‘Ndrangheta e turismo, caso Calafati. L’inchiesta di Gratteri e tutte le domande rimaste senza risposta sulla Tui

E’ dello scorso mese di agosto la decisione, per certi versi clamorosa, del gip presso il Tribunale di Catanzaro che ha disposto il dissequestro dell’impresa “Destinazione Calabria” di  Vincenzo Calafati che, nell’operazione Olimpo di inizio anno della Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri (ormai a Napoli), era  finito in carcere, con l’azienda posta sotto sequestro preventivo. La decisione deriva dal deposito delle motivazioni della sentenza con cui la Corte di Cassazione aveva rimesso in libertà nel giugno scorso Vincenzo Calafati, annullando senza rinvio l’ordinanza di custodia cautelare. La Cassazione cancella tutto questo e dice che non si doveva arrestare  Vincenzo Calafati. E lo dice in maniera perentoria disponendo il non rinvio a giudizio. Infatti Vincenzo Calafati viene liberato il giorno stesso della sentenza, a giugno e oggi – conosciute le motivazioni – gli viene restituita anche l’impresa. Quello che colpisce maggiormente è la motivazione addotta dalla Cassazione, che parla di mancanza assoluta di gravità indiziaria per tutti i reati contestati a Vincenzo  Calafati. Ripetiamo, totale mancanza di gravità indiziaria per tutte le condotte ascritte a Vincenzo Calafati.

E per dare il quadro generale, già nei mesi scorsi il Tribunale del Riesame di Catanzaro  aveva rimesso in libertà Pasquale Anastasi, Francescantonio Stillitani e il fratello Emanuele. E sempre la Cassazione aveva disposto la scarcerazione di altri indagati tra cui anche uno del clan La Rosa di Tropea, e di un altro imprenditore, Giovanni Izzo in questo caso, con motivazioni simili a quelle addotte adesso per Vincenzo  Calafati.

La Cassazione è a tal punto convinta dell’assoluta mancanza di indizi da ritenere anche in questo caso non necessario un nuovo giudizio innanzi ai giudici calabresi. Vedremo come il pm reagirà a questa decisione della Cassazione nel momento in cui si andrà alla conclusione delle indagini: se deciderà di chiedere ugualmente il rinvio a giudizio o di chiedere l’archiviazione per molti nomi eccellenti.

Di certo questa sentenza della Cassazione rappresenta una brutta botta all’impianto accusatorio dell’ operazione Olimpo. Anche su questa sentenza si è scatenata la diatriba tra i sostenitori di Gratteri che sostengono come le sue inchieste siano avversate anche all’interno della magistratura e i suoi detrattori che invece dicono che le sue indagini alla lunga si sgonfiano. Noi non tifiamo per nessuna delle due fazioni. Siamo per una lotta senza quartiere alla ‘ndrangheta e alla massomafia a tutti i livelli, dal livello operativo sino agli intrecci più profondi con il mondo politico e imprenditoriale. A volte fermarsi davanti ai grandi santuari per timore di perdere tutto il lavoro svolto può portare a rendere fragili le accuse stesse.

Nella nostra totale ignoranza di questioni giudiziarie avevamo a suo tempo, di fronte al clamore dell’operazione, cercato di distinguere l’impianto generale dai singoli casi. All’indomani dell’operazione avevamo sottolineato  che l’importanza dell’operazione Olimpo stava nel suo valore essenzialmente conoscitivo del modo di essere e di organizzarsi della ndrangheta in Calabria.  Un mondo verticale e orizzontale nello stesso tempo con una miriade di ramificazioni in tutta la società calabrese.

Scrivevamo a suo tempo: “… Dall’ordinanza Olimpo viene confermata una struttura piramidale che controlla tutto il territorio del vibonese e possiamo desumere che la situazione sia simile in tutta la Calabria. Nella premessa dell’ordinanza si sottolinea la divisione in “decine di ‘ndrine e locali facendo luce sulla loro composizione, le funzioni, i livelli gerarchici e l’adesione alle regole formali proprie  del cosiddetto “CRIMINE DI POLSI”. E ancora più avanti: “tra i  numerosi Locali di ‘ndrangheta individuati nell’ambito del citato provvedimento, il GIP di Catanzaro certifica l’esistenza e l’operatività della Locale di Limbadi e Nicotera e delle ‘ndrine di Tropea, Ricadi, Parghelia, al cui interno è stata documentata la partecipazione con ruoli diversi delle famiglie Mancuso e la Rosa, e dei rispettivi accoliti”.

In pratica viene confermata una organizzazione con decine di famiglie che controllano il territorio con un ruolo di vertice da parte di Luigi Mancuso  sull’intero territorio provinciale, il ruolo dei La Rosa nell’hinterland di Tropea e il ruolo criminale  di Diego Mancuso esponente di spicco della nuova articolazione “imbroglia” che però rimane sempre all’interno della famiglia. La suddivisione territoriale non è però rigida, nonostante gli sforzi fatti per ricercare meccanismi di equilibrio, spesso ci sono delle invasioni di campo, nascono litigi, discussioni, tradimenti, a cui spesso vengono chiamati i vertici a mediare e a sbrogliare la matassa.

Poi sugli episodi specifici chiedevamo un approfondimento e sollevavamo degli interrogativi sulla vicenda Calafati. Scrivevamo a suo tempo: “… Ma  il massimo che sfiora l’incredibile è che Vicenzo Calafati referente della Tui in Calabria e titolare dell’agenzia “Destinazione Calabria” non trova di meglio che tentare un’estorsione, secondo l’ordinanza Olimpo, verso il direttore del villaggio della Tui stessaNell’ ordinanza del Gip si legge (pagina 107): ’Il Direttore Manzoni Miranda Paolo Cesar in sede di interrogazione dichiarava ai magistrati di aver temuto per la propria incolumità dal momento che il Calafati stesso, con toni chiari ed in qualità di emissario di una famiglia di “ndragheta egemone sul territorio” gli aveva comunicato pretese estorsive da parte di quest’ultima sotto forma di denaro, corrispondenti alla somma di euro 10/15 mila che lo stesso avrebbe dovuto versare per la tranquillità di tutti…”.

Siamo al teatro dell’assurdo che purtroppo in terra di Calabria diventa realtà, ma questo per il momento è l’ipotesi dei magistrati e la verità ce la dirà il proseguimento della vicenda giudiziaria.

Noi  chiedevamo a suo tempo un approfondimento su alcuni aspetti e ponevamo delle domande che prescindono dall’aspetto giudiziario: “E’ mai possibile che la Tui, estranea all’indagine, di tutto questo non ne sapesse nulla? Come mai questa eventuale distrazione sulla gestione di un importante villaggio come il Tui Magic in Calabria ? Sarebbe interessante sapere che grado di autonomia ha il direttore di un villaggio nel decidere le assunzioni, l’affidamento di servizi e di lavori i a terzi. Nell’articolo che abbiamo pubblicato, ripreso da quello della Gazzetta del Sud, abbiamo saputo che Calafati chiese ad Anastasi di verificare la situazione del mare sporco a Pizzo, telefonando all’Arpacal e chiedendone un comunicato, perché preoccupato dalle possibili iniziative del direttore del villaggio: “… scrive in Germania, scrive qua, scrive là.. sì sì il pericolo è questo”: Com’è possibile che un direttore pronto a scrivere in Germania  per il mare sporco non avverta la necessità di informare la direzione centrale della TUI su episodi di gran lunga più pesanti ? Ah saperlo!”.

La Cassazione ci dice che eravamo in presenza di una mancanza assoluta  di  gravità indiziaria per tutti i reati contestati a Vincenzo  Calafati. Forse andando più a fondo si potevano dare delle risposte ai dubbi che allora ponevamo e dare maggiori elementi alla valutazione della Cassazione. In ogni caso  la sentenza della Cassazione è cosa fatta e vedremo al momento delle conclusioni delle indagini le richieste che avanzerà il sostituto di Gratteri ovvero Vincenzo Capomolla.