Milano-Cortina, i giochi del “tengo famiglia”: tutte le intercettazioni, da Draghi a Presta passando per La Russa

TUTTE LE INTERCETTAZIONI – Malagò, presidente del Coni, disse: “La Draghi, di tutto il resto fregatene”. E così la nipote dell’ex premier scalzò la sorella del manager Presta

(DI DAVIDE MILOSA – ilfattoquotidiano.it) – Un decreto legge del governo Meloni che va oltre le “leggi ad personam”, e ancora “scelte imposte dal Comitato internazionale olimpico” e “plurimi fenomeni clientelari”. L’inchiesta della Procura di Milano sulla Fondazione Milano-Cortina 2026 è un vaso di Pandora che si è aperto ieri in modo inaspettato durante la prima udienza davanti al Tribunale del Riesame, ricorso da Massimiliano Zuco, ex dirigente della Fondazione e indagato per corruzione e turbativa d’asta assieme all’ex amministratore delegato Vincenzo Novari e all’imprenditore Vincenzo Tomassini, per una gara sulla sicurezza digitale da oltre 1,9 milioni vinta dalle società di Tomassini.

Molti i piatti sul tavolo. Primo su tutti, una guerra aperta tra la Procura di Milano e il governo. Un conflitto, si legge anche negli atti depositati ieri dai pm, che nasce dal decreto legislativo per specificare come la Fondazione Milano-Cortina sia un ente di natura privata e non pubblica come invece ritengono i pm di Milano. Lo vedremo. Proseguendo nel menù, quella parentopoli accennata con un fascicolo stralcio a modello 44 per abuso d’ufficio e senza indagati. Che tale resta, al netto dei nuovi atti. Verbali e intercettazioni, infatti, spiegano in presa diretta come in Fondazione, anche durante la gestione Novari, furono pilotate le assunzioni di vertice. Da Livia, la nipote dell’ex premier Mario Draghi, a discapito della sorella del dirigente Rai Lucio Presta, a Lorenzo, figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa. A far da timone nel risiko della parentopoli, le intercettazioni e le parole di Lara Carrese, già responsabile delle risorse umane e non indagata.

Dell’assunzione dei parenti di potenti, era nota quella di Lorenzo Cochis La Russa. Quel che mancava era il come La Russa jr lavorasse in Fondazione. Carrese ai pm: “Non ho mai capito di cosa si occupasse in fondazione”. E ancora: “La produttività del personale si monitorava con il completamento dei progetti di lavoro che dovevano essere ultimati entro determinati termini (…). La situazione cosi concepita concedeva al personale poco diligente di imboscarsi. Vi era la situazione di tale La Russa Lorenzo, che non ho mai capito di cosa si occupasse in Fondazione e che vedevo raramente al lavoro, il quale, a fine 2021, si candidò e fu eletto come rappresentante civico nel consiglio comunale di Milano. Ciò ha fatto sorgere dei dubbi”.

Rispetto al destino lavorativo di Livia Draghi ne farà le spese invece la sorella di Lucio Presta. Sotto l’amministrazione Novari, la nipote di Draghi viene assunta con contratto a tempo indeterminato nel marzo 2020, 63 mila euro l’anno e, scrive la Gdf, “con l’aggiunta di benefit: rimborso integrale di biglietti aerei e ferroviari per la tratta Milano-Roma, andata e ritorno, per 3 mesi dall’inizio del rapporto, Sim e portatile aziendale”. A far da corollario, l’intercettazione tra Novari e la compagna. Novari rispetto all’assunzione di Livia Draghi riferisce le parole del presidente del Coni Giovanni Malagò: “Stai a sentì – dice Malagò a Novari – la Draghi, fregatene di tutto il resto”.

Novari poi aggiunge: “Era stata la Draghi che non aveva voluto che entrasse lei”. Carrese poi mette a verbale il modus delle assunzioni in Fondazione: “Il personale interessato alle posizioni lavorative di Fondazione (…) era (…) individuato da Novari (…) e Giovanni Malagò senza che venisse resa pubblica l’instaurazione di una procedura di assunzione.

In pratica se la Fondazione aveva l’esigenza di coprire una posizione lavorativa Novari e Malagò proponevano, in via prevalente, loro conoscenti ed ex collaboratori”. Aggiunge Carrese: “Era (Novari, ndr) che decideva tutto. Mi sono trovata imbrigliata in questa schifezza”. E poi altre tre intercettazioni, decisive secondo la Procura, per definire la Fondazione Milano-Cortina ente pubblico. Da qui ripartiamo. Il 21 maggio, subito dopo le perquisizioni, in Procura fu spiegato che le prime acquisizioni “inducono a ipotizzare” che l’ente “Comitato organizzatore dei giochi olimpici, sebbene si qualifichi, in forza di una norma di rango primario, come ente non avente scopo di lucro e operante in regime di diritto privato, in realtà abbia una natura sostanzialmente pubblicistica, perseguendo uno scopo di interesse generale, con membri, risorse e garanzie dello Stato e di enti locali”. La Fondazione Milano-Cortina 2026 è controllata da Coni, Regioni Lombardia e Veneto, Comuni di Milano e di Cortina, e dal 2022 anche da Presidenza del Consiglio e Province di Trento e Bolzano. L’11 giugno, però, ipotizzando il rischio che i giochi potevano saltare, il governo vara un decreto legge di “interpretazione autentica” per spiegare come “le attività svolte dalla Fondazione non sono disciplinate da norme di diritto pubblico”. E questo nonostante le tre intercettazioni di manager non indagati, secondo i pm, facciano capire che anche all’interno della Fondazione molti pensino che l’ente abbia natura pubblica. Ieri in aula davanti ai giudici del Riesame i pm hanno sostenuto che il decreto legge è di una gravità “inaudita” e “illegittimo”, perché è una legge intervenuta, mentre è in corso un procedimento penale, e che vuole togliere alla magistratura la “prerogativa” della interpretazione delle leggi. Un decreto va ben oltre “le leggi ad personam”.

Il 29 aprile, circa un mese prima delle perquisizioni, un legale interno della Fondazione discute con un manager del settore digitale sull’ingresso, oltre di Deloitte, anche di un secondo sponsor, la cinese Alibaba. E su questo si pone un problema di sicurezza, tanto da dire: “C’è comunque attività di interesse nazionale (…) Per quanto ci ostiniamo a dire che non perseguiamo l’interesse generale, però (…) ahah”. Sul tema sicurezza, il giorno dopo altro manager: “Chiedono a me i requisiti (…) ma quali sono i requisiti? I requisiti sono i requisiti del cloud della Pa di un Paese europeo”. Sul fronte delle garanzie ai fornitori: “Noi non siamo privati, noi siamo pubblici, io non l’ho mai visto fare da un privato la gara”. A chiudere, “emerge che (…) scelte fatte dai vertici, come l’individuazione di Deloitte (…) sembrano essere state imposte dal Cio”. Tra i dirigenti, scrive Gdf, anche Luigi Onorato, assessore allo Sport di Roma Capitale. A chiusa, una telefonata del 22 maggio tra l’ad Andrea Varnier (non indagato) e un suo collaboratore. Varnier: “Noi non abbiamo contattato Deloitte per fa sti servizi, i servizi li ha contrattati il Cio e a noi ce li ha imposti”. Il giorno dopo l’interlocutore di Varnier con un amico: “Ricordamose che poi il Cio, brutto, sporco e cattivo sempre sette piotte te dà perché de questo non ci dobbiamo mai dimenticare”.