Nino Spirlì, il celodurismo di una vecchia checca

Tutti i termini usati per definire i gay in altro modo, accostati al cognome Spirlì, sono riferiti solo ed esclusivamente allo stesso che ha espresso pubblicamente il bisogno di essere nominato dagli altri come più gli pare, e noi, controvoglia e senza volontà di offendere nessuno escluso Spirlì, lo abbiamo accontentato.  

Chi pensava che il peggio del peggio fosse rappresentato da quella vile umanità che si dice omofoba e razzista, si sbagliava di grosso perché non ha conosciuto Nino Spirlì, frocio, omofobo e razzista. Come a dire: al peggio non c’è mai fine. Una vecchia checca acida, che di mestiere fa il vicepresidente alla regione Calabria, che non ha mai accettato la sua vera condizione di ricchione che nasconde, vergognandosi di se stesso, dietro un falso e ipocrita attaccamento alla Madonna.

Le parole pronunciate ieri da quella checca isterica di Spirlì, durante un incontro a Catania organizzato dalla Lega, vanno oltre il leccalulismo, vanno oltre la riconoscenza che si deve a chi ti ha “sistemato”, vanno oltre i salamelecchi e le viscide smancerie che i servi rivolgono al padrone per compiacerlo, le parole di Spirlì sono pietre, sciabolate alla civiltà, un vero e proprio pugno in faccia a chi da anni lotta contro ogni forma di discriminazione. Quel culattone di Spirlì, per compiacere il celodurismo leghista, rivendica la libertà di poter apostrofare gli altri come più gli aggrada: negri, froci, ricchioni. Accusa la “lobby frocia” di soffocare la sua libertà di espressione e quella di tutti i poveri razzisti e omofobi che non si sentono liberi di affibbiare ai “diversi” termini che nel lessico comune sono considerati da tutti dispregiativi.

Quella cripto-checca di Spirlì va anche oltre la “normale” provocazione: disprezza gli altri nella speranza di non essere disprezzato. Denigra i gay per non essere accostato a loro. Disprezza i “negri”, per sentirsi parte attiva della Lega che rappresenta nella giunta regionale. A voler fare qualche paragone anche un tantino esagerato, l’invertito Spirlì, ricorda, come “mentalità”, l’orrenda figura di Joseph Goebbels che per farsi accettare come diverso, vista la sua invalidità, e per nascondere le sue “amicizie” con donne ebree, pianificò una propaganda feroce proprio contro ebrei e diversi, e sappiamo com’è finita.

Roba che andrebbe analizzata da Freud.

Quel pederasta di Spirlì l’ha combinata grossa. Non è accettabile da chi rappresenta le istituzioni l’uso di un linguaggio discriminatorio e che inneggia all’odio verso “il diverso”. Intervenga Jole a porre rimedio a questo. Quel culattone di Spirlì non è degno di rappresentare i calabresi, gli stessi che fino a qualche anno fa il suo amico Salvini definiva terroni, ignoranti, e mantenuti. Definizioni che di sicuro avrà usato contro di noi anche quel sodomita di Spirlì. Caro Spirlì senza definizioni quelli come te sono la vergogna del genere umano.

P.S. per quel frocione di Spirlì. Di seguito l’elenco completo di tutti i termini che si possono usare per definire una checca zitella come te (questo per la tua libertà di espressione): “Invertito, deviato, pederasta, sodomita, frocio, depravato, arruso, bardassa, bardascia, buzzarone, buggerone, peppia, ricchione, vasetto, lumino, buco, bucaiolo, busone, iarrusu, uranista, finocchio, culo, frega’gnolo, checca (checca fracica, checca isterica, checca marcia, checca pazza, checca persa, checca sfatta, checca franta, cripto-checca, checca velata), buliccio, cupio, culattone”.