C’è attesa per la nuova udienza di oggi, la 25^, del processo per l’omicidio volontario e pluriaggravato di Denis Bergamini. Dovrebbe essere il giorno del medico legale prof. Pasquale Coscarelli, che non s’è presentato nell’udienza di lunedì ed è stato riconvocato per oggi. Nel 1989 Coscarelli fu il primo a ragionare in maniera sostanzialmente lucida su quel delitto mascherato da suicidio. Tuttavia, anche la sua consulenza dell’epoca nasconde qualche ambiguità che va doverosamente spiegata e che – magari – sarà lui stesso a chiarire.
Abbiamo già visto come abbia smontato pezzo per pezzo i rilievi del brigadiere Barbuscio, costringendolo ad ammettere i suoi errori (http://www.iacchite.blog/omicidio-bergamini-la-consulenza-coscarelli-smontava-gia-pezzo-per-pezzo-i-rilievi-del-brigadiere-barbuscio/).
Coscarelli concludeva così la sua consulenza: “In considerazione di quanto esposto è verosimile che la “fase d’urto” si verificava a metri 10 circa prima dell’inizio dell’azione frenante e quindi a m. 25-28 circa dalla fase di statica finale”. E Coscarelli non disponeva del mezzo coinvolto (lasciato incredibilmente in facoltà d’uso al titolare…) e non si era reso conto che il camion non presentava alcun segno d’urto nella parte anteriore. Così come non poteva sapere (l’autopsia del prof. Avato interviene solo successivamente) che il corpo di Bergamini non presentava alcuna lesione o ferita di qualsiasi tipo che potesse riconnettersi all’urto contro il camion, dal momento che si trattava di corpo già disteso a terra in posizione supina.
Coscarelli, d’altra parte, si era reso conto di avere pochi elementi a disposizione allorché segnalava che “non è dato avere maggiore cognizione delle eventuali altre lesioni subite dal pedone per un urto diretto sia contro il veicolo pesante e sia contro il suolo e manca inoltre il riscontro con i danni rilevabili sulla sagoma frontale del veicolo pervenuto a contatto con il corpo…”. Ma il camion, come ci hanno spiegato benissimo i carabinieri del Ris lunedì scorso in udienza, non ha nessun danno.
E possiamo aggiungere che il corpo di Bergamini non presenta lesioni o fratture in alcuna sede che non sia quella colpita direttamente dalla ruota del mezzo pesante e non ne ha né agli arti superiori, né a quelli inferiori, né al volto. Il contatto del corpo in posizione eretta contro il camion non c’è mai stato, come poi spiegherà la prima autopsia.
Va segnalato allora che Coscarelli, che ritiene erroneamente che si sia trattato di urto frontale in posizione eretta del pedone (ciò che sicuramente non è) rimane sempre tratto in inganno dall’avere ritenuto che il camion (che lui non ha mai visto) presentasse dei segni di deformazione causati dall’urto.
Tale convinzione aveva ancora al dibattimento del primo processo del 1991 a Trebisacce allorquando fu sentito: “La deformazione del camion si trova sul lato destro”, salvo poi aggiungere che “il camion non l’ho visto… i verbalizzanti hanno scritto e detto che le deformazioni erano a una certa altezza”. Dunque, nel 1991 Coscarelli rimane convinto che il camion riporti i segni dell’urto ma il camion sappiamo bene che non l’ha mai visto.
Attenzione, però. In nessun verbale agli atti del fascicolo è descritto in alcun modo (o tantomeno indicato) che il camion abbia subito danneggiamenti o deformazioni di nessun tipo. Però sappiamo anche che il 28-11-1989 Coscarelli convocò il famigerato brigadiere Barbuscio sul luogo del delitto perché voleva avere spiegazioni su quella traccia di 49.10 metri che proprio non tornava. E’ stato quindi forse il brigadiere Barbuscio in tale occasione a rappresentargli quelle deformazioni sul lato destro a una certa altezza? In ogni caso si trattava di una mera congettura formulata nella consulenza di Coscarelli, il quale la intravedeva quale unica possibile spiegazione per comprendere quanto era successo. Coscarelli, pertanto, non disponeva degli elementi necessari (camion e autopsia) per giungere all’unica esatta conclusione: al momento del sormontamento da parte del mezzo pesante, il corpo di Bergamini si trovava già disteso a terra e in posizione supina, non prona, come fu invece rinvenuto.
Tuttavia, ciò che va sottolineato ancora oggi della consulenza Coscarelli è che la stessa, redatta a pochi giorni dalla morte di Bergamini, portava già a conclusioni che avrebbero potuto consentire di comprendere come nulla tornasse rispetto alle ricostruzioni che erano state fatte.
Due i dati di rilievo assoluti: il corpo del calciatore non era stato affatto trascinato dalla ruota del camion ma era stato colpito a circa un metro (!) di distanza dalla posizione di quiete; quella traccia di trascinamento del corpo di metri 49,10 in realtà non era tale.
E allora questo come si conciliava con le dichiarazioni rese in data 18-11-1989 dal camionista Raffaele Pisano che aveva dichiarato: “Il suo corpo è stato trascinato in avanti per quasi una cinquantina di metri prima di fermare il mezzo”? Non si conciliava davvero in nessun modo, tanto che il pubblico ministero in data 6-12-1989 interrogherà Pisano (la relazione Coscarelli era stata depositata il 2-12-1989) chiedendogli spiegazioni sul punto e il camionista risponderà: “Io non so a quale distanza dal punto d’urto mi sono fermato. “Ho detto ai carabinieri una cinquantina di metri perché mi pare che i carabinieri medesimi abbiano misurato la distanza. In realtà io però nulla posso dire in proposito”.

Il camaleontico Pisano, al dibattimento, però, sicuramente dopo aver letto la relazione Coscarelli che indicava il punto d’urto circa 25-28 metri prima della posizione del cadavere, dichiarava con assoluta precisione (!): “Dopo l’urto mi sono fermato a 27 metri”. Dunque, non sapendo cosa dire, ogni volta si adagia su quelle che sono le risultanze del momento: 50 metri quando così ritiene il brigadiere Barbuscio; non ne ha idea quando non sa (o non gli hanno detto…) cosa dire e 27 metri quando sa che così conclude Coscarelli. In realtà, anche Coscarelli sbagliava perché riteneva erroneamente che il corpo di Bergamini fosse in posizione eretta.
Ma la consulenza demoliva non solo la deposizione di Pisano ma anche quella di Isabella Internò. Infatti, sia per il camionista sia per la donna, Bergamini si sarebbe gettato, anzi tuffato sotto il camion all’altezza della piazzola e Barbuscio, per dargli una mano, aveva “avvicinato” la piazzola… Viceversa Coscarelli disegna abbastanza bene la piazzola e colloca, pur sbagliando, il presumibile punto di impatto al massimo a 25-28 metri dalla posizione del cadavere. Impossibile che il punto sia prima. Ma quella piazzola era distante almeno 60 metri dal cadavere mentre il centro della piazzola si collocava addirittura a 90-95 metri dal cadavere.
E sia Pisano, sia Internò viceversa avevano indicato che Bergamini si era gettato, anzi tuffato, sotto il camion all’altezza della piazzola, almeno 30-35 metri prima!!! Se non 60-65 metri prima!!! Insomma, nulla tornava più già dopo la consulenza Coscarelli. Già allora, si sarebbe potuto comprendere che ciò che era stato rappresentato non corrispondeva affatto alla realtà.