Omicidio Bergamini, 35^ udienza. Milicchio: “La caserma dei carabinieri di Roseto era vicinissima: perché la Internò non è stata portata lì?”

La caserma dei carabinieri di Roseto Capo Spulico

Il giornalista cosentino Giuseppe Milicchio ha testimoniato questa mattina nel Tribunale di Cosenza davanti alla Corte d’Assise presieduta da Paola Lucente nella 35^ udienza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini, che vede alla sbarra Isabella Internò, ex fidanzata del calciatore del Cosenza.

Milicchio ha prodotto in aula la trascrizione di un’intervista del magistrato Ottavio Abbate, all’epoca procuratore di Castrovillari, al quale erano state affidate le indagini dopo la morte di Bergamini, rilasciata alla Rai Calabria a pochi giorni di distanza dai fatti. Il giornalista ha ricordato che il magistrato non aveva mostrato il minimo dubbio sul fatto che si fosse suicidato e che non ci sarebbe stato neanche bisogno di effettuare l’autopsia, che invece fu eseguita 50 giorni dopo. Abbate in sostanza aveva dato credito, ancora prima di averla interrogata, alla versione data da Isabella Internò ai carabinieri che avevano eseguito i rilievi, confermando che Bergamini sarebbe stato prima investito e poi trascinato dal camion per circa 40-45 metri. Il cronista ha anche ricordato che il magistrato fece un riferimento che gli sembrò piuttosto strano al carattere taciturno del calciatore.

Ma Milicchio ha testimoniato anche su quanto ha visto direttamente, sempre a pochi giorni dalla morte di Bergamini, a Roseto Capo Spulico sul luogo dove è stato trovato il cadavere del calciatore. “Sono andato a Roseto Capo Spulico insieme ad un cameraman e abbiamo ripreso i luoghi. Una pattuglia dei carabinieri ci ha individuato e ci ha intimato di non riprendere ma noi lo abbiamo fatto ugualmente di nascosto con il sistema del “camera car”. Sulla strada non c’era nessun segno di frenata, ma solo una chiazza con materiale ematico coperto con terriccio. Ed è stato allora che mi sono convinto che la tesi del suicidio non era possibile, già ne ero sicuro perché conoscevo bene Denis ma dopo aver visto il luogo sono stato ancora più sicuro”.

Il giornalista ha quindi sottolineato un fatto che gli è sembrato subito strano: “Percorrendo al contrario la strada dal luogo in cui è stato trovato Bergamini, la prima circostanza che mi era balzata agli occhi è stata che a poche centinaia di metri di distanza c’era il cartello, il segnale, che indicava la direzione da seguire per arrivare alla caserma dei carabinieri di Roseto Capo Spulico, in cima ad una salitella ubicata sulla destra. Pochi metri, che si potevano percorrere davvero in pochi minuti. Di conseguenza, mi sono meravigliato che Isabella Internò non sia stata accompagnata nella caserma dei carabinieri subito dopo i fatti per telefonare ma – come abbiamo appreso – in un bar-ristorante (“Da Mario”, ndr), che però era decisamente più distante rispetto alla caserma. Che invece era più vicina e per giunta anche indicata sulla strada”. Una circostanza che lascia parecchio riflettere e alimenta e non poco i dubbi sulle “coperture” e sugli insabbiamenti dell’omicidio di Bergamini. 

Milicchio ha parlato anche del suo rapporto di amicizia con Mimmolino Corrente, all’epoca collaboratore del Cosenza Calcio, e ha confermato che gli aveva riferito di essere riuscito ad avere le scarpe e l’orologio di Denis Bergamini. Corrente aveva anche promesso alla famiglia del calciatore che avrebbe portato di persona le scarpe e l’orologio a Ferrara e che avrebbe riferito anche altro rispetto a quanto era avvenuto. Il collaboratore della società rossoblù, tuttavia, non aveva mai confidato a nessuno, e quindi neanche a Milicchio, cosa era riuscito a sapere e come aveva fatto a recuperare gli effetti personali di Denis. Corrente, purtroppo, non sarebbe mai riuscito ad arrivare a casa Bergamini perché il 4 giugno 1990, nel viaggio di ritorno da Trieste, perse la vita in un incidente stradale proprio sulla statale 106 jonica. Si ritorna in aula il 24 febbraio.