Messina Denaro, troppi dubbi. Bisogna dare fiducia allo stato? (di Fabio Menin)

di Fabio Menin

L’arresto del latitante più famoso d’Europa avvenuto dopo 30 anni, ha lasciato dietro di se molti dubbi: le parole del favoreggiatore dei fratelli Graviano a novembre che preannunciavano la cattura del boss, malato, lo stato effettivo di salute del boss che parrebbe essere in condizioni di malattia terminale, ma soprattutto la rete di protezione che costui godeva grazie alla protezione della massoneria trapanese e forse palermitana (la cosiddetta “borghesia mafiosa”) che gli ha permesso di sfuggire sempre alla cattura per un periodo lunghissimo 30 anni.

Tutti questi fatti lasciano perplessi chiunque voglia un minimo ragionare su questa cattura. Eppure gli inquirenti ci stanno ripetendo da più giorni che l’indagine è autentica ed è basata soprattutto sulla ricerca del filo giusto indagando nella malattia del boss e nelle strutture che lo hanno curato.

Soprattutto stanno venendo fuori (anche probabilmente per soffiate che gli inquirenti non ci dicono) i covi, cioè gli appartamenti dove il boss si rifugiava in una piccola frazione di Castelvetrano. Io sono convinto che  altre case verranno fuori dove costui ha potuto godere di protezione, ma soprattutto quello che mi sta convincendo è il fatto che nelle perquisizioni comincia ad emergere materiale anche documentario che il boss portava con se. Segno che quando gli investigatori sapranno analizzarlo qualcosa di più certamente, verrà fuori. Il dubbio che la mafia attuale lo abbia “scaricato” in un certo senso è molto forte e prima che  personalmente me lo tolga dalla testa ci vorranno notizie vere delle complicità di cui lui ha goduto.

Parliamoci chiaro: essendo il capomafia di un’intera provincia c’è una rete di protezione nella sanità privata, nelle ditte di movimento terra, negli appalti pubblici per le pale eoliche, nelle gare o nelle trattative per l’acquisizione di centri commerciali. Tutte occasioni per riciclare enormi quantità di denaro provenienti dal traffico di droga. Ora se , come io mi auguro, verranno fuori i nomi di questi “borghesi imprenditori al servizio del boss” e non semplicemente alcuni strettissimi collaboratori di questo mafioso, allora questa indagine sarà credibile.

Diversamente, se solo pochi pesci piccoli saranno oggetto dell’indagine allora continuerò a nutrire molti dubbi. Cioè se gli inquirenti hanno davvero voglia di scoperchiare la pentola delle forze massoniche che hanno aiutato la mafia in questa area della Sicilia, allora questa indagine è credibile fino in fondo. Ma se questo non avverrà e ci si limiterà a colpire poche persone nella cerchia più fidata del boss allora tutti i dubbi che ho rimarranno. Perché se si vuole fare luce sull’economia “legale” di cui la mafia può godere e la si vuole portare allo scoperto con nomi e cognomi di medici, professionisti, avvocati, politici e quant’altro allora lo stato dimostra di voler fare sul serio. Il sequestro di due cellulari e di altro materiale  che il boss portava con se potenzialmente può portare alla scoperta dei fiancheggiatori occulti che per quanto mi riguarda si annidano nelle lobby massoniche locali. Ora non so dire se sia giusto usare il termine di “massonerie deviate, o meno”, ma mi pare che non faccia molta differenza.

Solo questo tipo di associazioni segrete può disporre di collaborazioni che spaziano in tutti i campi della società, proprio perché gli affiliati a questo tipo di associazioni fanno parte  tutti i livelli dei gruppi dirigenti di una comunità sociale.  Quindi per il momento accetto di dare fiducia con riserva al lavoro che gli inquirenti stanno facendo perché mi pare genuino e degno di tutta la mia ammirazione e stima. Ma l’indagine deve tirare fuori i nomi grossi quelli veri di chi lo ha protetto. Se gli inquirenti avranno questo coraggio e questa capacità che  a mio avviso può portare sino ai massimi livelli della politica siciliana e anche a certi livelli di politica romana. Pensando quindi al generale carlo Alberto Dalla Chiesa, ai giudici  Falcone e a Borsellino che sono i veri padri di questa indagine io voglio accordare la mia totale fiducia negli attuali inquirenti, ma mi aspetto che si abbia il coraggio di non guardare in faccia a nessuno. Esattamente come ha dichiarato il magistrato Di Matteo che conosce benissimo sia la mafia che l’humus borghese delle province siciliane occidentali.