ROMA – In dieci anni, don Edoardo Scordio si è messo in tasca 3,5 miloni di euro. Denaro drenato dalle casse del Cara di Crotone per mano di Leonardo Sacco, il ras della Misericordia di Isola Capo Rizzuto accusato di essere uomo al servizio della cosca degli Arena.
Ogni anno, dal 2006 al 2015, la parrocchia di Maria Assunta avrebbe ricevuto soldi in contanti e in assegni. “Restituzione prestiti”, “saldo note di debito”, “donazioni”: giustificazioni diverse e – secondo i magistrati antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri e Vincenzo Luberto – totalmente inventate.
Cominciano nel 2006, quando la Misericordia smette di gestire il centro gratuitamente e ottiene l’appalto dalla prefettura di Crotone. Lo Stato allora gli gira 1,4 milioni di euro, Sacco ne storna la metà per consegnarli alle aziende colluse e 57.200 li versa a don Scordio. Nel 2007 stesso canovaccio: entrano 8,3 milioni, Sacco ne sottrae 3 e dà alla parrocchia Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto 653mila euro. Si va avanti così, anno dopo anno.
Ancora nel 2014: incassano 14 milioni per la gestione del Cara, se ne tengono 4,8 per loro, magicamente a don Scordio arriva una elargizione da 400mila euro. Con le motivazioni più assurde. Ad esempio venivano sottratti i fondi con cui avrebbero dovuto comprare i giornali per i migranti in attesa della richiesta di asilo con la scusa che “i giornali sono beni deperibili”: meglio dunque dare direttamente i soldi al parroco.
Edoardo Scordio, 70 anni, ricorda da vicino un altro don incline a mescolare fede e denaro frusciante: il sacerdote frusinate Evaldo Biasini, ribattezzato don Bancomat per i suoi affari con la cricca dei grandi appalti dei quali custodiva pure la cassaforte. Il prete della Misericordia, invece, i soldi pare averli consegnati a suo fratello che vive in Svizzera: secondo alcune testimonianze agli atti dell’inchiesta “Johnny” condotta dai carabineri del Ros, sono stati depositati in conti svizzeri.
Sui rapporti di vecchia data tra il sacerdote e Leonardo Sacco c’è anche chi sostiene che andassero al di là degli affari. Secondo Giuseppe Giglio, un collaboratore le cui rivelazioni hanno permesso agli inquirenti di sollevare il coperchio del Cara di Crotone, negli ambienti mafiosi si dice che Sacco “sia effettivamente il figlio naturale del parroco di Isola”. Dicerie che, al momento, rimangono tali.
Così come è al vaglio dei magistrati la verifica di una circostanza, che riguarda ancora don Scordio, emersa durante una intercettazione ambientale captata il 17 giugno 2016. Antonio Poerio, imprenditore arrestato, lo definisce del tutto “incapace di gestire il denaro” che spreca in “acquisti futili”. Non solo: don Scordio, durante le feste padronali, “pretenderebbe addirittura 200 euro per ogni fedele”. Una sorta di quota di partecipazione alla cerimonia.
Fabio Tonacci – Repubblica