Placido Antonio Scriva, Domenico Morabito, Domenico Antonio Mollica, Giouseppe Velona’, Salvatore Ligato, tutti esponenti di vertice del gruppo laziale della ‘ndrina Morabito-Mollica-Palamara-Scriva, originaria di Africo (RC) e insediatisi a nord della provincia di Roma a partire dagli anni ’80. Sono loro i destinatari del maxi sequestro del valore di oltre 120 milioni di euro, eseguito stamattina dalla Polizia di Stato.
In una nota, la Polizia di Stato precisa che l’approfondita attività investigativa, durata 8 mesi e svolta dal personale del Settore misure di prevenzione patrimoniali della divisione Polizia Anticrimine, coordinati dalla dottoressa Angela Altamura, ha ripercorso “la carriera criminale” ed ha analizzato le posizioni economico-patrimoniali dei proposti, dei rispettivi nuclei familiari e di numerosi terzi, evidenziando una notevole sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati o l’attività economica svolta. “E’ opportuno sottolineare – precisa la Polizia – l’elevatissimo spessore criminale dei cinque proposti, tre dei quali condannati in via definitiva per associazione di tipo mafioso. Le attività illecite cui si sono dedicati riguardano i più risalenti sequestri di persona a scopo di estorsione, il traffico di stupefacenti e di armi, nonché i più recenti delitti di estorsione, usura e di intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso”.
I rilevanti interessi imprenditoriali sono emersi, oltre che a Roma, a Rignano Flaminio, Morlupo, Sant’Oreste, Capena, Castelnuovo di Porto, Campagnano e Sacrofano, con investimenti immobiliari in Alghero (SS), Rocca di Cambio (AQ), Genova, Bruzzano Zeffirio (RC) e Faleria (VT).
“Sono state accertate – sottolinea la nota – pesanti infiltrazioni in molteplici settori produttivi tramite interposti fittizi, tra cui Massimiliano Cinti, nipote del noto boss romano e il cassiere della ‘Banda della Magliana’ Enrico Nicoletti“.
Tra i settori economici di diretto riferimento sono risultati quelli della distribuzione all’ingrosso di fiori e piante; della vendita di legna da ardere; dell’allevamento di bovini e caprini; bar-gastronomia e commercio di preziosi e gioielli, mentre attraverso prestanome sono penetrati nel settore della grande distribuzione attraverso supermercati della catena ‘Carrefour’; in quelli edilizio-immobiliare, della panificazione, della vendita di prodotti ottici e dei centri estetici.
Nell’operazione di maxi sequestro rientrano in particolare: 173 immobili, situati a Roma, Rignano Flaminio, Sant’Oreste, Morlupo, Capena, Castelnuovo di Porto, Campagnano Romano, Riano, Grottaferrata, Faleria (Vt), Rocca di Cambio (Aq), Alghero (Ss), Genova e Bruzzano Zeffirio (Rc); 38 quote societarie e ditte individuali; 40 complessi aziendali di cui 7 supermercati; 4 allevamenti di bovini, bufalini, ovini e cavalli; 38 veicoli tra cui una Ferrari F 131 ADE; 1 contratto di rete di imprese e fondo patrimoniale finanziato dalla Regione Lazio di 100 mila euro; titoli per l’erogazione di aiuti all’agricoltura finanziati dall’Unione Europea; oltre 1.000 rapporti finanziari; gioielli e preziosi il cui valore deve essere periziato, contenuti in 3 cassette di sicurezza gia’ sottoposti a sequestro preventivo ex art. 321 cpp.; assegno circolare di 90 mila euro; dispositivi informatici (personal computer, tablet, telefoni cellulari ecc.).
Ci sono anche una gioielleria, una Ferrari, e ben 40 aziende tra cui sette supermercati, uno di questi nel quartiere Salario nella Capitale, tra i beni coinvolti nel maxi. Per chi indaga avrebbero replicato il modello della ‘Ndrangheta a nord di Roma, impossessandosi di pezzi di economia quando imprenditori in difficolta’ economiche si rivolgevano a loro per avere liquidita’.