Il breve rinvio della sentenza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini (dalla fine di luglio al 1° ottobre con requisitoria, conclusioni e arringa a settembre) non ci impedisce affatto, anzi ci agevola nella necessaria, LUNGA e indispensabile opera di ricostruzione delle fasi salienti del processo.
24 FEBBRAIO 2023 – 36^ UDIENZA
di Gabriele Carchidi
Quando Gianluca Presicci è arrivato a Cosenza, nel 1986, aveva appena 21 anni ed era stato “scovato” dal quel grande talent scout che era Roberto Ranzani nella Cerretese, una squadra toscana di Serie D. Si stava formando il nucleo storico che avrebbe portato il Cosenza prima in Serie B e poi ad un passo dalla Serie A e il diesse Ranzani aveva pensato a questo giovane difensore toscano per puntellare il reparto arretrato. Gigi Simoni, Ciccio Marino, Claudio Lombardo, Antonio Schio, Roberto Giansanti e Denis Bergamini erano già in organico e insieme a Presicci erano arrivati altri tre ragazzi che avrebbero scritto pagine importantissime della storia rossoblù: Michele Padovano, Alberto Urban e Sergio Galeazzi. Poi sarebbero arrivati anche gli altri: Castagnini, Giovanelli, De Rosa e Lucchetti. Stiamo parlando degli anni più belli della storia del Cosenza o se preferite dei migliori anni della nostra vita e stamattina rivedere in Corte d’Assise a Cosenza proprio Gianluca Presicci nella qualità di testimone per la 36^ udienza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini è stato a tutti gli effetti un tuffo al cuore per chi – come me – l’ha conosciuto in quegli anni e poi non l’ha più rivisto.
Presicci era un difensore moderno già allora. Diversamente dai terzini “vecchia maniera” sapeva toccare il pallone ed era in grado sia di impostare da dietro che di fluidificare e giocava anche da stopper e libero: era un jolly difensivo a tutti gli effetti. Aveva faticato il primo anno, perché il suo esordio era arrivato con una brutta sconfitta in casa nel derby col Catanzaro e qualcuno tra gli addetti ai lavori gli aveva addossato la colpa dei due gol decisivi di Palanca. Ma Gianluca, anche a distanza di tempo, non accetta quel giudizio e ricorda che marcava Chiarella e che Palanca aveva segnato prima su calcio piazzato e poi per l’errore di un altro compagno, che in pratica aveva finito per fargli un assist. L’allenatore era Liguori, che forse si lasciò un po’ influenzare dalle chiacchiere e non lo impiegò molto, ma quando arrivò Gianni Di Marzio la situazione cambiò radicalmente e nel finale del campionato, a Benevento, Presicci segnò anche un bellissimo gol in acrobazia a tempo scaduto, che valse l’1-1 finale e che scatenò un parapiglia e addirittura una invasione di campo perché i sanniti quella partita volevano vincerla a tutti i costi.
Gianluca aveva legato subito con i ragazzi del “gruppo” ed era diventato il compagno di appartamento di Michele Padovano, a Commenda di Rende. Una coppia affiatatissima, si completavano, si volevano e si vogliono tuttora un bene dell’anima e si erano integrati alla grande con gli altri. Nel campionato indimenticabile della promozione in Serie B, Presicci avrebbe giocato 20 partite: Di Marzio ne apprezzava la duttilità e gradatamente lo aveva fatto diventare titolare a tutti gli effetti, promuovendolo definitivamente sul campo. Ed era stato anche lui uno degli eroi di quella pagina storica per il Cosenza.
Poi, nella stagione successiva, in Serie B, Gianluca con Bruno Giorgi aveva spiccato il volo ed era stato protagonista di 23 partite memorabili, tipo quelle al San Vito con l’Udinese, con il Brescia e con l’Avellino o quelle in trasferta a Bari, Piacenza e San Benedetto del Tronto. Un campionato che solo per quella maledetta classifica avulsa avrebbe impedito ai Lupi di giocare almeno lo spareggio per andare in Serie A. Tre anni comunque importanti per il giovane Presicci, che successivamente avrebbe giocato a lungo in Serie B con Modena, Perugia, Bologna e Pisa e infine intrapreso la carriera di allenatore.
Oggi, a 58 anni e dopo tre decenni, rivederlo – lo ribadisco – è stato come chiudere gli occhi e tornare a quei tempi. Anche se la sua presenza era purtroppo giustificata dalla morte violenta di uno di quei ragazzi che non sarebbe mai diventato adulto.
“Avevo un rapporto splendido con Denis – ha raccontato Presicci – e ho conosciuto anche Isabella Internò. In quel periodo ero fidanzato con la mia attuale moglie e qualche volta siamo usciti tutti insieme per andare al mare. Eravamo un gruppo eccezionale e Denis era un ragazzo brillante, serio, leale, mai banale, per bene sotto ogni punto di vista. Il nostro unico pensiero era fare la miglior carriera possibile, eravamo un gruppo giovane ma inquadrato, vivevamo per il calcio. Tuttavia Denis aveva qualcosa in più di noi, era un passo più avanti, era più professionista di noi”.
Presicci parla con il cuore, come quando era uno del gruppo rossoblù e la circostanza emerge subito agli occhi di tutti quelli che lo ascoltano e sono inevitabilmente rapiti dai suoi racconti e dalle sue parole. Gianluca racconta di quando, a giugno del 1989, appena 5 mesi prima dell’omicidio di Denis, erano andati una settimana a Riccione: lui, Denis, Michele Padovano e Ciccio Marino. Ed è stato bellissimo ascoltare che quei quattro ragazzi avevano messo due magliette per fare una porta e giocavano a pallone sulla spiaggia, invitando anche qualche altro ragazzo ad unirsi a loro. Con tanto di sorrisi e di pacche sulle spalle quando scoprivano che erano calciatori professionisti e che avevano appena finito di giocare un campionato in Serie B. Sembrava quasi di vedere una scena di “Mediterraneo”, il celebre film di Salvatores o magari di ritornare ai tempi in cui si giocava ancora a pallone sulle spiagge del nostro Tirreno.
Ma il sorriso lascia presto il posto alle lacrime perché Presicci, quando viene sollecitato a ricordare il momento in cui aveva appreso della morte di Denis, a Modena, non può evitare di commuoversi. E con lui si commuove anche chi ha conosciuto Denis e non si è mai rassegnato inseguendo ancora verità e giustizia. “Quando perdi un amico lo perdi per tutta la vita – commenterà poi con i cronisti -, era impossibile non volergli bene e mi commuovo sempre quando ricordo Denis”.
Gli fanno molte domande su Michele Padovano, con il quale conserva ancora uno splendido rapporto di sincera amicizia, e Presicci risponde con decisione ricordando il suo confronto con l’ex attaccante della Juve, e affermando che purtroppo Denis non si era confidato con lui e quindi non aveva potuto far niente per evitare che fosse attirato in quella trappola che poi si sarebbe rivelata mortale. E lo dice con un grande affetto per quell’amico che poi si sarebbe trovato a combattere una battaglia durata 17 anni contro qualcuno che lo voleva incastrare a tutti i costi.
Presicci ovviamente, come tutti i compagni di Denis, non ha mai creduto al suicidio e lo ha detto a testa alta, con grandissima forza: “Non ho mai creduto a quello che venne riportato dai giornali e dalle televisioni. Era impossibile che Denis si fosse suicidato. Io penso che lo abbia ucciso qualcuno. Che ci sia stato la mano di qualcuno… La dinamica raccontata poi non sta in piedi in nessuna maniera, è assurda, non serve neanche un esperto per attestarlo: è chiaro che è stato ucciso. Lo dico per la mia conoscenza diretta del ragazzo, che amava vivere ed aveva una grande serietà e una passione straordinaria per il suo lavoro ma la dinamica che è stata raccontata in questi lunghi anni, se possibile, ha una forza ancora superiore”.
Gianluca finisce di parlare con i cronisti e chiede quanto sia distante la stazione: se fosse per lui ci andrebbe a piedi ma è chiaro che non lo avremmo mai lasciato andare da solo. In macchina ci racconta ancora tanti aneddoti di quei tre anni indimenticabili e ci spiega anche perché Michele Padovano lo chiamava “Ciccio”. Tutta “colpa” di Santino Fiorentino, lo storico dirigente accompagnatore del Cosenza, che quando era arrivato lo aveva chiamato per errore Francesco tra le risate di Michele, che immediatamente lo aveva ribattezzato “Ciccio”, alla cosentina. Restituendoci un “flash” bellissimo da mettere nello scrigno dei ricordi della nostra gioventù.
Per la Parte civile, rappresenta dall’avvocato Fabio Anselmo, si è trattato di un’udienza “importante perché i testi hanno confermato quanto reso da altri compagni di squadra in merito al carattere di Denis. Si tratta di testimonianze precise che cristallizzano circostanze che non credo possano essere più messe in discussione”.
Nel corso dell’udienza la Corte ha deciso di acquisire le dichiarazioni già rese da Maria Zerbini, madre di Denis, a causa delle sue compromesse condizioni di salute. Abbattendo le inspiegabili “resistenze” del legale di Isabella Internò. La prossima udienza è stata fissata per mercoledì 8 marzo. La Corte ha anche stilato il calendario per i prossimi mesi e si è appreso che a giugno il processo si sposterà per qualche udienza a Bologna, in modo tale da poter ascoltare due testimoni fondamentali per il processo: Maurizio Lucchetti e Tiziana Rota.