Anche l’ampliamento della discarica di Crotone, gestita dalla società Sovreco, è finita tra le carte dell’inchiesta “Glicine Acheronte” coordinata dalla Procura antimafia di Catanzaro. I magistrati si sono infatti focalizzati sull’incremento dei volumi dell’impianto – pari a 120 mila tonnellate – che venne deciso nel 2019 dalla Regione per far fronte all’ennesima emergenza rifiuti che in quelle settimane s’era venuta a creare in Calabria. E quella scelta, come documentato dagli inquirenti, sarebbe stata presa sulla spinta dell’ex presidente della giunta calabrese Mario Oliverio, di concerto con l’ex assessora regionale Antonella Rizzo e l’ex dirigente del settore Ambiente Domenico Pallaria (indagati).
I quali, più di tutti, avrebbero caldeggiato il progetto di sopralzo del sito che fa capo al gruppo Vrenna scartando qualunque altra ipotesi per superare le difficoltà dovute alla mancanza d’impianti. La Guardia di finanza, che allora stava monitorando la vicenda, attenzionò la riunione del 2 luglio 2019 che si svolse alla Cittadella di Catanzaro tra l’amministrazione regionale, dirigenti ed i presidenti degli Ambiti territoriali ottimali. Nel corso dell’incontro, vennero messe sul tavolo sia l’idea di aumentare la portata dell’impianto di Crotone, sia la contestuale predisposizione delle gare per trasferire i rifiuti fuori regione. Ma alla fine di numerosi faccia a faccia – alcuni dei quali caratterizzati da momenti di tensione tra le parti coinvolte – la Regione valutò di mettere il segno più alle volumetrie di Sovreco per mettere uno stop alla crisi dei rifiuti in strada.
Per la Dda, l’ampliamento della discarica sarebbe stato caldeggiato soprattutto dall’ex assessora all’Ambiente Antonella Rizzo, in quanto ritenuta vicina ai Vrenna per ragioni elettorali. Senza tralasciare il fatto che l’ordinanza della Regione – secondo i pm – rappresentò una sorta di imposizione arrivata dal presidente della Regione. Che – è la tesi degli inquirenti – si sarebbe mosso in piena sinergia con Pallaria motivando l’adozione dell’ordinanza con le criticità igienico-sanitarie di quei giorni, al punto da non dare spazio alle valutazioni espresse dai sindaci dei capoluoghi.
“Da un primo esame dell’iter che precede l’emanazione dell’ordinanza – scrivono i pm Domenico Guarascio e Paolo Sirleo – era chiaro che il presidente Oliverio, al fine di scongiurare eventuali e possibili attacchi politici, che sarebbero potuti arrivare proprio dal partito che egli rappresentava (il Pd, ndr), notoriamente improntato ad una politica contraria alla realizzazione di nuove discariche, metteva in atto una strategia che avrebbe potuto ribaltare la propria posizione ovvero quella di creare una serie di condizioni, che lo facessero apparire costretto dalle circostanze ad emanare l’ordinanza e non come promotore della stessa.
Ecco perché – sostengono gli investigatori – nel provvedimento disposto da Oliverio confluirono tutti gli accorgimenti tecnici e normativi che erano stati pianificati in precedenza sulla base di quelle premesse volute e sostenute da Domenico Pallaria e quindi dallo stesso governatore dellì’epoca.