: LOIZZO ESULTA

“Un epilogo atteso, che fa giustizia di una vicenda giudiziaria assurda, di cui gli stessi magistrati che ne hanno deciso l’archiviazione evidenziano l’anomala conduzione e la ricerca ad ogni costo, quasi maniacale, di responsabilità e di comportamenti da parte dei massoni non conformi alle leggi dello Stato italiano”

È quanto affermava, in un comunicato, l’ex gran maestro aggiunto del Grande oriente d’Italia di palazzo Giustiniani, Ettore Loizzo, in riferimento alla decisione di archiviazione dell’inchiesta avviata nel 1993 dal procuratore della Repubblica di Palmi, Agostino Cordova.

“Adesso, senza cullarci sugli allori, dobbiamo puntare – sostiene Loizzo – a recuperare alla militanza attiva i tanti fratelli che furono costretti, o ritennero opportuno, per sfuggire alla furia antimassonica della Procura di Palmi, a mettersi in sonno. Tutto il fango buttato addosso alla massoneria è stato lavato – conclude Loizzo – dalla verità di un esito giudiziario che entra di diritto nelle pagine più belle e edificanti della storia italiana degli ultimi decenni”.

IL MAGISTRATO SALVATORE BOEMI E COSA NUOVA

Salvatore Boemi

C’è un ultimo aspetto da scandagliare. A proposito della massoneria deviata, è uscito fuori negli anni il nome del magistrato Salvatore Boemi. Quello di Boemi, infatti, è uno dei nomi che costantemente ritornano in tutti i tentativi più rigorosi di diradare gli addensamenti di nubi (leggi: le coperture) sulla costellazione della `ndrangheta.

Boemi (correva l’anno`95) è tra gli estensori dell’elenco degli affiliati a «Cosa Nuova» – impressionante radiografia della rete di cosche vecchie ed emergenti – e alla massoneria calabrese, comprendente nomi di politici influenti di varia provenienza: i socialisti Gabriele Piermartini e Totò Torchia, l’ex comunista Ettore Loizzo, il segretario particolare dell’allora presidente del consiglio Forlani, Mario Semprini, e il notaio Pietro Marrapodi, ex Dc e Grande Oratore delle logge reggine.

Proprio Marrapodi è il protagonista tragico di una delle indagini più perturbanti condotte da Boemi. Scosso da una crisi di coscienza e uscito dalla Loggia Logoteta, Marrapodi comincia infatti a vuotare il sacco e a fare i nomi di quelli che «decidono segretamente i destini della gente», in Calabria e non solo.

Boemi lo mette così a confronto con il pentito Giacomo Ubaldo Lauro e con il procacciatore d’armi D’Agostino, cavandone un quadro dettagliato dei rapporti tra’ndrangheta, P2, Sisde e istituzioni colluse.

Preoccupato di aver detto troppo, Marrapodi si rivolge (vedi intercettazione telefonica del 15 febbraio `94) a Vincenzo Nardi, uno dei tre ispettori inviati dall’allora ministro di Grazia e Giustizia Alfredo Biondi a verificare l’attività di Mani pulite.

Due anni dopo, stremato e serrato in casa, decide di incontrare il giornalista Mario Guarino per consegnargli copia dei documenti depositati a suo tempo a Nardi (è il giornalista stesso a raccontarlo nel suo libro sulla `ndrangheta); ma l’incontro non avverrà, perché Marrapodi verrà trovato morto nella sua abitazione il 28 maggio `96, con il caso archiviato come «suicidio per impiccagione» e i documenti e i floppy – probabilmente non tutti, come insinua opportunamente Guarino – sequestrati dalla procura reggina.

Un’altra pagina inquietante e ovviamente mai chiarita.

Ettore Loizzo è scomparso nel 2011. Molti massoni hanno rimproverato troppo accanimento nei suoi confronti (provocato soprattutto da Di Bernardo) e hanno bollato come lacrime di coccodrillo quelle versate da Raffi e soci.

g. c.