‘Ndrangheta, arrestato a Genova il latitante Pasquale Bonavota

Pasquale Bonavota, 49 anni, ricercato inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità, è stato arrestato nella mattinata di oggi, 27 aprile, a Genova. L’arresto arriva a conclusione di articolate indagini condotte dal Ros e dai comandi provinciali Carabinieri di Vibo Valentia e Genova. Le indagini sono state dirette dalla Procura della Repubblica-Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri.

Capo indiscusso dell’omonima famiglia criminale attiva a Sant’Onofrio, nel Vibonese, e con ramificazioni tra Piemonte, Liguria e Roma, Pasquale Bonavota era diventato un “fantasma”.

Bonavota era ricercato in quanto destinatario di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 18 dicembre del 2019, nell’ambito dell’indagine Rinascita Scott del Ros, dal Tribunale di Catanzaro perché ritenuto responsabile dei delitti di partecipazione ad associazione mafiosa col ruolo di promotore della cosca Bonavota rientrante nella locale di Ndrangheta di Sant’Onofrio (Vibo Valentia).

Bonavota era l’unico rimasto in stato di latitanza a seguito dell’esecuzione dell’operazione Rinascita Scott che nel dicembre del 2019 ha portato all’arresto di 334 persone ritenute appartenenti alle strutture di ‘ndrangheta della provincia vibonese.

Dell’erede designato alla guida del clan Bonavota, nato a Vibo Valentia il 10 gennaio di 49 anni fa, titolo che gli spetta per discendenza e appartenenza, non si aveva più traccia dal 2018, all’indomani della condanna all’ergastolo emessa dal gup distrettuale di Catanzaro al termine del processo celebrato con rito abbreviato nato dall’operazione “Conquista”. Due dei suoi sodali erano stati arrestati subito, Nicola Bonavota e Onofrio Barbieri, anche loro condannati al massimo della pena, mentre Domenico Bonavota è stato catturato solo il 6 agosto del 2020. Per Pasquale Bonavota, però, la sentenza sarà ribaltata clamorosamente a novembre del 2021 dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro: cancellate tre condanne all’ergastolo inflitte in primo grado: quella di Onofrio Barbieri – pena convertita a 30 anni di carcere – e quelle dei fratelli Nicola e Pasquale Bonavota.