Tanto tuonò che piovve (per ora è una pioggerellina). Il Goi ha rotto gli indugi e, come ampiamente e facilmente previsto, ha presentato un formale ricorso alla Procura di Roma contro il sequestro degli elenchi dei massoni calabri e siculi avvenuto i 1° marzo 2017.
C’è del sottilissimo sadismo giuridico del Gran maestro del Grande oriente d’Italia Stefano Bisi, perché non poteva non sapere che l’istanza di annullamento e/o di revoca del provvedimento di perquisizione e sequestro, notificata il 17 marzo al Presidente della Commissione bicamerale antimafia Rosy Bindi e – attenzione – singolarmente a tutti i suoi componenti, sarebbe stata totalmente disattesa.
Un silenzio assoluto che – ne sono certo anche se posso sbagliare – la Commissione ha utilizzato come la più alta forma di disprezzo nei confronti di un gesto che sarà stato verosimilmente vissuto come un’intimidazione.
E così il Goi ieri – ma perché non farlo oggi? La stampa sarebbe impazzita per cercare di capire se fosse un pesce d’aprile! – «ampiamente spirato il termine assegnato», ha chiesto alla magistratura di verificare la liceità dei comportamenti e degli atti adottati dalla Commissione e dai suoi componenti.
Ora – la butto lì come provocazione dialettica e intellettuale – cosa sarebbe successo se la Commissione avesse acquisito anche gli elenchi, dal ’90 ad oggi, del Lazio e del resto d’Italia, oltre a quelli calabri e siculi? Chissà, magari, si sarebbe potuto scoprire quanti magistrati e giudici fanno parte o hanno fatto parte di logge delle quattro obbedienze. E magari quanti hanno operato o operano a Roma.
Già perché tra le tante cose che mi hanno colpito e lasciato basito delle audizioni è che – ragazzi, anche per sbaglio – non c’è stato un-Gran maestro-uno che abbia dichiarato di avere magistrati o parlamentari tra le proprie fila! Preti si ma – ragazzi – di parlamentari, magistrati, gradi elevati delle forze dell’ordine, giornalisti de panza e de sostanza, nemmeno l’ombra! Mah! E dire che non è un reato e dunque – anche solo a ricorrere alla mera legge dei numeri e alla cabala statistica – cvibbio, anche uno solo di questi profili lo vuoi intercettare! Nada de nada.
Ma torniamo a quello che pudicamente il Goi chiama «rappresentazione dei fatti alla magistratura» e che altro non è se non un ricorso.
Il Goi contesta praticamente tutto del decreto con il quale il 1° marzo lo Scico della Gdf di Roma ha sequestrato gli elenchi di ben quattro obbedienze massoniche.
Contesta la lesione dei diritti costituzionali alla libertà di associazione, la legge sulla privacy, il diritto alla riservatezza, il superamento dei poteri previsti per legge quando la Commissione fa ricorso ai poteri giudiziari, la mancanza di notitia criminis, il modus operandi della stessa Commissione antimafia, a partire dalla sua presidente, la mancanza di contraddittorio, l’accostamento improprio tra massoneria e organizzazioni criminali e/o mafiose.
La Commissione antimafia – si legge – ha ritenuto di sottoporre ad indagine non un’organizzazione mafiosa ma il Grande oriente d’Italia per poi risalire, «con palese inversione logica, tramite l’acquisizione degli elenchi degli iscritti, quindi mediante un’indagine incertas personas, ad indeterminati soggetti mafiosi perché l’asserita ma indimostrata infiltrazione della massoneria sarebbe “facilitata dalla riservatezza e dai vincoli di obbedienza che spesso caratterizzano le associazioni mafiose”».
Ora non resta che attendere la prossima mossa o la prossima notizia. Vedrete che le sorprese non mancheranno.
Fonte: Roberto Galullo, blog Guardie o ladri