No alle schede segnate per il Quirinale: la mossa di Roberto Fico per fermare la conta di Berlusconi

Durante il voto per il Quirinale le correnti utilizzano per contarsi il metodo del nome sulla scheda. Ovvero, confidando nella regola non scritta che vuole che chi scrutina (di solito il presidente della Camera) legga il voto espresso nell’urna interamente, si accordano per scrivere qualcosa di particolare per contarsi. Abbreviazioni nel nome, appellativi alternativi o creativi. Si tratta di una tattica che serve per verificare la fedeltà dei votanti. Ma il presidente della Camera Roberto Fico vuole cancellarla. Valutando di citare soltanto il nome del candidato, ove presente, durante gli scrutini. Soprattutto i primi tre, ovvero quelli destinati a fallire perché per l’elezione serve un quorum altissimo.

Lo scrutinio e i voti riconoscibili

L’idea di Fico la racconta oggi in un retroscena Repubblica. E, anche se non è legata a lui, il pensiero va subito al candidato Silvio Berlusconi. Che dal punto di vista dei voti ha comunque i numeri per essere credibile. E che ieri ha visto la discesa in campo dei suoi Grandissimi Elettori con la lettera (ci si chiede se l’ha scritta dal carcere o dai domiciliari…) di Denis Verdini! In attesa che il Cavaliere sciolga la riserva, insomma, Fico si organizza. Il quotidiano fa sapere che il presidente della Camera annuncerà la decisione soltanto la mattina del 24 gennaio. Come consuetudine, riunirà l’ufficio di Presidenza per pianificare gli ultimi dettagli e dirà come intende muoversi. Gli uffici tecnici di Montecitorio gli hanno consegnato un dossier che contiene i tre possibili modi di procedere. Ciascuno ha un fondamento visto che è stato utilizzato dai predecessori. E uno di questi è il più semplice. Prevede la possibilità di leggere soltanto il cognome del candidato durante lo scrutinio. E diventerebbe un bel problema per il leader di Forza Italia.

Perché lui, fa sapere il quotidiano, aveva già un piano per contarli, quei voti. Allo scopo di rendersi conto se il centrodestra è davvero compatto sulla sua candidatura o se c’è bisogno di un piano B e del relativo king maker. Secondo il prospetto i conti non sarebbero stati così complicati. Per Forza Italia si sarebbe trattato di scrivere soltanto il cognome (“Berlusconi”). Per la Lega sarebbe stato il momento di segnare il nome e il cognome (“Silvio Berlusconi”). I centristi avevano l’ordine di puntare sull’iniziale (“S. Berlusconi”) mentre per i parlamentari di Fratelli d’Italia il segno di riconoscimento era invertire cognome e nome (“Berlusconi Silvio”). Per i potenziali elettori dell’altro schieramento invece sarebbe stato necessario utilizzare un appellativo come “Presidente” o “Cavaliere” nella scheda.

La terza via

Laura Boldrini durante lo scrutinio che elesse Mattarella scelse di leggere tutta la scheda. Luciano Violante quando fu la volta di Ciampi invece si limitò al cognome. Questa sarebbe la scelta di Fico secondo le indiscrezioni. Ma c’è anche una terza via. Ovvero pronunciare solo il nome e il cognome (e sempre in quest’ordine) rinunciando sia alle iniziali che agli appellativi come senatore o cavaliere. Così sarà piuttosto difficile fare i conti. E capire chi sta rispettando i patti e chi li sta tradendo. Attualmente, come ha ricordato ieri lo stesso Verdini, si contano 1009 Grandi Elettori per il voto che partirà il 24 gennaio. Sono 630 i deputati, 320 i senatori e 58 i delegati regionali. Per la prima votazione servono 672 voti. Ovvero i due terzi del totale. A partire dalla quarta ne servono 505.

Oggi Berlusconi può contare su 453 voti. Ovvero i 129 di Forza Italia, i 31 di Coraggio Italia, i 197 della Lega, i 58 di Fratelli d’Italia più i cinque di Lupi (quello degli orologi usati come mazzette) e i 33 delegati di centrodestra. Per farcela servono altri 60 voti e sugli esiti dello scouting (anche con il bunga bunga), che agita le fila M5s, una verifica dovrebbero farla i capigruppo di centrodestra (forse mercoledì, ma da Fi frenano sui tempi). Il Cavaliere dovrebbe comunque tornare a Roma giovedì, per un nuovo vertice con Salvini, Meloni e i centristi. Prima di allora avrebbe dovuto far tappa a Strasburgo e lì avrebbe potuto incrociare Letta e Draghi, presenti alla commemorazione di David Sassoli. Ma sembrerebbe orientato a non andare.

Il piano B del centrodestra

Il centrodestra però lavora comunque a un piano B. Nel quale, secondo i retroscena dei giornali, un ruolo potrebbe averlo anche Gianni Letta. Il quale stavolta non starebbe giocando per il Cavaliere, ma addirittura per sé. Intanto nel centrosinistra Giuseppe Conte tiene aperta la porta a un nome di centrodestra al Colle (magari una donna). Un vertice a tre con Roberto Speranza dovrebbe tenersi al ritorno di Enrico Letta da Strasburgo. Per iniziare a ragionare su un candidato di bandiera alle prime votazioni: «Faremo capire cosa intendiamo quando parliamo di una personalità di alto profilo, nel segno della coesione ed etica pubblica», dice Conte. Un nome potrebbe essere quello di Liliana Segre. Ma il Pd, secondo l’Ansa, propone di decidere all’ultimo, per non bruciarlo. Resta in piedi anche l’ipotesi di votare scheda bianca e uscire dall’Aula al quarto voto. I nomi che potrebbero funzionare per il centrodestra sono quelli di Marcello Pera, Elisabetta Casellati e Letizia Moratti.