In Calabria e Campania si chiama Strummulo. In Sardegna è Barralliccu o Baddarincu..
Nel Lazio è il Picchio. Insomma vi ricordate la Trottola?
di Simona De Donato
I bambini di oggi stanno appiccicati alla playstation, non fanno più i vecchi giochi di una volta, neanche li conoscono!
Lo Strummulo ve lo racconto così, partendo da lontano, dallo scugnizzo napoletano – dal verbo “scugnare”, scalfire. Lacero, vestito di stracci, cresciuto in strada, è il ragazzino che dal “basso” in cui abita alla pubblica via, si trova ad un passo. E’ un impunito, diviso tra fame e miseria. Di punizioni non gliene danno i genitori – che di fatto non se ne occupano – né gli insegnanti – a scuola non ci va. La sua maestra di vita è la strada, con le sue durezze, ma pure con le sue grandi opportunità. Sempre in giro, dalla mattina alla sera, sa usare la mano e la lingua e si serve di entrambe con generosità.
Rappresentato nei film del neorealismo era superlativo: piccolissimo, magrissimo, furbissimo nonché prontissimo a vendere agli altri scugnizzi i militari americani arrivati a Napoli: quei bambin(on)i che gli scugnizzi napoletani non sarebbero stati mai. Quello che andava scalfito era lo Strummolo, una rudimentale trottola di legno dotata di una punta di ferro, il perno sul quale la trottola, abilmente manovrata, girava. Lo sfizio dei ragazzini “ ‘e miez’a via” – cioè di strada – era quello di “scugnare”, di scheggiare lo Strummolo degli altri con la punta di ferro del proprio.
Oggi lo Strummolo, quel pezzo di legno lavorato al tornio con il suo laccio e la sua piccola punta di ferro, è scomparso?
I ragazzini cosentini del rione Spirito Santo, così come quelli napoletani di Forcella o delle altre parti d’Italia, indipendentemente da come lo si chiamasse, sono passati dalla magrezza patologica del periodo bellico all’obesità. Ai giochi di strada si sono sostituiti i giochi al computer, che non sono certo quell’addestramento alla socialità e alla vita che erano i giochi, non tutti tranquilli, che gli scugnizzi facevano per la strada. Giochi che hanno fatto da scuola, ad intere generazioni.
Anche i Romani giocavano con lei, la “signora trottola” e come da istruzioni per l’uso, la si lanciava per mezzo di uno spago e con una frusta si poteva far cambiare direzione alla propria trottola. Insomma prove di abilità, nelle quali il giocatore doveva colpire con la trottola un punto del terreno opportunamente segnato per far punti.
A questo punto resterebbe da chiedersi come si divertivano i nostri nonni?
Oggi qualcuno direbbe: “ma il sabato sera che facevano?”
Come trascorrevano il loro tempo libero senza playstation senza tv senza computer?
Dubito che ai loro tempi esisteva il “sabato sera” come lo si conosce adesso.
I nostri nonni si spaccavano la schiena in campagna tutti i santi giorni, la sera l’unica cosa che facevano era dormire. Alla domenica mattina andavano a Messa e nelle festività – del Patrono, l’Assunta, Natale, Pasqua – allora c’era la processione. A volte d’estate c’era qualche sagra e allora ballavano in piazza. D’inverno faceva freddo e si lavorava di meno nei campi, allora si riunivano attorno al fuoco, le donne cucivano, rammendavano, gli uomini facevano i cesti e si raccontavano storie. Divertirsi non è avere molto! Evviva lo Strummulo!