L’unica cosa bella del presidente facente funzioni della regione Calabria Nino Spirlì è che tra qualche mese non ne sentiremo più parlare. Non saremo più costretti, dopo febbraio 2021, ad ascoltare le sue misere parole. Non saremo più costretti ad ascoltarlo mentre spaccia le sue stronzate per il pensiero di tutti i calabresi. Non saremo più costretti a subire l’onta della vergogna suscitata dai continui vaniloqui pronunciati da Spirlì in quelle discariche televisive che qualcuno si ostina a chiamare programmi di approfondimento politico. Perché il miracolo che ha ricevuto, non si ripeterà più.
Dalla morte di Jole Santelli, Nino Spirlì ne ha dette di tutti i colori, dando l’idea, a tutta l’Italia, di una Calabria arretrata, grezza e ignorante. Ogni sua esternazione è un pugno allo stomaco all’intelligenza collettiva che ha sempre caratterizzato i calabresi. Ogni sillaba pronunciata a vanvera è una continua offesa alla dignità dei calabresi che, a differenza sua e del suo mentore Salvini che ci ha sempre definiti sporchi, brutti e cattivi, conservano con orgoglio e gelosia. La dignità per i calabresi è sacra. Meglio morire di fame piuttosto che svenderla, come ha fatto Spirlì, per un piatto di lenticchie. Quella che Spirlì va raccontando nei suoi patetici interventi non è la Calabria reale. Spirlì parla, in quello che sembra oramai a tutti gli effetti un vero e proprio delirio di onnipotenza, del suo piccolo e squallido mondo, pensando, con l’arroganza di chi crede di essere superiore agli altri, di rappresentare l’intera umanità. Un esercizio in uso ai mediocri di cui Spirlì è un degno rappresentante. Le sue stronzate appartengono solo a lui e a qualche comare della sua triste e misera paranza.
Nino Spirlì non ha mai brillato in niente nella sua quasi sufficiente esistenza. In relazione ovviamente alle sue pratiche lavorative. Si è spacciato per tanto tempo come scrittore e autore televisivo. Libri e programmi Tv dozzinali che nessuno ha letto o visto. Il tutto ammantato da una forte fede nella Madonna del Carmine. Un po’ come fanno gli ‘ndranghetisti che nascondono le loro nefandezze dietro una falsa fede che con il cristianesimo non ha niente a che fare. Forse Spirlì non sa che la Madonna è la mamma di tutti noi, anche dei froci e dei negri. E mai allontanerebbe dal proprio seno un suo figlio. La Madonna non discrimina nessuno. La Madonna è amore puro, tenerezza, dolcezza, compassione, carità, sentimenti lontano anni luce da Spirlì che nega se stesso, offendendo gli altri, solo per compiacere il padrone. Venerare la Madonna significa accettare la sua infinita bontà, e a noi pare che Spirlì sia lontano da tutto questo.
Spirli ricorda diversi personaggi che con l’ambiguità hanno molto a che fare: il fariseo, il professore della doppia morale descritto da Faber, Joseph Goebbel e la sua orribile campagna d’odio contro “i diversi”, Rasputin il mistico, il conte Cagliostro, József Szájer l’eurodeputato ungherese, e potremmo continuare all’infinito. Perché la storia di falsi profeti alla Spirlì è piena.
Ma più di tutti Nino Spirlì, in merito alla doppia morale, rappresenta al meglio l’ipocrita per eccellenza. Spirlì pur essendo una persona malvagia, vuole tuttavia apparire come un giusto, un santo, una persona buona, e per questo dissimula la propria malvagità, la tiene nascosta, e per meglio apparire agli occhi della gente, fa anche la “morale” agli altri. Un personaggio che Dante collocherebbe nella sesta bolgia dell’ottavo cerchio, insieme a personaggi del calibro del sommo sacerdote Caifas (consigliò ai Farisei il martirio di Cristo col pretesto di giovare al popolo), tutti e due massimi esperti nel predicare bene e razzolare male.
Se dovessimo sintetizzare l’orripilante figura di Spirlì con uno slogan, non avremmo dubbi su quale usare (accostandolo alla figura a lui più congeniale, ovvero Caifas): o così o Spirlì.