‘Ndrangheta e turismo. Pizzo, la relazione falsa dell’Arpacal per il mare sporco e i contatti tra Anastasi e la commissaria Gatto

Nel pieno della stagione turistica del 2019 i clienti del villaggio “Magic Life” di Pizzo, su cui ha investito molto la compagnia tedesca Tui, erano pronti a richiudere le valigie e andare via alla vista del mare invaso da plastica e chiazze verdastre. Il direttore del villaggio poteva però contare su un “facilitatore” che avrebbe sollecitato l’Arpacal a redigere una relazione che potesse tranquillizzare i bagnanti.

Si tratta di Pasquale Anastasi, ex direttore generale del Dipartimento Turismo della Regione coinvolto nell’inchiesta “Olimpo” condotta dalla Dda di Catanzaro contro il clan della “Costa degli dei”. Accusato di traffico di influenze illecite, il dirigente pubblico in pensione – per cui il gip ha disposto i domiciliari – si sarebbe fatto promettere denaro, sotto forma di consulenza in favore del tour operator tedesco, dall’imprenditore turistico Vincenzo Calafati (ritenuto vicino ai clan Mancuso e Accorinti) per una presunta «mediazione illecita» nei confronti della Regione. A riprova, i pm titolari dell’inchiesta – Andrea Buzzelli, Andrea Mancuso e Antonio De Bernardo – rilevano «la disinvoltura con la quale l’ex dirigente della Regione Calabria si sarebbe approcciato all’apparato dell’Arpacal in pendenza di un problema che aveva minacciato la balneazione».

Le «aderenze» di Anastasi – all’epoca in pensione da due anni e mezzo – ai vertici dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente sarebbero suffragate dai contatti con il commissario dell’epoca, Maria Francesca Gatto (famigerata sorella dell’ex re della Despar Antonino Gatto, e tuttora dirigente regionale in altro settore, ndr), che non è indagata.

Anastasi aveva raccolto le lamentele del direttore del villaggio prospettandogli «la possibilità di sollecitare formalmente l’Arpacal allo scopo di procurare un’analisi funzionale a verificare il tasso di inquinamento delle acque». Un’operazione, insomma, che avrebbe consentito di ottenere una certificazione attestante «…se è inquinato – diceva Anastasi – oppure sono alghe…». L’ex direttore generale del Dipartimento Turismo in effetti chiama Gatto e le chiede come bisogna muoversi per far analizzare le acque, informa Calafati dei suoi “passaggi” e poi sente di nuovo la manager dell’Agenzia.

Stavolta è lei che lo informa del fatto che stavano arrivando segnalazioni sul mare sporco anche da altri operatori turistici, spiega che potrebbe anche trattarsi «di fenomeni che si accompagnano a mare» ma aggiunge di avere impartito disposizioni «in tutti i casi di preparare una specie di relazione scientifica dove spiegano questi fenomeni e dicono insomma a cosa sono dovuti (Omissis) che non si tratta comunque di cose tossiche e quant’altro in modo tale che la mandate…». Questa frase, secondo la Procura, dava modo ad Anastasi di palesare «il reale obiettivo della verifica». Ovvero che «la balneabilità si può è balneabile…», ricevendo risposta affermativa da Gatto: «…esatto, che la mandate a vari operatori della zona…».

In quest’ottica, secondo i pm, la dirigente Gatto anticipava anche la pubblicazione della relazione sul sito dell’ente, “palesando l’obiettivo di rassicurare l’utenza all’evidenza del fatto che “non sarà bellissimo a vedersi ma non c’è nessun pericolo, insomma nessuna cosa per…, insomma non sono tossiche, non sono…”. Anastasi in effetti rispondeva: “E questo vogliono loro, proprio quello che stai dicendo tu, in modo da farla vedere ai bagnanti e al…”. 

Maria Francesca Gatto – sempre la sorella del leggendario Antonino, ex re della Despar – “argomentava di aver compreso perfettamente la necessità e di essersi proprio per questo “spinta oltre” stimolando la predisposizione di una relazione che producesse il risultato di fornire rassicurazioni ammantandole anche di contenuti scientifici…”.

Ma una successiva conversazione tra Anastasi e Calafati rivela come i due “nutrissero in realtà consapevolezza circa il probabile inquinamento delle acque interessate dalla verifica”. L’ex deus ex machina del Dipartimento Turismo della Regione Calabria confidava di aver saputo proprio dal personale Arpacal di come il problema fosse dovuto alla vicinanza dell’area industriale lametina: “Enzo – dice Anastasi -, quella è una zona industriale, il problema del mare sarà sempre così là, me l’hanno detto quelli dell’Arpacal…”.

Riferendosi probabilmente al direttore del villaggio, i due mostrano di comprenderne le preoccupazioni: “… e come fa una settimana che non gli raccolgono la spazzatura… tutta quell’acqua che gli arriva che gli hanno detto… vabbè pare che mi arriva la relazione che lì non è inquinata, ma io gli faccio fare ai miei e alla mia famiglia il bagno in questo mare viola? In questo mare verde? In questo mare che puzza?….”.

Non è chiaro dalle carte dell’inchiesta se la relazione sia stata effettivamente pubblicata dall’Arpacal ma la preoccupazione dei due indagati era comunque legata ad eventuali iniziative del direttore del villaggio “che potessero minare i propri interessi… scrive in Germania, scrive qua, scrive là… sì sì il pericolo è questo…”. Fonte: Gazzetta del Sud