di Alessia Candito
Fonte: Repubblica
Sant’Anna (Seminara) – Le fiaccole per Francesca Romeo, la dottoressa uccisa sabato in un agguato da boss a turno da poco finito, si accendono alle sette precise. “Che sia un momento di silenzio e di preghiera per lei e per tutte le vittime di violenza”, dice il parroco Mimmo Caruso da dietro l’altare, prima mettersi in testa al corteo. Accanto a lui, Giovanni Piccolo, il sindaco-ragazzino, trentatré anni e una comunità che deve fare i conti con un omicidio che nessuno sa spiegare. “Siamo confusi, costernati, non ci sappiamo dare una spiegazione. Speriamo solo che si faccia luce presto”, dice prima di incamminarsi.
Davanti alla chiesa, un centinaio di persone bastano a riempire la piazza. Non è difficile a Sant’Anna, frazione di Seminara ad almeno venti minuti di strada buia e tutta curve dal cuore principale del paese. Duecentocinquanta abitanti, trecento al massimo, due chiese che si guardano, niente scuole, una macelleria, neanche un bar. Il corteo non ci mette più di venti minuti a percorrere la via principale, piegarsi su se stesso e tornare indietro. È silenzioso, qualcuno mastica qualche preghiera, un cane marrone guarda curioso tutta quella gente che sfila nel paese generalmente deserto. Il riserbo che la coppia ha sempre avuto si impasta con la riservatezza da paese, per tutti la dottoressa “era una persona disponibile”, ma nessuno pare conoscerla da vicino. La si vedeva a messa, dicono, ma vita di parrocchia non ne faceva. I coniugi Napoli erano mondo a parte e a sè.
Fiaccole in mano, ci sono i pochi ragazzi di zona, molte donne, gli anziani, una delegazione della Cgil, amministratori in carica ed ex. Salvatore Costantino ha governato Seminara anni fa e il dottore Antonino Napoli – marito della vittima, con lei al momento dell’agguato – lo aveva voluto in giunta. Un’esperienza breve, da assessore aveva resistito “dieci, undici mesi” non di più. “Lui e la moglie all’inizio degli anni Duemila avevano deciso di trasferirsi a Sant’Anna. All’epoca la cosa aveva fatto rumore: due professionisti che scelgono di vivere in una frazione quasi spopolata. Anche per questo avevo deciso di coinvolgerlo”. Nell’Aspromonte eroso anche della sua gente, chi sceglie di restare è considerato coraggioso, un matto o quasi chi decide di tornare.
Francesca Romeo a Sant’Anna era di casa. La sua è una delle famiglie storiche del paese, in cui vive anche il fratello, ispettore di polizia ormai in pensione. Dal giorno dell’omicidio è a casa sua che si è riunita tutta la famiglia, chiusa a pugno nel dolore e nel diserbo. Fuori dal cancello, non un fiore, non un manifesto, neanche un segno del lutto in corso. Le visite di condoglianze vengono filtrate, persino le esequie – fissate per mercoledì – potrebbero svolgersi in forma privata. “Noi di certo proclameremo il lutto cittadino”, promette il sindaco Giovanni Piccolo. La famiglia – fanno sapere i pochissimi conoscenti – non vuole chiasso.
“Non mi darò pace finché non verrà fatta giustizia”, confida la sorella a un amico di famiglia. Una risposta, una spiegazione di quell’agguato assurdo di cui Francesca Romeo è stata vittima, la pretendono. E credono che inquirenti e investigatori sapranno darla. La paura di tutti è che ci voglia tempo.
Ancora non sembra arrivato il momento di una svolta significativa. Nella mattinata di ieri gli investigatori della Squadra mobile di Reggio Calabria e del commissariato di Taurianova hanno fatto il punto con i magistrati che stanno coordinando le indagini, il procuratore della Repubblica, Emanuele Crescenti, l’aggiunto Santo Melidona ed il sostituto Elio Romano, quanto meno per mettere in fila gli elementi consolidati.
Di certo, conferma la balistica, era la dottoressa il vero obiettivo dell’agguato. E quell’azione di fuoco è stata attentamente pensata e programmata. Altri dettagli potranno venire dall’autopsia, eseguita lunedì pomeriggio. Al momento – e per questo l’indagine rimane salda a Palmi – non sono emersi elementi che facciano pensare che l’agguato sia stato ordinato da un clan, sebbene tipicamente mafiose sono modalità e arma usata per l’omicidio.
Per il resto si continua a scavare in telefoni e device, fra liste di pazienti, registri e cartelle per capire se è nell’ambito dell’attività professionale che la dottoressa abbia incrociato la strada del suo assassino. Nei prossimi giorni saranno sentiti colleghi e amici della vittima e del marito anche per capire se nelle ultime settimane sia successo qualcosa di strano, o se la dottoressa fosse preoccupata per qualcosa. Al riguardo, il marito non avrebbe dato elementi utili. Forse anche lui verrà risentito nei prossimi giorni, “ma solo quando avremo domande specifiche da fargli, elementi specifici da chiarire. Al momento – suggerisce una fonte vicina alle indagini – ci ha detto tutto quello che nell’immediatezza poteva dirci”. A Seminara le fiaccole si spengono in fretta, il paese torna deserto. Gli investigatori continuano a scavare.