“Per la ‘ndrangheta è importante l’apparire, l’esternazione del potere, il farsi vedere come modello vincente, e quindi la ‘ndrangheta è sensibile a quello che ‘esce’ sulla carta stampata, sul web o in televisione”.
E’ l’analisi del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, in un colloquio con l’Agi nel quale affronta, tra l’altro, il tema mafia e giornalismo. “La ‘ndrangheta – rileva – ha bisogno di pubblicità, come un’industria, un’impresa deve apparire credibile, efficiente e capace di dare risposte. La ‘ndrangheta investe spesso in pubblicità, ad esempio acquistando squadre di calcio o facendosi vedere, come in passato, anche vicino a qualche prete e qualche vescovo. Oggi, per la ‘ndrangheta, e per qualsiasi centro di potere, è difficile controllare e addomesticare le notizie.
Una volta – osserva il procuratore di Catanzaro – c’erano poche testate giornalistiche e quindi era più facile bloccare una notizia, mentre oggi c’è molta informazione, c’è una pluralità di informazione, ci sono più fonti e più giornalisti affamati. I giornalisti in genere sono sottopagati e sfruttati e molti, cercando di sgomitare, di emergere, di dimostrare al direttore di riferimento di essere coraggiosi e arditi, scrivono notizie anche in modo duro e crudo. Questo ovviamente non fa piacere al potere in senso lato, che può essere mafioso, di massoneria deviata, economico. Il contesto determina una sovraesposizione da parte della categoria dei giornalisti a minacce e intimidazioni”.
Sulla risposta dello Stato all’aggressione della ‘ndrangheta e delle mafie in generale, Gratteri premette: “Spesso dico che nella lotta alla ‘ndrangheta stiamo pareggiando la partita perché non voglio che ci siano facili entusiasmi e non voglio che ci sia un rilassamento. Come magistratura, con le forze dell’ordine stiamo lavorando bene, però potremmo fare ancora meglio e di più se avessimo più uomini: bisogna capire perché, anni fa, sono state bloccate le assunzioni nelle forze dell’ordine, e perché non sono state sbloccate prima, mentre magari si poteva tagliare da qualche altra parte. Ma – evidenzia il procuratore di Catanzaro – la cosa più importante che potrebbe e dovrebbe fare il potere politico e, quindi, il legislatore, è quella di modificare i codici, in modo che delinquere non diventi conveniente.
Si deve creare un sistema processuale efficiente e informatizzato per velocizzare i processi, si deve creare un sistema penale che porti alle condanne più rispondenti alla gravita’ del fatto e un sistema detentivo nel quale ci sia un’effettiva esecuzione della pena e non un continuo allargamento delle maglie. In Italia c’è l’idea, pericolosa, secondo cui dal carcere si può uscire con facilità, e così il carcere non è più un deterrente. E poi, il carcere non è più un luogo di rieducazione, anche per l’assenza di personale, ma e’ un contenitore. Io ad esempio – prosegue Gratteri – penserei al lavoro per i detenuti come avviene per i tossicodipendenti, il lavoro come terapia e come recupero e rieducazione del condannato. Ora, per fare queste cose ci vuole coraggio, ma il coraggio non si vende al supermercato”.
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