(repubblica.it) – In modo tanto puerile quanto confuso, la Presidente del Consiglio continua ad evitare di rispondere nel merito delle osservazioni sollevate dal rapporto sullo Stato di diritto dalla Commissione europea, ritenendo più utile abbandonarsi a considerazioni sul ruolo di “Repubblica” e, più in generale di quella parte dell’informazione italiana non politicamente arruolata. Considerazioni che tradiscono la sua idea illiberale del giornalismo e del ruolo che il giornalismo ha in una democrazia compiuta. Confermando in questa maniera le obiezioni che il rapporto di Bruxelles le ha sollevato.
Per Giorgia Meloni un giornale non è infatti un fondamentale strumento di controllo del potere necessario, attraverso la pubblicazione di notizie e opinioni, a mettere un cittadino nelle condizioni di compiere liberamente e consapevolmente le sue scelte, ma uno “stakeholder”, un portatore di interessi.
Ebbene, consigliamo a Giorgia Meloni di dedicarsi a fare la Presidente del Consiglio, se ne è capace, cercando di non avventurarsi su terreni che evidentemente le risultano assai ostici. Quanto a Repubblica, si rassegni all’esistenza di un giornalismo di qualità, indipendente, e ricordi le parole del secolo scorso con cui un monumento del giornalismo americano, Walter Cronkite, ricordò a Richard Nixon la natura passeggera della vertigine che porta con sé il potere politico: “I presidenti passano, i giornalisti restano”.
La Direzione di Repubblica
Meloni attacca i giornali: il comunicato dei Cdr del Fatto Quotidiano e Ilfattoquotidiano.it
(ilfattoquotidiano.it) – Siamo arrivati alle liste di proscrizione, oltretutto tagliandole su misura ai propri interessi. Senza rendersi conto di confermare esattamente il contenuto del rapporto Ue sullo stato di diritto e del report del consorzio europeo Media Freedom Rapid Response, due testi che strumentalmente qualcuno ha finito perfino per rappresentare come uno solo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni da una parte e la stampa più vicina al governo dall’altra mettono all’indice Il Fatto Quotidiano e la collega Martina Castigliani e altri tre giornaliste e giornalisti, bollandoli come “anti-Meloni”.
Un modus operandi che, ancora una volta, richiama periodi storici dai quali diversi esponenti di governo, con grandi difficoltà e diversi tentennamenti, dicono di prendere le distanze e considerano morti e sepolti, lasciandosi poi spesso andare a fastidiosi rigurgiti. Si rassegnino: le redazioni de Il Fatto Quotidiano e de Ilfattoquotidiano.it continueranno a svolgere il proprio mestiere scrivendo ciò che ritengono sia loro diritto e dovere raccontare.
Vale solo la pena ricordare due cose semplici. Alla presidente del Consiglio che ha attaccato la nostra testata bollandola come “stakeholder”: perseguiamo un solo e unico interesse, informare i lettori. Ai media che questa mattina hanno dedicato ampio spazio alla collega, alle altre giornaliste e agli altri giornalisti: hanno partecipato a un semplice incontro con il consorzio europeo Media Freedom Rapid Response, così trasparente che i loro nomi sono pubblicati nello stesso report. Sarebbe bastato leggere l’intero rapporto – e riportarlo correttamente – per rendersi conto di quanto non ci siano i “giornalisti anti-Meloni dietro il report Europeo”. Oltre agli 11 cronisti di altrettante testate, infatti, sono stati ascoltati altri 26 rappresentanti istituzionali, compresi ben 6 membri dell’Agcom.
Senza considerare che, ancor prima di stilare il rapporto, Media Freedom Rapid Response – di cui fa parte anche la Federazione europea dei giornalisti, quindi l’Ordine – aveva fatto presente di aver ricevuto un rifiuto da parte di esponenti del governo agli incontri richiesti. Tra loro, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il suo vice Francesco Paolo Sisto, il sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini e la presidente della commissione Giustizia in Senato Giulia Bongiorno.
Sottrarsi al confronto per poi attaccare chi esercita il diritto di critica è ormai una cifra di questa maggioranza: una scelta che non ha fermato né fermerà mai il diritto-dovere dei giornalisti di raccontare e denunciare. Alla collega Martina Castigliani, alle altre giornaliste e giornalisti finiti nel mirino per aver svolto in totale trasparenza il loro lavoro va la nostra solidarietà.
I cdr de Ilfattoquotidiano.it e de Il Fatto Quotidiano
Meloni e l’attacco ai giornali non filo-governativi, insorgono opposizioni e Fnsi: “Le liste di proscrizione una pratica inaccettabile”
(repubblica.it) – Dalla Cina nel mirino della premier finiscono Repubblica, Domani e Fatto quotidiano. Il sindacato dei giornalisti: “Crea distrazioni per non parlare del merito”. Dal Pd al M5S e Avs: “La colpa di tutto è sempre di qualcun altro”
Un attacco coordinato ai giornali non filo-governativi, guidato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dalla stampa a lei amica: Giornale e Libero. Nel mirino finiscono Repubblica, Domani e Fatto quotidiano, ma anche singoli cronisti la cui “colpa” è stata quella di incontrare la delegazione guidata dal sindacato europeo dei giornalisti nella propria missione a Roma, lo scorso maggio.
Da quella due giorni di fitti incontri, anche istituzionali – non con membri del governo: gli invitati si negarono tutti – ne è uscito il report di Media Freedom Ue pubblicato ieri e nel quale sono riportati giudizi molto duri sullo stato di salute della libertà di stampa nel nostro Paese, “sottoposta a una crescente pressione con attacchi senza precedenti dalla maggioranza di governo”. Non solo. Da Pechino la premier parla anche della lettera sullo Stato di diritto inviata nei giorni scorsi a Ursula von der Leyen. Che è stata ricevuta e “ora leggeremo e valuteremo”, come ha fatto sapere la portavoce della Commissione Ue Anitta Hipper, senza specificare se ci sarà una replica da parte dell’Ue o meno. Ma precisando: “Quello che sarebbe importante dire quando si tratta del rapporto sullo Stato di diritto, è che si tratta di una metodologia consolidata, basata sui fatti ed è anche il risultato di un processo inclusivo di consultazione con gli Stati membri e anche con vari stakeholder”.
Intanto, non potendo comunque però entrare nel merito, con ogni evidenza, dalla Cina Meloni si appiglia all’ascolto di ‘stakeholders’ di testate ‘nemiche’, peraltro indicato con ogni trasparenza nel dossier stesso, per tentare di delegittimarlo. In contemporanea, questa mattina su Libero ad esempio esce un articolo con questo titolo: “Cronista di Repubblica fonte del dossier Ue anti-Giorgia”, un riferimento al nostro collega Matteo Pucciarelli, citato nel documento e membro della rappresentanza sindacale interna di questo giornale.
“Il concetto dei ‘giornalisti anti Meloni’ ricorda fin troppo da vicino le liste di proscrizione, una pratica inaccettabile che, purtroppo, ci riporta ancora al punto di partenza: la deriva illiberale che qualcuno vorrebbe far imboccare all’Italia. Come se per fare il proprio mestiere un giornalista debba indossare una casacca o farsi mettere un guinzaglio. L’unico obiettivo del giornalista invece deve essere quello di informare liberamente, difendere la libertà di stampa e la dignità del giornalismo”, sostengono la segretaria generale della Fnsi Alessandra Costante e il presidente Vittorio Di Trapani. “Il report Ue sullo stato dell’Unione e il rapporto del consorzio Mfrr non fanno altro che fotografare episodi avvenuti negli ultimi mesi in Italia e che sono stati sotto gli occhi di tutti, compresa l’Unione europea. Non è addossando la responsabilità di quel rapporto al lavoro di alcuni colleghi più sensibili di altri al tema della libertà di stampa, che la politica può sottrarsi dal confronto su ciò che sta accadendo nel Paese, in Rai o anche nelle procedure per vendita dell’agenzia Agi”, proseguono Costante e Di Trapani.
Fnsi denuncia, dunque, il rischio concreto che liste di proscrizione, “di cui mai si è avuta notizia nelle democrazie più forti come Francia, Spagna e Germania o i Paesi del nord Europa”, possano trasformarsi in un rischio per l’incolumità personale dei colleghi additati come “giornalisti anti-Meloni”. E anche questo caso sarà portato all’esame dell’Osservatorio sulle intimidazioni ai giornalisti che si riunirà in settimana al ministero degli Interni.
Il segretario generale della Federazione europea dei giornalisti, Ricardo Gutiérrez, è netto: “La propaganda di Stato inventa il concetto di ‘giornalisti anti-Meloni’ per descrivere giornalisti che difendono la libertà di accesso all’informazione dei cittadini, sono metodi fascisti e mafiosi”. Il senatore pd Walter Verini si dice “sconcertato”: “La presidente del Consiglio è evidentemente allergica ai principi della democrazia liberale e la sua reazione non è molto diversa dalle reazioni di Ignazio La Russa dopo l’aggressione neofascista subita da Andrea Joly, tese quasi a colpevolizzare l’aggredito. Per fortuna giusto pochi giorni fa il presidente della Repubblica si è fatto interprete dei corretti principi che dovrebbero animare il rapporto tra politica e giornalismo”.
Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi Sinistra considera “fuori luogo le esternazioni della presidente del consiglio dalla Cina: nessun complotto in corso, nei Paesi democratici come i Paesi Ue esistono delle verifiche su quanto viene compiuto e su quanto viene denunciato. Che nel nostro Paese sia in corso un’involuzione nel rispetto dei diritti dei cittadini, che l’attuale governo prediliga forzare in senso autoritario le Istituzioni, che la libertà di stampa sia messa a dura prova quotidianamente, che ci sia stata l’occupazione del servizio pubblico radio tv da parte della destra e con esiti disastrosi per quanto riguarda ascolti ed autorevolezza, sono fatti non certo opinioni e sono sotto gli occhi di tutti i cittadini italiani – commenta – Che poi i giornali di proprietà dei partiti di destra stiano montando la bufala del complotto dei giornalisti ‘rossi’ che intendono vendicarsi con Palazzo Chigi, al limite, è proprio la conferma dei tristi tempi che corre la nostra democrazia”.
Sui social interviene anche Barbara Floridia, presidente della commissione di Vigilanza Rai: “Chiamata a rispondere sui richiami che arrivano dall’Europa in materia di libertà di informazione in Italia, cosa fa Giorgia Meloni da Pechino? Attacca i giornalisti del Fatto Quotidiano, di Repubblica e del Domani che strumentalizzerebbero il rapporto. Quindi se c’è un problema di libertà di stampa in Italia è per via è dei giornali che muovono critiche al governo? Come sempre poi la colpa di tutto è di qualcun altro: i governi precedenti, i giornalisti cattivi, eccetera eccetera. Quanto ancora dovremo aspettare per avere una risposta nel merito di quanto ci contesta l’Europa su indipendenza dei media, querele temerarie, governance Rai?”.
Solidarietà a Repubblica e a Pucciarelli anche da Usigrai, il sindacato dei giornalisti della tv pubblica: sono “inaccettabili gli attacchi personali a un componente del cdr di Repubblica da parte di alcuni quotidiani che gli attribuiscono addirittura il ruolo di ispiratore del rapporto europeo sulla libertà di stampa in Italia.
Un metodo, quello di mettere nel mirino delle polemiche singoli giornalisti, che è lo stesso messo in atto dal governo per attaccare chi scrive sull’operato dell’esecutivo meno che adulanti valutazioni sui provvedimenti adottati”.
Meloni attacca Domani: «Il rapporto Ue sulla libertà di stampa ispirato dai giornali d’opposizione»

(editorialedomani.it) – La presidente del Consiglio, impegnata nel viaggio in Cina, torna sul report: «La mia lettera non era per la Commissione europea, era una riflessione sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento» ispirato da «alcuni portatori di interesse: Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica»
Nella sua visita in Cina, durante la quale si sta proponendo come mediatrice tra Pechino e l’Unione europea, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornata a parlare del report europeo sulla libertà di stampa (che parla di «democrazia indebolita» in Italia, anche a causa degli attacchi del governo ai giornali, Domani compreso) e sulla lettera che, pochi giorni fa, lei stessa ha inviato alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
«Non vedo ripercussioni negative per l’Italia, non ritengo che i rapporti con la Commissione europea stiano peggiorando. La lettera che io ho inviato non è una risposta a un momento di frizione con la Commissione europea, è una riflessione comune sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento tecnico nel quale mi corre l’obbligo di ricordare che gli accenti critici non sono della Commissione», ha detto la premier in un punto stampa con i giornalisti.
Nel rapporto, ha continuato la premier, «la Commissione europea riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica… Però la Commissione europea non è il mio diretto interlocutore, ma chi strumentalizza quel rapporto che tra l’altro non dice niente di particolarmente nuovo rispetto agli anni precedenti, anche questo varrebbe la pena di ricordare».
Meloni si sofferma poi sulle accuse di aver monopolizzato la Rai, ribattezzata TeleMeloni da alcuni giornali: la governance di viale Mazzini, ha detto la presidente del Consiglio, «è definita da una legge del 2015 che ha fatto il governo Renzi». «Dicono che ci sono delle intimidazioni alla stampa perché ci sono degli esponenti politici che querelano per diffamazione alcuni giornalisti, ma non mi pare che in Italia vi sia una regola che dice che se tu hai una tessera da giornalista, che ho anche io in tasca, puoi liberamente diffamare qualcuno e dire che gli esponenti politici se avviano una causa per diffamazione stanno facendo azioni di intimidazione, vuol dire non avere neanche rispetto dell’indipendenza dei giudici».
Nel report, continua Meloni, «viene ad esempio preso in considerazione anche alcune querele che ho fatto io, le ho fatte quando ero all’opposizione, non quando ero al governo. Capisco il tentativo di strumentalizzare, cioè conosco il tentativo di cercare il soccorso esterno da parte di una sinistra in Italia che evidentemente è molto dispiaciuta di non poter utilizzare per esempio il servizio pubblico come fosse una sezione di partito, però su questo non posso aiutare proprio perché credo nella libertà di informazione e di stampa».
Reazioni
Le dichiarazioni della premier hanno suscitato diverse reazioni da parte di parlamentari e associazioni. «Quello che è successo ha un nome e cognome e si chiama lista di proscrizione. Una presidente del Consiglio, la donna più importante che abbiamo nel nostro paese, non può farlo. Si tratta di un attacco gigantesco contro la libertà di informazione e si scontra con l’art 21 della nostra Costituzione. Quando la premier cita nomi e testate mette tutto il suo carico di potere contro e in una democrazia la politica non può mettere in discussione l’informazione. La stampa deve informare liberamente l’opinione pubblica e deve accendere i riflettori sulla politica. L’informazione è il cane da guardia della democrazia e non può sottostare alla politica», ha detto Sandro Ruotolo responsabile informazione del Partito democratico.
Sul caso si sono espressi anche i vertici della Federazione nazionale stampa italiana. «Il concetto dei “giornalisti anti Meloni” ricorda fin troppo da vicino le liste di proscrizione, una pratica inaccettabile che, purtroppo, ci riporta ancora al punto di partenza: la deriva illiberale che qualcuno vorrebbe far imboccare all’Italia. Come se per fare il proprio mestiere un giornalista dovesse indossare una casacca o farsi mettere un guinzaglio. L’unico obiettivo del giornalista invece deve essere quello di informare liberamente, difendere la libertà di stampa e la dignità del giornalismo», hanno detto la segretaria generale, Alessandra Costante e il presidente, Vittorio di Trapani.
Che nel nostro Paese sia in corso un’involuzione nel rispetto dei diritti dei cittadini, che l’attuale governo prediliga forzare in senso autoritario le Istituzioni, che la libertà di stampa sia messa a dura prova quotidianamente, che ci sia stata l’occupazione del servizio pubblico radiotv da parte della destra e con esiti disastrosi per quanto riguarda ascolti ed autorevolezza, sono fatti non certo opinioni e sono sotto gli occhi di tutti i cittadini italiani.
«È per questi motivi che le esternazioni della presidente del consiglio dalla Cina mi appaiono completamente fuori luogo: non c’è nessun complotto in corso, nei paesi democratici come i paesi Ue esistono delle verifiche su quanto viene compiuto e su quanto viene denunciato», dice invece Nicola Fratoianni dell’Alleanza Verdi Sinistra. «Che poi i giornali di proprietà dei partiti di destra – conclude il leader di SI – stiano montando la bufala del complotto dei giornalisti “rossi” che intendono vendicarsi con Palazzo Chigi, al limite, è proprio la conferma dei tristi tempi che corre la nostra democrazia».
Il rapporto sulla libertà di stampa
L’«intolleranza della coalizione di governo verso qualsiasi forma di critica da parte dei media», la «grave contrazione della libertà di espressione» e quindi «l’indebolimento della qualità della democrazia in Italia»: nel report ”Silencing the fourth estate: Italy’s democratic drift” (Silenziare il quarto stato: la democrazia in bilico in Italia), che condensa il materiale raccolto dalla Media Freedom Rapid Response nella sua missione in Italia, le organizzazioni internazionali per la libertà di stampa hanno acceso una luce sugli attacchi del governo Meloni contro i media e contro Domani.
«Da quando il governo guidato da Meloni è entrato in carica, la libertà dei media in Italia è stata sottoposta a una crescente pressione, con attacchi senza precedenti e violazioni della libertà di stampa spesso intraprese da esponenti politici nel tentativo di marginalizzare e silenziare le voci critiche», si legge nel documento.
Questa squadra speciale per il diritto di informare (composta da European Federation of Journalists, International Press Institute, European Centre for Press and Media Freedom, Article 19 Europe e Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa) si è precipitata a Roma a metà maggio: i segnali di allerta erano tali da non poter aspettare l’autunno.
Il rapporto cita espressamente anche il nostro giornale: «L’ondata di attacchi contro Domani è allarmante. La testata italiana Domani ha dovuto fronteggiare attacchi di svariato tipo, che vanno dagli avvisi e cause legali, alle aggressioni verbali, passando per i presunti tentativi di minare la confidenzialità delle fonti giornalistiche. Nella maggior parte dei casi, questi episodi sono stati innescati da politici e funzionari pubblici».
Iniziative legali e annunci di azioni sono stati avviati da ministri (Giancarlo Giorgetti, Daniela Santanchè), sottosegretari (Giovanbattista Fazzolari, Claudio Durigon), dal capo di gabinetto di Meloni (Gaetano Caputi); pendeva anche una querela di Meloni stessa, ritirata pochi giorni fa, dopo che pure la Commissione europea ha posto l’attenzione sul pluralismo a rischio in Italia.
Anche le «aggressioni verbali» contro Domani vedono il governo protagonista: basti citare il comizio pescarese di Meloni a inizio anno o gli attacchi sferrati da Daniela Santanchè nell’aula parlamentare. Il passaggio del report relativo ai «tentativi di minare la confidenzialità delle fonti» fa riferimento al fatto che i giornalisti investigativi Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine rischiano fino a 9 anni di carcere a seguito di una indagine della procura di Perugia.