Mario Oliverio è stato assolto definitivamente nel luglio del 2021 dalle accuse di corruzione e abuso d’ufficio inserite nell’inchiesta “Lande desolate” della procura di Catanzaro del dicembre 2018, che gli aveva anche inflitto all’epoca un obbligo di dimora durato qualche mese. Il 20 marzo 2019, infatti, la Cassazione aveva annullato la misura interdittiva. Poi la vicenda giudiziaria era andata avanti, la procura aveva chiesto una condanna a 4 anni e 8 mesi di reclusione ma poi è arrivata anche la sentenza di assoluzione col rito abbreviato. Una sentenza che era stata “anticipata” dal pronunciamento della Cassazione. Ieri però il successore (si fa per dire…) di Gratteri, l’ineffabile Salvatore Curcio, in tandem col reggente braccio destro Capomolla (destinato – ahinoi – a continuare gli insabbiamenti a Cosenza) è tornato nuovamente sulle tracce di Oliverio e così l’ha inserito tra gli indagati di una tragicomica inchiesta vecchia di 6 anni che tutti sanno che non porterà a nulla. E che ha giustamente fatto incazzare di nuovo Oliverio.
OLIVERIO, INCHIESTA AD OROLOGERIA (https://www.iacchite.blog/catanzaro-oliverio-nei-miei-confronti-nuova-indagine-a-orologeria/)
E allora, ritorniamo a quel periodo del 2021 e rileggiamo quali erano le dichiarazioni del tempo di Oliverio e dei suoi sodali.
“E’ finito un lungo e freddo inverno. È arrivata la primavera. Verità e Onestà non si calpestano”. Poche parole ma pesanti come macigni. Mario Oliverio evocava la primavera tanto cara al suo acerrimo avversario, Nicola Gratteri, e sembrava quasi prenderlo per i fondelli nel commentare il successo ottenuto in Cassazione con l’annullamento dell’obbligo di dimora che per tre mesi lo ha costretto a “governare” la Calabria da lontano. Già da quella mattina Oliverio aveva ripreso il suo lavoro nella Cittadella di Germaneto e aveva fatto di tutto non solo per portare a termine il mandato ma anche per riproporre la sua candidatura. Ma purtroppo per lui il suo partito, il Pd, non era stato d’accordo e gli aveva preferito Callipo. Con i risultati che tutti conosciamo…
Ma torniamo all’Oliverio “liberato”. I suoi fedelissimi già dalla tarda serata di quel 20 marzo avevano inondato i social delle loro festose reazioni. Francesco Dinapoli (scomparso recentemente) sottolineava il fatto che la Cassazione non aveva neanche chiesto il rinvio ad altro processo per l’annullamento della misura cautelare. “Il Procuratore Generale della Cassazione – scriveva – ha definito “assurdo” e “privo di fondamento giuridico” il provvedimento a carico del Presidente Oliverio. Annullamento senza rinvio. Lo stesso procuratore generale (l’accusa) indignato ha chiesto l’annullamento del provvedimento…“. Non mancavano le citazioni evangeliche: “Un pugno di farina si fa presto a buttarlo, poi è difficile raccoglierlo”. Granello dopo granello con la coscienza più limpida di prima!”
Mentre la compagna di Oliverio, Adriana Toman, aveva preferito puntare sulla metafora del lupo della Sila: “Il lupo è tornato libero” e adesso va a caccia…”. Un “avvertimento” che tuttavia non aveva portato bene per niente, visto e considerato che alla fine il Pd aveva candidato Pippo Callipo e le truppe cammellate di Palla Palla si erano disperse tra chi aveva scelto il simbolo del partito e chi s’era buttato a destra con la Santelli. Oggi Oliverio dice che questa “nuova” – si fa per dire… – inchiesta sia scattata ad orologeria perché in molti sussurrano che possa essere candidato sindaco a San Giovanni in Fiore e quindi sarebbe partito l’ordine “politico” di “azzopparlo” e non è davvero difficile capire che si riferisca a Forza Mafia, pardon Italia, ormai da tempo vicinissima al Gratteri-Capomolla-Curcio pensiero. Ma stavolta la sua candidatura a sindaco di San Giovanni non passa certo per la strada del Pd e in tutti c’è la netta sensazione che questa manovra si ritorcerà come un boomerang contro chi l’ha ispirata e non serve certo un profeta per capire che ci riferiamo alla regina squallida della capitale della Sila e al suo protettore parassita.