Mimmo Lucano, una vittoria annunciata

Mimmo Lucano, una vittoria annunciata

di Francesco Cirillo

La sentenza che di fatto assolve Mimmo Lucano è una vittoria di tutti coloro che credono ancora nella solidarietà, nella fratellanza e nell’accoglienza vera e pura. Non è solo la vittoria di 17 innocenti nel vero senso della parola, tradotti nella macchina del fango dalla furia repressiva di governi apertamente contro qualsiasi forma di accoglienza verso coloro che provengono da paesi in guerra, ridotti alla fame, perseguitati a vario titolo.

Prima fu il Ministro Minniti, poi continuò Salvini assieme a Di Maio, ma dietro loro tutta quella macchina da guerra infernale fatta da magistrati corrotti dalla politica, forze dell’ordine asservite ai poteri forti, esponenti di partiti reazionari anche se travestiti da democratici e di sinistra. Altro che la Apostolico che appalude sotto la nave Diciotti a Catania, qui si tratta di pezzi dello stato asserviti ai poteri forti che vorrebbero un’Italietta anni venti con tanto di sfilate di balilla sotto il balcone di Piazza Venezia.

Quello che si è costruito contro Mimmo Lucano e la sua gente ed il suo progetto è qualcosa di indicibile e davvero drammatico per chi crede ancora in un barlume di giustizia ed equità. La sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria con la presidente Elisabetta Palumbo non ha fatto altro che leggere quello che già c’era scritto non nelle carte della difesa ottima degli avvocati Pisapia e Dacqua, ma nelle 900 e più pagine redatte dallo stesso ex Procuratore di Locri Luigi D’Alessio che ha imbastito tutto il processo. Leggendo le sue stesse carte d’inchiesta si notavano fortemente le forzature, le contraddizioni, i rapporti delle visite ispettrici inconcludenti, le intercettazioni nulle e inutili se non inutilizzabili, e appunto leggendole veniva fuori un quadro inconsistente di reati.

Non una sola prova dell’appropriazione indebita di danaro, non una sola prova dei famosi due milioni spariti che lo stesso procuratore di Locri dichiarò in un’intervista essere finiti nelle mani di Lucano, non una sola prova sugli altri 16 imputati a vario titolo essere responsabili di gestire scuole, associazioni, cooperative. Un quadro giudiziario farlocco sin dall’inizio costruito a tavolino per distruggere una risposta seria al problema dell’immigrazione. Una risposta reale all’”invasione” tanto annunciata dalla Meloni e Salvini, e dall’ex ministro piddino Minniti che andò a firmare trattati con i signori della guerra della Libia autorizzando di fatto prigioni lager e luoghi di tortura in quella nazione devastata dalla guerra civile.

Non potevano reggere tutte queste falsità nelle mani di un qualsiasi magistrato giudicante onesto, fedele al crocifisso dietro alle spalle e  al detto  “La legge è uguale per tutti”.  E l’onestà di Mimmo l’avevano dimostrata, non solo i suoi avvocati, ma uomini di fede come Padre Alex Zanotelli, padre comboniano e Monsignor Bregantini e uomini dal passato limpido come Peppino Lavorato, anziano comunista, che con i suoi 85 anni ha seguito passo passo tutta la vicenda umana di Mimmo standogli costantemente vicino. Come gli fu sempre vicino fino alla sua morte nell’agosto del 2018 Mario Congiusta, un combattente contro la mafia di Siderno. E così tanta altra gente semplice, studenti, insegnanti, semplici artigiani che da tutta Italia andavano a Riace solo per abbracciarlo o stringergli la mano.

Certo, questa assoluzione anche se non totale per Mimmo, condannato per abuso d’ufficio per una delibera ritenuta errata su 57 controllate e messe sotto la lente d’ingrandimento, ma totale per le altre persone non gli ridarà il sogno spezzato della sua Riace e il dramma umano da lui passato. Ricordiamolo che Riace venne rasa al suolo letteralmente così come oggi si fa su Gaza. Mimmo Lucano nel 2018 venne prima messo agli arresti domiciliari e poi esiliato dal suo paese impedendogli finanche di partecipare alla campagna elettorale delle amministrative nel suo paese che permisero per una manciata di voti la vittoria di una lista leghista.

I veri ‘ndranghetisti della Locride vivono  tutti nelle loro megaville e se vengono inquisiti lì restano e così tanti altri veri delinquenti in tutta Italia. Ricordiamo il tam tam mediatico contro Lemlem, una mediatrice culturale proveniente dall’Eritrea con un barcone e figli al seguito che venne messa alla gogna prima perché donna e poi perché collaboratrice delle cooperative operanti in Riace. Ma la magistratura inquirente quando si muove fa terra bruciata ed in Calabria non è la prima volta che si alzano polveroni su persone innocenti ma che fanno attività politicia alla luce del sole.

Avvenne nel 2002 quando la magistratura cosentina imbastì un enorme processo ai no global con centinaia di perquisizioni in tutta la regione e l’arresto di 13 attivisti. Vennero tutti assolti dopo circa dieci anni. E avvenne anche a Padre Fedele, frate riconosciuto in tutta Italia per la creazione dei un ‘Oasi per i poveri che fece gola alle gerarchie ecclesiastiche che imbastirono anche loro un processo per defenestrarlo e prendersi l’Oasi. Anche in quel caso il tam tam mediatico fu travolgente e portò all’arresto del frate per poi vedersi riconosciuta l’innocenza. Ma alle spalle di tutti restano le macerie e la giustizia diventa una mera consolazione. Riace è stata distrutta, qualcosa Mimmo Lucano è riuscita a tenerla ferma ed accesa, ma quel modello non esiste più. Si ricomincerà, perché Mimmo è “capatosta” e quel che conta è che l’attivismo sociale attorno a lui è rimasto intatto e proprio per questo è pronto a ricominciare con altri mezzi e altre modalità.