‘Ndrangheta, sequestrati beni per 6 milioni a Rosario Barbaro, boss di Platì

(ANSA) – REGGIO CALABRIA – Beni per sei milioni di euro sono stati sequestrati al boss Rosario Barbaro, di 84 anni, ritenuto il capostipite dell’omonima cosca di Platì.

Al termine delle indagini patrimoniali eseguite dalla Direzione investigativa antimafia, il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su proposta del procuratore Giuseppe Lombardo e del direttore della Dia.
Titolare di fatto di numerosi fabbricati, terreni ed importanti attività commerciali, secondo gli inquirenti, Barbaro, detto “Rosi da Massara”, riveste un ruolo apicale all’interno di una famiglia di ‘ndrangheta di Platì la cui attività si estende su tutto il territorio nazionale, nonché all’estero.

La sua figura criminale è stata oggetto di svariate operazioni di polizia giudiziaria che hanno interessato il versante ionico della provincia reggina. In particolare, Rosario Barbaro è stato coinvolto nelle operazioni “Reale”, “Marine”, “Mandamento Ionico” e “Saggezza” e condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso.
Le indagini condotte dagli investigatori del Centro operativo Dia di Reggio Calabria guidati dal colonnello Mario Intelisano hanno consentito di ricostruire le acquisizioni patrimoniali del boss sin dall’anno 1961, e di individuare il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità di Barbaro, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla sua capacità reddituale.
Da qui il sequestro disposto dal Tribunale che ha riguardato cinque società comprensive dell’intero patrimonio aziendale, di cui tre ditte individuali operanti nel settore agricolo, un circolo privato e un’attività di ristorazione. Si tratta di un locale dove, stando agli inquirenti e alla cronaca giornalistica, sono stati celebrati matrimoni di significativo interesse criminale tra appartenenti ad importanti e storiche famiglie di ‘ndrangheta. Matrimoni dove sarebbero state conferite anche nomine alle più alte cariche dell’organizzazione criminale in senso unitario.
Oltre alle disponibilità finanziarie, sono stati sequestrati 14 immobili e 40 appezzamenti di terreno nella provincia di Reggio Calabria.

CHI E’ ROSARIO BARBARO

E’ Rosario Barbaro, 84 anni, patriarca della famiglia detta «i nigri», cugino di primo grado degli omonimi soprannominati i “Castàni” e i “Pillari” il destinatario del sequestro di beni per 6 milioni di euro eseguito stamani dalla Dia di Reggio Calabria.

Barbaro ha attraversato la storia della ‘ndrangheta, in Calabria e fuori dalla Calabria, a partire dagli anni ’60. Il suo nome emerge in decine di informazioni di polizia giudiziaria e di inchieste di varie Procure della Repubblica. «Decisionista, scaltro e di elevate relazioni istituzionali», come lo descrivono fonti investigative, Rosario Barbaro, in particolare, è riuscito a salvare il suo potere per oltre 50 anni, mediando tra le potenti ‘ndrine platiesi, ma dimostrandosi anche risoluto.

Gli inquirenti lo hanno indicato, tra gli altri episodi, per avere dato l’assenso all’omicidio di Pasquale Marando, astro nascente della ‘ndrangheta di Platì, assassinato in Piemonte da propri congiunti, personaggio che stava tentando di scardinare i delicati equilibri delle potenti famiglie di Platì e di mettere in discussione il potere di “Rosi” Barbaro, la cui famiglia aveva costituito un potentissimo cartello, alleandosi con i Papalia, tutt’ora operativo, per il controllo dei traffici internazionali di stupefacenti e per gli appalti pubblici in tutto il Nord Italia.

Di umili origini, con l’infanzia passata tra i calanchi aspromontani del versante Jonico reggino a badare i greggi di capre, Rosario Barbaro, già nel 1965 si era fatto un nome tra le giovani leve della ‘ndrangheta per le sue qualità criminali, tanto da diventare punto di riferimento per il mantenimento dei sempre precari equilibri all’interno della ‘ndrangheta calabrese e nelle sue diramazioni in Canada, Australia e nel resto d’Europa. Nonostante l’età avanzata, Rosario Barbaro era sottoposto a continui controlli da parte delle forze dell’ordine e della magistratura, fino all’odierno sequestro di beni da parte del Tribunale delle Misure di Prevenzione, su richiesta della Procura distrettuale antimafia, diretta temporaneamente da Giuseppe Lombardo.