‘Ndrangheta e massoneria. Vibo capitale delle logge: Elio Costa sindaco dei fratelli e la “coperta” di Tropea

A distanza di tempo e ogni volta che si parla di massoneria, si riaccende inevitabilmente l’eco della deposizione del pentito Cosimo Virgiglio al processo Rinascita Scott. Una deposizione nel corso della quale sono nuovamente emerse le attività massomafiose dell’ex magistrato ed ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti (http://www.iacchite.blog/ndrangheta-e-massoneria-le-riunioni-a-lorso-cattivo-e-la-loggia-coperta-dei-magistrati-guidata-da-chiaravalloti/). Ma non si tratta dell’unico spunto di riflessione dalla sua lunga deposizione.

Cosimo Virgiglio, ex imprenditore, ex doganalista, ex uomo di fiducia del boss Rocco Molè (elemento di spicco del clan Molè-Piromalli), ex massone, ex collaboratore del Sisde all’interno del Porto di Gioia Tauro. Tutto questo è stato Cosimo Virgiglio, per anni, infatti, figura cardine di quel mondo sommerso che vede unificati ambienti dell’imprenditoria, della politica, della mafia e delle logge. Ed è proprio di quest’ultimo ambiente che Virgiglio ha parlato in aula.

“Non è un caso – ha detto Virgiglio – che le più grandi inchieste sulla massoneria siano state fatte in Calabria. Ci sarà un perché se nel 2004 ci si riunisce in Calabria per parlare degli investimenti sul porto di Gioia Tauro e sulla sanità. All’epoca c’era un’inflazione di iscritti. In ogni paese si voleva aprire una loggia. E per quanto riguarda la massoneria deviata la provincia di Vibo era la più potente e impregnata. Reggio non è neanche un satellite rispetto a Vibo“.

La loggia coperta di Tropea

“Nel 1993 vennero creati i c.d. Sacrati sulla Spada, ovvero venne permesso a personaggi con precedenti penali e appartenenti alla criminalità organizzata di entrare riservatamente in massoneria attraverso logge coperte”. Sul punto Virgliglio, interrogato dal pm Antonio De Bernardo, ha svelato al Tribunale collegiale di Vibo Valentia l’esistenza di una particolare loggia coperta dal nome di “Amor di Patria” ed aveva il numero 1784. “La sua sede era a Tropea – ha spiegato il collaboratore di giustizia – e ricomprendeva anche il territorio di Nicotera, Limbadi e Briatico. Ne faceva parte Giovanni Mancuso di Limbadi, detto Zi Giovanni, un tale Sangianiti della Guardia di Finanza, un tale Schiavone. E’ stato Sangianiti a presentare Giovanni Mancuso ad Ugolini. Mancuso doveva riciclare del denaro sporco e di tale cosa si interessò Giacomo Ugolini, ambasciatore di San Marino, uno dei personaggi più importanti della massoneria, per realizzare con tale denaro un centro per anziani a Paravati che doveva essere costruito dall’impresa Restuccia. Io ed altri massoni – ha aggiunto Virgiglio – avevamo chiesto la chiusura di tale loggia di Tropea in cui venivano convogliati i sacrati sulla spada, ma non siamo mai stati ascoltati”.

Elezioni e logge

Tra le varie dinamiche snocciolate da Cosimo Virgiglio, sempre in tema massoneria, c’è quella delle elezioni di Vibo Valentia del 2002. In quell’anno, ha ricordato il teste, “tutte le logge scelsero di sostenere a sindaco di Vibo Valentia Elio Costa. Sono anni importanti per le strategie della massoneria perché nel 2004 – ha spiegato Virgiglio – all’hotel San Leonardo di Vibo Valentia si tenne una riunione importante alla luce del sole, aperta al pubblico. Con la scusa di una borsa di studio da assegnare alla memoria del figlio di Tedeschi, un massone di Vibo, il dottore Petrolo, medico-chirurgo che reggeva una loggia, riuscì a fare scendere a Vibo il Gran maestro del Goi Gustavo Raffi e ostentare così il vero potere delle logge. Arrivò anche Ugolini – ha continuato – e vennero invitati sia il sindaco di Vibo Elio Costa, sia il presidente della Provincia di Vibo Bruni. Il giorno prima di tale riunione, sempre all’hotel San Leonardo alcuni pezzi grossi della massoneria si riunirono per spartirsi i posti di potere: nomine, porto di Gioia Tauro, elezioni, ed era sempre presente l’avvocato Cassodonte di Soverato. Erano presenti anche diversi templari, Emo Danesi ed altri personaggi”.

“E’ stato proprio l’avvocato Cassadonte – ha sottolineato il pentito – a dirmi che in una loggia di Catanzaro era iscritto l’avvocato Giancarlo Pittelli che si decise di sostenere elettoralmente alle politiche. Lo stesso Pittelli venne segnalato come soggetto da votare, sempre dall’avvocato e gran commendatore Cassodonte, in altra riunione svoltasi all’hotel 501 di Vibo. Stessa cosa fece pure Pino Francica, gran maestro della Gran Loggia dei Garibaldini con sede a Vibo. Si diceva che Pittelli era in grado di relazionarsi con i magistrati. In tali riunioni si decise anche la nomina del nuovo presidente della Provincia di Reggio Calabria, così come di sostenere elettoralmente a sindaco di Briatico Niglia che faceva parte sia della loggia Morelli del Grande Oriente, che era la più potente di Vibo, sia di quella coperta di Tropea. Ricordo anche – ha spiegato Virgiglio – che da Sinopoli un ispettore di polizia che stava a Tropea ci disse che fra i politici da sponsorizzare c’era pure Gigi Fedele. Per le elezioni di Vibo, in ogni caso, sono stati in particolare i medici appartenenti alle logge ad interessarsi alle votazioni perché solitamente sono quelli che più facilmente possono fare volantinaggio con i loro clienti e chiedere il voto. A seguire c’erano gli avvocati appartenenti alle logge che avevano contatti con la criminalità. Affinchè i massoni ottenessero i voti della criminalità si rivolgevano ai Mancuso, considerando molto meno gli altri clan”.

Le tre punte della stella della ‘Ndrangheta

Cosimo Virgiglio ha anche ricordato quelle che erano, stando alle sue conoscenze, le tre maggiori figure sul Tirreno nell’ambito della ‘Ndrangheta. “Pino Piromalli detto Facciazza, di Gioia Tauro, Nino Pesce detto Testuni, di Rosarno, e Luigi Mancuso di Limbadi erano i tre capi di tutta la ‘ndrangheta della zona. Erano le tre punte della Stella, una terminologia – ha ricordato il collaboratore – che mi venne spiegata anche da Rocco Molè il quale ricordava come tali tre famiglie erano quelle che avevano realizzato il porto di Gioia Tauro e quindi erano superiori a tutte le altre. Delle medesime Punte delle Stelle mi parlò anche il siciliano Pippo Di Giacomo, pure lui collaboratore di giustizia, nel corso di un comune periodo di detenzione”.