Catanzaro, modalità massomafia. Il mondo al contrario della curia: denaro e preghiera

La storia ribussa sempre, ritorna di nuovo a quella porta che ha aperto a tutti la conoscenza che Catanzaro è la città della massomafia. La via ed il numero civico è quello di Basso profilo, l’ingresso della narrazione di una città non conosciuta, il crocevia di interessi complessi spesso non narrabili, dove tutto trova una composizione e dove tutti sono invitati alla tavola della massomafia, quella della spartizione.

Sacerdoti, magistrati, avvocati, consiglieri comunali e regionali, assessori, sindaci, imprenditori, professionisti ed i mafiosi di terra calabra, gli ‘ndranghetisti. Al gran ballo della massoneria ci sono tutti, non manca proprio nessuno. In fondo, una loggia non si nega a nessuno. Insomma, tutti pazzi per il grembiule. Questo spaccato che rappresenta compiutamente la città sonnolenta e sorniona di Catanzaro – città della massomafia – scoperto per l’iniziativa della Dda guidata da Nicola Gratteri, era stato delineato, per grandi ambiti, dalla relazione della Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi, che aveva disvelato le commistioni e gli intrecci tra massoneria e mafie, un viaggio nel lato oscuro della massoneria italiana. Un mondo di mezzo nel quale boss ed insospettabili professionisti, padrini e rispettabili imprenditori, criminali e politici, sacerdoti lavoratori della vigna del Signore e atei conclamati, si scambiavano favori ed appoggi. Tutto questo ed altro, sono gli accessori di serie e non optional della nuova autovettura a più posti, del sistema Catanzaro.

Anche a Catanzaro, in linea con i risultati dell’indagine della Commissione Antimafia, fra i soggetti segnalati vi sono, come risulta dall’anagrafe tributaria, numerosi dipendenti pubblici. Le categorie professionali prevalenti sono quelle dei professionisti, come avvocati, commercialisti, medici e ingegneri. Presenti pure in numero rilevanti i soggetti impiegati nel settore bancario, farmaceutico e sanitario, nonché imprenditori nei più diversi settori, in primis quello edile e sanitario. Così pure, non mancano coloro i quali hanno rivestito e rivestono cariche pubbliche e numerosi prelati della Chiesa cattolica. Non stupisce peraltro che molti degli aderenti alle logge, fatto volutamente disconosciuto dai gran maestri giusto per non ammettere la permeabilità delle obbedienze rispetto a infiltrazioni criminali, pur non potendo essere iscritti per reati di mafia in senso stretto, restano invece, indagati o condannati per altri reati, taluni certamente di non minore gravità. Come a dire: attenzione, i massoni identificati per reati di mafia, potrebbero aumentare sensibilmente se si sommassero a questi i massoni con precedenti per corruzione, abuso d’ufficio, reati economici e tributari. Tutti reati spia di una criminalità mafiosa che si insinua nei centri di potere locali: municipi, assessorati, aziende sanitarie, assemblee regionali e provinciali, come hanno reso noto le indagini della Dda di Catanzaro e l’assedio costante messo in atto dal procuratore Gratteri.

Infatti a Catanzaro, la città della massomafia, il sistema si avvale di numerosi gruppuscoli più o meno noti, più o meno legali, fatti di numerose piccole obbedienze, con dichiarate finalità lecite, considerate alla stregua di massonerie irregolari o di logge spurie.  Si segnala che esistono canali di dialogo tra queste entità associative e la massoneria regolare o falsamente regolare, infatti accade spesso che a Catanzaro gli iscritti alla massoneria, alla libera muratoria, sono contemporaneamente iscritti ad altre forme associative: dei Rotary, dei Lions, dei Kiwanis ed altre che si nascondono dietro l’ombrello del sociale o dell’impegno ambientale.  In queste associazioni i massoni di varie obbedienze – ed è l’unico posto dove avviene – si incontrano. Quindi, sarebbe ancora più interessante – è un suggerimento che diamo alla Dda del dottore Gratteri -, analizzare queste realtà, perché sono le uniche realtà all’interno delle quali la massoneria irregolare e regolare va a incontrarsi. Spesso, quindi, i presentatori incontrano i presentati all’interno del Rotary o del Kiwanis ed altre formule. Molti iscritti alla massoneria ne sono presidenti. In questo mondo di mezzo, il grigio che è stato scoperto ormai anche nella città di Catanzaro, le obbedienze minimizzano e a volte persino negano la presenza di massoni “problematici” all’interno delle logge, quella infiltrazione mafiosa che non è mai esplicitata nei documenti formali e, meno che mai, viene decretata la chiusura delle logge infiltrate. Piuttosto vengono utilizzati l’espediente della “morosità degli iscritti”, dello stato di “sonno” o questioni di mero rito massonico. Questa è la realtà del mondo della massomafia nella città di Catanzaro.

Ma c’è un’altra caratteristica che differenzia e qualifica il valore della massomafia nella città del sistema Catanzaro. E’ la complicità della Chiesa locale, la curia di Catanzaro dove si obbedisce al dogma dell’inumanità e del mercato, quella che a tutti gli effetti è la terza gamba del sistema Catanzaro, dove operano in alleanza massoni armati di compasso e prelati armati di bastone, il bastone del vescovo, il pastorale.

Tutte queste cose io te le darò, se, prostrandoti, tu mi adori”. (Matteo 4,9)

Ciliberti e Bertolone

Per capire dobbiamo risalire alla storia della curia catanzarese degli ultimi due lustri: dove preti manipolatori del Verbo, che non parlano del Vangelo, evangelizzano il “semolino” della buona morale, quella comoda a loro ed ai loro interessi. Preti che, in un esagerato volemose bene, garantiscono il quieto vivere dei pavidi del cristianesimo che hanno dimenticato l’aristocrazia del martirio, l’agonismo nel combattere il contemporaneo, perché Cristo è per tutti e non si aggioga né a Roma, né al Sinedrio… tutto il resto è fallimento, dove tenere il piede in due scarpe, camminare a sinistra. Ecco perché la Chiesa a Catanzaro è postulatrice di massomafia, secondo la formazione teologica: silenzio e omertà.

Ut quietam est peccati fautores”, tacere è essere complici.

E’ su questa forma di obbedienza alla cieca che la Chiesa, la curia di Catanzaro, fonda il suo potere, che prima di essere spirituale è temporale: la controcultura del Vangelo e l’inverno della legalità. Da qui ricomincia il lungo racconto, sul mondo al contrario in modalità massomafia della curia catanzarese, che si rivela più bastardo in pandemia Covid-19.

Dove c’è una Chiesa che ripone le sue speranze nella ricchezza non c’è Gesù”, così ha commentato in questi giorni Papa Francesco, ma il monito ed il richiamo di Francesco vola, come sempre, alto sul cielo di Catanzaro, dove il sistema sapientemente coniuga Vangelo e santini con compasso e grembiule, per la difesa ed il mantenimento di un altro apostolato, più redditizio: quello del mattone e del forziere. Troppi sono i preti adoratori del “signore denaro” – altro richiamo di Papa Francesco – e palazzinari senza regola, che usano istituzioni presuntamente caritatevoli per accrescere un potere personale, solo perché appartenenti al “clan” del vescovo e quindi, immortali ed intoccabili. Troppe sono le “fondazioni” che gestiscono le imprenditorialità della curia, dalla sanità al sociale, delle quali alcune in “zona rossa” come Fondazione Betania – sulla quale ritorneremo – ed altre da “sempre” in area tranquilla per una facilitazione delle erogazioni, gestite e controllate in forma delegata, ma senza delega, grazie alle simpatie delle sacre stanze della curia.

A ben guardare quelli che circolano intorno al malloppo sono sempre gli stessi, ricordati anche in Basso profilo, ma anche autori di disastri ormai annunciati non senza responsabilità personali, che però salgono gli scaloni d’onore, ostentando senza alcuna vergogna il “potere” della curia di Catanzaro, fatto della scenografia dei paramenti e del peso del denaro. Le manifestazioni del potere esercitato ed operato attraverso gli “status symbol”.

Il giacimento petrolifero, il collettore di risorse per i “preti leali e fiduciari” del vescovo, ha un suo nome certo ed una gestione, alquanto opaca, nelle mani di don Roberto Celia, è la Caritas diocesana. Ecco perché noi cercheremo di fare parlare il silenzio, quello sospetto e massomafioso della curia cittadina, andando all’osso della questione.

E’ anche attraverso la Caritas diocesana che passano i fondi che la curia di Catanzaro riceve nella ripartizione di fondi dell’8 x mille. Quelli che nelle annualità 2019/2020 nel bilancio inframensile ammontano a circa 1.250.000 euro,  con i quali assolte le spese per il sostentamento del clero, il culto e la pastorale, l’altra metà, circa, viene spesa per spese di carità ed attività connesse. Ecco che sorge la domanda delle domande: di chi è la discrezionalità che determina l’approvazione dei progetti finanziati dalla Caritas diocesana? I progetti approvati devono avere uno spiccato valore sociale o soltanto sacerdoti “padrini” di alto rango nella curia di Catanzaro?

Comprendiamo che essendo un fatto interno alla curia di Catanzaro, quella della liturgia del tacere ed omettere, la nostra domanda potrebbe avere l’interpretazione dei complottisti, quelli votati ad indossare la cintura esplosiva, sempre e comunque. Non è così! La nostra è semmai una richiesta pubblica di trasparenza per capire, se all’interno della Caritas della diocesi di Catanzaro-Squillace c’è una visione competitiva e produttiva nell’uso dei fondi dell’8 x mille, oppure, come ci viene detto, c’è una regia ed una gestione monopolista dei fondi in uso per le attività di valore sociale. Detto così potrebbe significare tutto e niente.

La verità sembra essere un’altra, quella del monopolio che ormai da anni è la regola nell’uso dei fondi della Caritas diocesana, con il silenzio e la complicità del vescovo Bertolone, perché chi governa, comanda e dispone è un suo “fedele” sacerdote appartenente alla corte della curia di Catanzaro, non un semplice figurante, uno dei tanti operatori sociali che non avendo la “protezione” ecclesiale, è sempre escluso da una possibilità, quella di fare sul serio “sociale” sul territorio della diocesi di Catanzaro-Squillace. Non ci si dica e soprattutto non lo dica il vescovo che quanto diciamo non è vero. Perché la risposta sta nelle manifestazioni di dissenso, anche forti, di cui proprio Bertolone è stato latore ed oggetto e che sono state risolte in modo misericordioso: mettendo alla porta chi, giustamente protestava…

Queste sono le proteste e le nebbie che avvolgono la curia di Catanzaro, dove affari, potere e massomafia sono le regole condivise dei “cortigiani” del vescovo, che governano la Chiesa, che dispongono sul futuro dei tanti lavoratori e malati, che restano dietro le quinte: i dominus benedetti del sistema Catanzaro. La misericordia non brilla per come non ha realmente brillato in tema di risposta alla povertà del Covid da parte della Caritas e della curia, fatte salve le iniziative di tante parrocchie – le solite – i cui sacerdoti nell’apostolato autentico del Vangelo, sono sempre quelli delle terze o quarte file, lontane dai proseliti della banda del vescovo e dalla benedizione del denaro, scevri dai giochi di palazzo. Quegli agguati alla missione autentica la stessa di quanti, hanno saputo protestare, ricevendo dopo i fondi per le azioni sul sociale e che il vescovo Bertolone non ha potuto ignorare, dopo aver consumato lo sgarbo di mancata ospitalità, solo perché il rinculo sarebbe arrivato diretto e devastante nelle stanze dei Sacri Palazzi, dove storie personali ed impegni concreti, pesano e diventano dirimenti rispetto al valore autentico degli stemmi vescovili, senza il contributo delle complicità e della massomafia.

Questa è la verità seria, che non si presta alla logica del braciere. Ma c’è un’altra opportunità che concediamo per smentire il dissapore ed il disgusto che ormai accompagna l’azione della curia di Catanzaro, quello di rendere pubblici i rendiconti della curia stessa, di rendicontare in modo analitico e pubblico l’uso dei fondi dell’8 x mille e dei progetti finanziati dalla Caritas diocesana.

La Caritas diocesana ci viene descritta come un grattacielo di illegalità, regno incontrastato e protetto dal  vescovo Bertolone, di padre Piero Puglisi, presidente della Fondazione Città Solidale e palazzinaro riconosciuto.

E’ lui che governa concretamente i fondi pubblici erogati dalla Caritas, quelli che stranamente vanno a beneficio delle sue tante strutture di assistenza alla povertà e di accoglienza ai migranti, tramite i fondi dell’ambito carità. La fetta più grossa è sempre la sua, senza tema di smentita, mentre tutti gli altri, che presupponiamo abbiano eguali professionalità, si devono accontentare delle briciole, quando restano.

Qui la storia si ingarbuglia e chiama in causa la curia di Catanzaro, che in una distrazione voluta consente gli “affanni di onnipotenza” di padre Puglisi, che è al momento il vicepresidente della Fondazione Betania, la gallina dalle uova d’oro della sanità catanzarese. Un’altra fondazione di proprietà della curia, che sembra essere diventata “sterile”, almeno nel suo futuro, per l’attività non certo di ricostruzione del suo Consiglio d’Amministrazione, dove fra un presidente, Monsignor Maurizio Aloise “nuovo” vescovo (nella diocesi di Rossano-Cariati, sullo Jonio cosentino) dalle possibili responsabilità imbarazzanti ed un vicepresidente, padre Piero Puglisi missionario palazzinaro, vede un futuro triste e pericoloso, per tutto quello che stiamo conoscendo e per le responsabilità, anche penali, diffuse che investono la curia e quanti sono i reali vampiri.