Omicidio Bergamini, 49^ udienza. Dino Pippo Internò, il “duro tamarro” smontato pezzo per pezzo da Primicerio e Anselmo

Dino Pippo Internò è cugino di primo grado di Isabella Internò. Nato a Rende il 15 settembre del 1968, ormai da più di dieci anni, da quando è stato riaperto il caso Bergamini, è considerato come uno dei due famigerati “cugini” indicati da più testimoni sul luogo del delitto a Roseto Capo Spulico ma anche tra Rende e Cosenza quasi a “scortare” la cugina fino al giorno stesso del funerale di Denis Bergamini nella chiesa della Madonna di Loreto.

Internò è senza dubbio il soggetto più scaltro e “sgamato” della famiglia. Ieri ha testimoniato per diverse ore e chi ha potuto assistere alle sue deliranti dichiarazioni non ha potuto fare a meno di vedere e di ascoltare la sua rozzezza e il suo modo di fare sottilmente minaccioso, mascherato da una molto presunta “sofferenza” per aver subito indagini e processo. Confessiamo che non è stato facile restare lì ad ascoltare il suo delirio senza potersi avvicinare per mollargli un cazzotto. No, non lo è stato per niente. Anche perché, per diverse ore, il legale di Isabella Internò, il solito penoso Angelo Pugliese, ha cercato una serie di cavilli che potessero evitare di far aprire la bocca al cugino buzzurro di Isabella Internò. Ma alla fine, rigettate tutte le ridicole eccezioni di un avvocato che ha confermato per l’ennesima volta di non conoscere le norme, Pugliese ha dovuto abbassare la testa e subire l’ennesima testimonianza delirante di questo processo.

Dino Pippo Internò lavora da 26 anni in un istituto di vigilanza che si chiama Codis, che ha in mano addirittura da 8 anni l’appalto della sicurezza nello stesso Tribunale di Cosenza. Prima invece lavorava nell’impresa di tinteggiatura di suo zio nonché padre di Isabella, Francesco Internò, meglio conosciuto come “mastro Franchino”. Dino Pippo ha seguito passo passo l’adorato zio (deceduto nel 2009) per 12 lunghi anni, dopo essersi diplomato all’Istituto Agrario e aver svolto il servizio militare. Il teste afferma addirittura che l’impresa di “mastro Franchino” ha eseguito lavori per il questore e per il prefetto per non parlare degli alberghi di rango... Gli affari dovevano andare molto bene a zio Franco se è vero, com’è vero, che mollava al nipote “centomila lire al giorno” e che poteva permettersi case al mare a Messinette di Fuscaldo, a Torremezzo e a Cavinia di Cetraro.

Il pm Primicerio entra nel vivo del suo esame e ricorda al teste i rapporti con il boss di Rende, Francesco Patitucci, insieme al quale viene “controllato” nel 2005 da una pattuglia dei carabinieri che li sorprende in una macchina nella quale c’erano pure il fratello Roberto e il braccio destro del boss, tale Francesco Gentile. Ovviamente Dino Pippo il “duro” nega di avere avuto mai rapporti frequenti con Patitucci e addirittura che fosse in macchina col boss ma tant’è…

Si passa ad Isabella, la sua adorata cugina, con la quale si è “cresciuto insieme”. Per lei Dino Pippo, almeno per qualche secondo, rinuncia persino alla sua fama di “duro” e rivela che le ha mandato un messaggio con un cuoricino, pensate voi che tenerezza. Più o meno la stessa (!) con la quale aveva salvato una volpe ferita e poi la teneva al guinzaglio per le strade di Commenda, al punto tale che persino i calciatori del Cosenza e anche Denis Bergamini, ovviamente insieme ad Isabella, avevano voluto vederla. Ed era stata quella, a detta del Nostro, l’unica occasione nella quale aveva avuto a che fare direttamente con il calciatore.

Si entra nel vivo e Primicerio fa ascoltare in aula tre intercettazioni che riguardano tre telefonate di Dino Pippo Internò a Katia, la sorella di Isabella, il 16 maggio 2013, due giorni prima che Roberto Internò venisse ascoltato nella qualità di testimone a Castrovillari. Dino Pippo non sa spiegare perché non chiama Isabella – lo capiscono davvero tutti che ha paura di essere intercettato – ma non può evitare di chiamare la sorella perché ha urgenza di rintracciare Luciano Conte, il marito poliziotto della cuginetta. Anzi, per dirla tutta, l’esigenza riguarda più il fratello: “‘u vulia salutà puru Roberto…”. 

“Perché cerca Luciano Conte chiamando Katia?”. La domanda del pm risuona fortissima nell’aula e il teste tradisce per la prima volta la sua vera natura rivelando invece il suo vero volto. Smascherato dal Primicerio, inizia ad affermare che le accuse sono “solo invenzioni”, che lui “non ha niente da nascondere” e che telefonava “per portare un conforto”… Fatto sta che a un certo punto Katia gli dice al telefono che “sto arrivando” e attraverso una intercettazione ambientale si scopre che – invece – davanti al piccolo centro commerciale della Sidis di via Panebianco dove il “tamarro” presta servizio arriva… Luciano Conte e si sente distintamente la sua voce da una intercettazione ambientale mentre dice “a verità Robè, a verità…” accomiatandosi da Roberto Internò e dopo avergli dato verosimilmente le direttive da seguire per l’interrogatorio che sarebbe avvenuto due giorni dopo a Castrovillari. Persino Dino Pippo ammette che quella voce è di Luciano Conte.

Il pm Primicerio continua ad incalzare il testimone perché vuole capire come mai è così interessato a questi interrogatori del 18 maggio 2013 che riguardano non solo il fratello Roberto ma anche la mamma di Isabella, Concetta Tenuta. E per la seconda volta Internò sbotta osservando che “siamo stufi”, che “vogliamo uscirne e ci vogliamo mettere la croce” e altre amenità del genere che ormai non impressionano nessuno.

E così si arriva a quel maledetto 18 novembre 1989. La famiglia Internò-Conte ha messo su un castello d’argilla, pieno di menzogne e di contraddizioni paradossali e grottesche. Che ovviamente vengono smontate dal pm man mano che chiede “spiegazioni” a Dino Pippo Internò, il quale arriva persino a dire “che era ancora giorno…” contraddicendo clamorosamente tutti i suoi parenti che invece avevano dichiarato che tutto era avvenuto di sera e col buio già calato inesorabilmente sulla casa dei genitori di Dino Pippo Internò a Santa Chiara di Rende. Ma non finisce qui, perché il teste non sa spiegare chi c’era e chi non c’era alla fantomatica riunione familiare della sera del 18 novembre 1989 e continua ad affermare in maniera tragicomica che lui, in una sera d’autunno peraltro anche piovosa, stava in pantaloncini nel cortile di casa perché aveva appena finito di giocare a pallone (sic!).

Si passa al funerale di Denis Bergamini e alle circostanze che portarono tutta quella stramaledetta famiglia ad “impossessarsi” della bara del nostro Campione mettendosi tutti in prima fila con le loro facce di merda a fingere dolore dopo averlo ammazzato. “Ce l’ha chiesto zio Franco – afferma il teste – perché mia cugina ha vissuto quel giorno come un… funerale (dice proprio così, ndr) di un parente stretto… al di là del fatto che si erano lasciati”. Non è finita. Il pm chiede lumi su questo “inusitato” servizio di scorta per la cugina. Che senso ha “scortarla” da non meglio precisate reazioni dei tifosi se ancora nessuno, ma proprio nessuno, aveva parlato di omicidio? Coda di paglia? La miglior difesa è l’attacco? Non lo sappiamo, e il contrasto – come chiosa Primicerio – rimane tutto, altroché se rimane.

Finisce l’esame di Primicerio e inizia quello di Fabio Anselmo, legale della famiglia Bergamini. “Come ha reagito al fatto che Denis e Isabella si erano lasciati?”. Le domande del legale sono incalzanti fin dall’inizio e il teste deve far ricorso a tutta la sua abilità per mascherare la sua vera natura: “Se non va non va… e ci si lascia”. Così risponde il “tamarro”, probabilmente credendo di essersi dato un tono ma il ghigno che ha disegnato sulla faccia si scioglie presto quando Anselmo gli pone le successive domande: “Quando e come ha saputo dell’aborto di sua cugina?”. Il ghigno sarcastico sparisce e lascia spazio a quello di rabbia: “L’ho saputo dai giornali”. E Anselmo: “E che cosa ha provato?”. La risposta è quella che qualifica esattamente la natura del teste: “Indifferente…”.

Ma la sicumera del personaggio è destinata a crollare e Anselmo sa bene quale tasto toccare per mandarlo in bestia. Non fa il nome di Tiziana Rota, la moglie del compagno di squadra di Denis, Maurizio Lucchetti. La definisce semplicemente “amica di Isabella” e riferisce al cugino che ha visto due ragazzi “tra cui lei…” e ha sentito con le sue orecchie quello che ha detto Isabella: “Stai zitta: se sanno che Denis mi ha lasciata, lo ammazzano”. Il “tamarro” non se l’aspettava, resta qualche secondo in silenzio, vacilla, poi guarda un attimo al soffitto e finalmente risponde ammettendo clamorosamente tutto: “Sono cose che si dicono…”. Una risposta davvero debole soprattutto perché stiamo parlando di una “profezia” che si è puntualmente avverata dopo manco dieci giorni. Anselmo incassa la risposta che voleva e ha il tempo di commentare: “Sono soddisfatto!”.

Dino Pippo Internò invece è sempre più nervoso e alla successiva domanda su un’altra intercettazione nella quale Katia gli dice che “segue la linea” indicata dall’avvocato di Isabella per quanto riguarda l’esposizione mediatica, sostiene che lui – l’esperto della famiglia… – avrebbe fatto diversamente sostenendo che bisognava andare in televisione per spiegare la loro versione. E ribadendo quasi rabbiosamente al legale della famiglia Bergamini e ai presenti che lui “crede” a sua cugina. Urka se le crede: Bergamini ha fatto un tuffo, questa – secondo loro – è la verità, alla quale peraltro ormai non crede veramente più nessuno ma tant’è.

Fabio Anselmo è scatenato: fa riascoltare in aula l’intercettazione tra Dino Pippo e la moglie Antonella Raimondo (ahiahiahi, direbbe Mike Bongiorno) nella quale la consorte esprime tutta la sua paura di essere intercettata e arriva a chiamare “strunzu, turdu e ciuatu” il marito che non afferra il suo timore. E sottolinea il fatto che Roberto Internò lo avesse pesantemente apostrofato (“Tutti in prima fila eravate…”) a proposito della presenza in massa al funerale davanti alla bara di Bergamini. Alla seconda domanda, Dino Pippo recrimina – finalmente – su quella sciagurata scelta dello zio mastro Franchino: “Se lo sapevo che succedeva tutto questo, non ci sarei andato…”.

E’ il preludio al gran finale. Dino Pippo Internò non si aspetta l’ultima stoccata, quella decisiva, quando Anselmo tira fuori l’intercettazione dell’ormai lontano 2011 nel corso della quale Isabella candidamente confessa al cugino: “ohi Pì – lo sai, tu lo sai. Tu c’eri proprio, quindi!!!”. E Dino Pippo rispondeva “e lo so…”. La guardia giurata stavolta non fa neanche in tempo a replicare perché è la presidente della Corte Paola Lucente che lo anticipa e blocca il controesame perché si tratta di una domanda che “può nuocere alla posizione processuale” di Dino Pippo Internò e che in pratica apre il processo “Bergamini 2”, quello nel quale dovranno uscire fuori i nomi degli esecutori materiali dell’omicidio.

C’è ancora spazio per due siparietti. Alla fine della sua deposizione, Dino Pippo Internò viene inseguito dai cronisti che vorrebbero una sua dichiarazione ma evidentemente lui e la sua famiglia non hanno ancora concordato una “linea” e così il tamarro evita di parlare anche se preannuncia non meglio precisate “querele” a qualcuno dei giornalisti che evidentemente non lo ama, per usare un eufemismo. Attendiamo fiduciosi. 

Ma il finale perfetto di questa ennesima giornata di passione ce lo offre ancora Fabio Anselmo nel corso della sua intervista. Alla domanda se si aspettava questo tipo di testimonianza, Fabio Anselmo ha così risposto: “Francamente così no. Mi aspettavo una deposizione piena di contraddizioni perché già il verbale lo era, mi è dispiaciuto che si sia arrivati addirittura a mettere in dubbio l’onestà del procuratore Facciolla. In tutta sincerità mi sembra ingiusto e assolutamente sbagliato ma l’attendibilità su questo di Dino Pippo Internò è chiara… L’unica cosa che stavo pensando -mentre uscivo con l’avvocato Galeone –: beh, Dino Pippo Internò fa la guardia giurata e ha il porto d’armi… Vabbé, ci sentiamo tranquilli…”. Pensa noi che a Cosenza ci viviamo…