La Giustizia è lenta ma prima o poi arriva. Oggi nel gran calderone dell’operazione Alibante della Dda di Catanzaro tra i vari “pesci grossi” c’è anche il giornalista Pasquale Motta (indagato a piede libero), direttore di quel gran caravanserraglio che è LaC News, una delle “corazzate” dei media calabresi ovviamente intrallazzata fino al midollo con la zona grigia e i colletti bianchi e mafiosi della nostra regione. Per noi non è certo una novità il fatto che Motta sia un “ladrone certificato” e in contatto con soggetti ‘ndranghetisti (clan Bagalà) ancora più pericolosi di lui. Ma oggi a sostegno di queste tesi finalmente c’è anche un’ordinanza.
Per la Dda di Catanzaro Pasquale Motta, ex sindaco di Nocera Terinese (poi “trombato” nel 2016) e direttore di LaC, è un «concorrente “esterno”» della cosca Bagalà. Nell’ordinanza si legge che «pur non potendosi ritenere inserito stabilmente nella struttura organizzativa» del clan, «di fatto svolgeva in maniera preponderante la funzione di referente politico del boss Carmelo Bagalà». Assieme a Bagalà, Motta avrebbe «condiviso e programmato la predisposizione della lista “Unità popolare nocerese”, sfruttando sia il bagaglio relazionale legato al fatto di essere stato ex sindaco di Nocera Terinese, sia il legame particolarmente forte con Luigi Ferlaino». Con Ferlaino (altro ex primo cittadino di Nocera) e Bagalà, il giornalista «risultava essere lo stratega occulto delle trame della politica di Nocera Terinese, leader politico sostanziale della lista civica “Unità popolare nocerese”». Per lui, l’accusa aveva chiesto anche una misura cautelare negata dal gip.
Questa lista sarebbe stata «ideata e strutturata per l’infiltrazione, o meglio per preservare l’infiltrazione del clan nell’amministrazione comunale, individuando in Massimo Pandolfo il “volto pulito” da fare eleggere a sindaco».
Motta avrebbe anche avuto il compito di «procacciare i voti necessari» e veicolato «la riferibilità della lista in questione al boss Carmelo Bagalà, con piena consapevolezza della sua caratura ‘ndranghetistica e condivisione di scopi». E avrebbe anche fornito «costanti aggiornamenti sull’evoluzione della campagna elettorale e degli scenari politici in vista delle elezioni amministrative nel Comune di Nocera Terinese». La lista civica, in sostanza, sarebbe stata «a disposizione dell’organizzazione mafiosa con la quale condivideva cointeressenze e finalità illecite».
L’ex sindaco era però incandidabile (http://www.iacchite.blog/lettere-iacchite-pasquale-motta-lecchino-dei-potenti-ladrone-certificato-dalla-corte-dei-conti/) e, dunque, avrebbe individuato, «usandolo come schermo per perseguite i suddetti fini e contribuire a gestire in modo “occulto” l’amministrazione favorendo anche gli interessi del sodalizio criminale», Massimo Pandolfo come «figura politica “pulita” da candidare a sindaco».
Pandolfo si dimise nell’agosto 2018, un paio di mesi dopo l’elezione…
Al «condizionamento elettorale da parte di Pasquale Motta» si fa riferimento nell’ordinanza di custodia cautelare. Spiegando che «la riprova che la lista in questione fosse riconducibile» al giornalista «si aveva da molteplici intercettazioni: a titolo puramente esemplificativo, Carmelo Bagalà, dialogando delle imminenti elezioni e della lista presentata da Massimo Pandolfo, affermava “Pasquale vince sicuro”, con ciò certificando chi fosse il vero regista della competizione elettorale».
Il sindaco “pupazzo” però si ribella e si rifiuta di elargire un incarico esterno a un candidato non eletto, «entrando in forte contrasto con Pasquale Motta» e, come se non bastasse, avrebbe deciso «di portare a esecuzione la sentenza di condanna per danno erariale emessa nei confronti di Luigi Ferlaino per l’importo di oltre 250mila euro». Troppe pressioni per il primo cittadino, che sceglie di lasciare. Quello stesso giorno, «Carmelo Bagalà veniva portato a conoscenza delle intervenute dimissioni da parte di Massimo Pandolfo, e subito esortava Russo Saverio a formare una nuova coalizione in vista delle future elezioni al fine di evitare la possibile elezione di Fernanda Gigliotti», nemico politico individuato dalla cosca.
A Motta non è stata inflitta una misura cautelare soltanto perché secondo il gip i due “gestivano” la stessa lista, ma da posizioni diverse. Tant’è che, in una delle intercettazioni segnalate dal giudice, «Carmelo Bagalà ha dichiarato di non parlare con Pasquale Motta da anni». E tuttavia «Motta era perfettamente consapevole dell’interferenza di Bagalà all’interno della propria lista e del conseguente appoggio elettorale operato nei confronti di alcune persone in essa candidate». Ce ne sarebbe abbastanza affinché si dimettesse dall’incarico di direttore di un media che si professa “libero”. Libero, certo, di delinquere insieme ai boss della ‘ndrangheta…