Nicolino Grande Aracri e la Dda: Gratteri interverrà prima o dopo le elezioni regionali?

Ci sono pentiti e pentiti. E questo si sa: l’importanza del pentito è data dalla posizione che il canterino ha all’interno dell’organizzazione criminale. Una cosa è il pentimento del boss, un’altra è quella del picciotto. E fin qui ci siamo tutti, e la domanda arriva spontanea: la diversa posizione gerarchica ricoperta dal pentito all’interno della consorteria criminale, ovvero lo “spessore criminale”, incide nella “qualità” dei benefici concessi al criminale redento? Certo che no, i benefici sono uguali per tutti, indipendentemente dal “livello qualitativo delle cantate”, il programma di protezione previsto per chi decide di saltare il fosso, è uguale per tutti. La sola differenza di trattamento che può esserci tra i pentiti sta nel capire fino a che “livello familiare” estendere la protezione. Per il resto di fronte alla legge i pentiti sono tutti uguali, e tutti hanno lo stesso dovere: attenersi a quello che la legge sui pentiti dice.

Ma cosa dice la legge sui pentiti? In sintesi: per essere un vero pentito e accedere al programma di protezione o a sconti di pena bisognerà dire molte cose e non un semplice particolare di un fatto. Le dichiarazioni dovranno essere importanti per le indagini ed essere inedite. Il pentito ha sei mesi per vuotare tutto, ma proprio tutto, il sacco.  Il cronometro, o il conto alla rovescia se preferite, scatta nel momento in cui si chiede di collaborare. Ritorni di memoria successivi non sono più ammessi. Benefici: alloggio, spese per trasferimenti, assistenza legale: su questo potrà contare il pentito che ha diritto al programma di protezione. Poi c’è l’assegno, ma non potrà essere di quelli con tanti zeri. Al massimo, cinque volte il valore di un sussidio sociale. Riduzione pene: per il pentito in galera i benefici non scattano subito: dovrà scontare almeno un quarto della pena. Per gli ergastolani varranno almeno 10 anni di carcere.

“Regole” che valgono per tutti, boss e gregari. Va da se che tutto ciò che i pentiti dicono va riscontrato dagli organi inquirenti, verifiche che poi vanno sottoposte al giudizio di un giudice che è l’unico che può stabilire – accettando o meno le richieste di arresto, frutto delle cantate, formulate dai Pm – l’attendibilità del canterino. Solo dopo si può procedere ad arresti e blitz.

Da qui si può capire il tempo che manca all’arrivo del tanto atteso terremoto giudiziario, causato dal pentimento di Nicolino manu i gumma, che investirà mezza Calabria, e non solo.

È stata la stessa procura a dichiarare che la collaborazione di Nicolino è iniziata sul finire del mese di marzo scorso. Verosimilmente un mese fa. Nicolino ha ancora 5 mesi per finire di vuotare il sacco, entro la fine di settembre la pratica deve essere chiusa. A questi vanno aggiunti, al netto della risaputa laboriosità di Gratteri che di sicuro attiverà la macchina “dei riscontri” in simultanea alle dichiarazioni di Nicolino, almeno un paio di mesi, necessari per organizzare tutto il lavoro e produrre le richieste di arresto. E da settembre si salta, sempre verosimilmente, a novembre. E allora la domanda, che non è di poco conto, che ci poniamo dopo questo ragionamento che altro non fa che seguire i parametri dettati dalla legge, è: questa volta Gratteri interverrà prima o dopo le elezioni regionali?

Sapere la risposta sarebbe molto utile al cittadino per meglio orientarsi nel voto, perché il rischio è quello, vista la portata delle dichiarazioni di Nicolino, di votare candidati di sicuro intrallazzati nei traffici del clan. Su questo non ci piove. Nicolino ha intrallazzato con tutta la politica, di sicuro con quella di Catanzaro, Crotone, Vibo e di politici collusi con lui ce ne sono a bizzeffe. Le possibilità di candidature massomafiose sono altissime. Sarebbe giusto sapere prima chi è colluso e chi no. E informare i cittadini è un dovere della Giustizia. Anche se il tempo non gioca a nostro favore.