‘Ndrangheta, il vuoto lasciato dai Grande Aracri occupato dai Martino: l’ascesa del clan di Cutro collegato alla “madre”

La cosca Martino di Cutro «nasce da appartenenti» allo storico clan dei Grande Aracri, e «la sua ascesa coincide con il declino» di quest’ultimo, falcidiato dalle «operazioni di polizia» ed indebolito dal (finto) «pentimento» del boss ergastolano Nicolino Grande Aracri. E questi «fattori» avrebbero permesso al nuovo gruppo criminale dei Martino «di approfittare del vuoto di potere e subentrare negli affari illeciti». Ne è convinta la Cassazione. Che, con cinque sentenze cautelari, ha messo un primo punto fermo sull’impianto investigativo ipotizzato dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro con l’inchiesta “Sahel”. Il blitz, scattato il 20 settembre 2024 con 31 misure cautelari eseguite dai carabinieri di Crotone, smantellò la presunta organizzazione ‘ndranghetistica dei Martino che, sotto la guida del capo detenuto Vito Martino, avrebbe ripreso a dettare legge a Cutro a colpi di estorsioni e traffico di droga all’indomani del declino dei vecchi alleati dei Grande Aracri. Sotto accusa sono finite 55 persone sulle quali pende una richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura antimafia. Gli imputati compariranno in udienza preliminare il prossimo 22 maggio davanti al gup di Catanzaro. La Suprema Corte, nel confermare le misure cautelari detentive per Francesco Martino, Salvatore Martino, Giuliano Muto, Salvatore Peta e Veneranda Vernì, ha ribadito in toto la tesi degli inquirenti.

Dunque, si legge nelle motivazioni di uno dei cinque procedimenti cautelari, “non viene in rilievo una trasformazione”, quella dei Martino, “che si presenta come struttura autonoma ed originale”. Ma “una nuova articolazione collegata a quella madre” dei Grande Aracri, la cui organizzazione mostra “i tratti distintivi” della cosca di provenienza. E alla “nuova cellula” – scrive la giudice relatrice Valeria Bove che ripercorre quanto stabilito dal Tribunale del riesame di Catanzaro – sono attribuibili specifici tratti distintivi: “L’efficiente organizzazione; la forza di intimidazione; l’assoggettamento e l’omertà”.

“Caratteristiche, queste, che sono emerse dalle dichiarazioni rese dal pentito Giuseppe Liparoti, che aveva fatto parte proprio della cosca Martino. Oltre che degli altri pentiti Salvatore Muto, Salvatore Angelo Cortese, Antonio Valerio e Gaetano Aloe. e dalle conversazioni intercettate. Fonte: Gazzetta del Sud