Milano. Grattacieli Puliti. È partito tutto da un cortile come col mariuolo Chiesa

È partito tutto da un cortile come col mariuolo Chiesa

di Gianni Barbacetto

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Ad Antonio Di Pietro dobbiamo riconoscenza eterna per aver scoperchiato il sistema di Tangentopoli su cui si era sdraiata la Prima Repubblica e per aver subito anni di attacchi forsennati da chi non riusciva proprio a perdonarglielo, anche dentro la Seconda Repubblica. Possiamo dunque capire che, a tanti anni e a tanti chilometri di distanza, oggi possa vedere sfuocato ciò che succede in una metropoli che non è più quella che ha conosciuto nei tempi della Milano da bere e possiamo anche comprendere l’ingenerosità con cui giudica il lavoro odierno dei colleghi della sua (ex) Procura.
Milano non è poi così male, dice in una insidiosa intervista sul Foglio, giornale posseduto da un immobiliarista evidentemente impegnato a difendere la lobby degli immobiliaristi. L’ex magistrato difende oggi “lo sviluppo di Milano, lo slancio urbanistico, l’efficienza amministrativa, l’attrattività economica”.

E critica le indagini sull ’urbanistica: “Mi pare l’ennesima inchiesta fondata sul metodo della pesca a strascico. Non si indaga su un reato, ma su un intero fenomeno”: proprio l’accusa che hanno rivolto (e continuano a rivolgere) a lui per Mani Pulite. Il Foglio, anche andando oltre le sue parole, usa Di Pietro per riproporre il solito armamentario della propaganda anti-magistrati. Invece Grattacieli Puliti ha molte più somiglianze con Mani Pulite di quanto Di Pietro non riesca a vedere.

Nel 2023, una sconosciuta magistrata arrivata da Palermo, Marina Petruzzella, apre una piccola indagine su un palazzo costruito dentro un cortile. Piccola cosa, come piccola era la mazzetta trovata da uno sconosciuto Di Pietro sulla scrivania di Mario Chiesa il 17 febbraio 1992. Il capo della Procura, Francesco Saverio Borrelli, ipotizza di chiudere l’indagine entro pochi mesi. Invece Di Pietro fa finta di dimenticarsi le scadenze della procedura e interroga gli imprenditori che avevano lavorato per Chiesa. Ognuno gli racconta tante altre mazzette pagate e l’inchiesta in pochi mesi diventa una costellazione di indagini che arrivano a mostrare un sistema, a cui fu dato il nome di Tangentopoli.

Tra il 1992 e il ’93 ci furono politici, amministratori e soprattutto imprenditori che corsero da Di Pietro e colleghi a raccontare decine, centinaia di tangenti, in un clima politico drammaticamente ostile. Stessa ostilità (anche dei giornali “di sinistra”) per il pool che il procuratore Marcello Viola crea per Grattacieli Puliti: a Petruzzella si uniscono Maurizio Clerici e Paolo Filippini, coordinati dal procurato re aggiunto Tiziana Siciliano.

Molto più complicato il loro lavoro: nessuno bussa alla loro porta a confessare patti segreti. La prima fase individua singoli reati urbanistici: lottizzazioni abusive, abusi edilizi. Ma, inchiesta dopo inchiesta, i giudici delle indagini preliminari non solo danno sempre ragione alle ipotesi d’accusa, ma dispongono anche i sequestri di documenti, telefonini, computer, necessari per ricostruire i rapporti tra i protagonisti delle singole indagini: dirigenti del Comune, progettisti, costruttori. Sono soprattutto le chat e i messaggi di posta elettronica a dimostrare i conflitti d’interesse e gli accordi segreti contro le procedure. Inizia così, nel novembre 2024, la seconda fase dell ’inchiesta: alcuni degli indagati per reati urbanistici si rivelano “facilitatori ”. Riescono a ottenere permessi comunali rifiutati invece ad altri loro colleghi: in forza di rapporti “speciali” con dirigenti degli uffici urbanistici e con la Commissione paesaggio, che si rivela la “cupola”dove si decidono gli affari immobiliari milanesi.

Scatta l’accusa di traffico di influenze. Indagine dopo indagine, senza alcuna “pesca a strascico”, si arriva alla terza fase, nel marzo 2025, quando il pool Grattacieli Puliti comincia a chiedere arresti e a contestare anche accuse di corruzione. La tangente è quella “ingegnerizzata ” (il termine lo inventò Di Pietro nel 1992), senza più le poco eleganti buste piene di contanti o le valigette della Prima Repubblica: sono cool come la nuova Milano place to be: incarichi dei costruttori a progettisti che, in veste di componenti della Commissione paesaggio (dunque pubblici ufficiali) dicono sì ai progetti; in veste di liberi professionisti incassano la riconoscenza dei costruttori che li premiano – secondo i calcoli della Guardia di finanza – con incarichi per 3,9 milioni di euro.

È il Sistema Milano, la radiografia della nuova Milano da mangiare. Ma costruita passo dopo passo, chat dopo chat, incarico dopo incarico, su singole contestazioni a singoli indagati. Con uno sviluppo dell’indagine con la stessa struttura “a grappolo” che fu di Mani Pulite. Il risultato è la fotografia giudiziaria della “cricca”degli affari immobiliari milanesi.“Colpevolizzazione degli affari e dei profitti”, come sostiene il Foglio e tanti osservatori interessati, di destra e di sinistra? No, contestazione di singoli affari realizzati violando le leggi, aggirando la trasparenza, uccidendo il libero mercato. Consegnando le scelte sullo sviluppo della città, che dovrebbero essere prese da amministratori pubblici in nome del bene comune, a un centinaio di persone che decidono nei loro uffici privati dove, come, quanto costruire in città.
Avendo la pazienza di leggere le (ormai) migliaia di pagine dell ’inchiesta milanese, chiunque, purché sia in buona fede, potrà vedere chiaramente che a Milano, che pure è il primo mercato ittico d’Italia, non si fa “pesca a strascico”.