Dopo le discussioni degli avvocati Alessandra Pisa e Silvia Galeone, l’avvocato Fabio Anselmo ha chiuso con un intervento finale le due udienze del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini dedicate alla parte civile. “Riteniamo di avere dalla nostra parte – ha detto Anselmo – la forza degli argomenti tecnici, scientifici e fattuali”. E per rafforzare i concetti già espressi da lui stesso nell’udienza di ieri e dalle sue collaboratrici in quella di oggi, ha sottoposto alla Corte ancora qualche altro elemento di valutazione.
Roberto Internò, cugino di Isabella e Michelina Mazzuca, la moglie, vengono ripetutamente intercettati mentre parlano del caso Bergamini e soprattutto del falso alibi da costruire per i familiari per quella maledetta sera. “Ci sono due passaggi drammatici – ha osservato Anselmo – nei quali ci viene detto chi ha ucciso Denis Bergamini. Per dare una giustificazione a quello che è accaduto e a tutte le liti successive, Michelina Mazzuca, riassumendo quanto ha dichiarato alla procura di Castrovillari afferma testualmente: “Ho difeso zio Franco, Dino Pippo e Isabella”. Perché non bisogna difendere gli altri? Eppure tutti sono coinvolti nel costruire questo reticolo di bugie”.
Fabio Anselmo aggiunge un altro dettaglio certamente non secondario. “Nel portafogli di Bergamini – sottolinea – non c’è la carta di identità ma c’è il biglietto della clinica di Londra nella quale Isabella ha abortito nel 1987. Perché? Per quanto ne sappiamo, Isabella Internò ha dichiarato che l’interruzione di gravidanza è avvenuta nell’estate del 1988, dunque è possibile che ci sia stato un altro aborto. Ma Bergamini ha in tasca un biglietto nel quale c’è scritto che l’aborto a Londra è avvenuto un anno prima, a luglio del 1987…”. Il legale ferrarese lascia chiaramente intendere che siamo davanti al movente che scatena l’azione omicidiaria e ne abbiamo anche le prove attraverso il biglietto che Denis ha in tasca ma che purtroppo non gli servirà per chiarire la vicenda. Perché Isabella Internò ha aggiustato le cose in maniera tale da accusare Denis e armare la mano dei suoi assassini.
Passando agli aspetti medico-legali Fabio Anselmo ha sviluppato quella che ha definito una “riflessione ignorante”. Si è discusso tanto della quantità di sangue presente sulla scena del presunto incidente e nel corpo di Denis: per semplificare sangue sì-sangue no. E allora, o Bergamini è morto dissanguato e ha ingannato i periti oppure il sangue c’era. E la prova delle prove è il celebre vetrino numero 13. Una scheggia dell’osso entra nei tessuti di Denis all’altezza del bacino provocando una lesione ma nessuna fuoriuscita di sangue. Ebbene, già solo a livello istologico e senza scomodare la glicoforina, questa mancanza di sangue significa che le lesioni riportate da Bergamini al bacino sono successive alla sua morte per asfissia meccanica violenta. Anselmo porta ad esempio la macchia sui vestiti: è impossibile che una macchia non sporchi i vestiti e così è impossibile che una lesione su una parte vitale non provochi uno stravaso di sangue istantaneo, anche piccolissimo,. Siamo alla logica, neanche alla scienza.
Poi assesta una stoccata alla difesa dell’imputata, che prevedibilmente proverà ad arrampicarsi sugli specchi invocando il complotto degli scienziati e invita ad andarci piano perché si parla di professionisti seri e credibili. E in chiusura di questa lunga due giorni avverte ancora su un altro piano la difesa di Internò. In una eventuale nuova versione dell’imputata nell’ultima udienza del processo, che cercasse di dimostrare che siamo davanti a un omicidio preterintenzionale, Anselmo presenta una sorta di conto preventivo affermando che a smentire clamorosamente questa ipotesi della disperazione ci saranno tutti i depistaggi che si sono succeduti in questi lunghi 35 anni. A partire proprio dai falsi alibi che non possono che nascondere la premeditazione del delitto.
Si torna in aula giovedì 26 settembre per la prima udienza dedicata alle arringhe della difesa. Parlerà l’avvocato Rossana Cribari, ha annunciato il suo collega Angelo Pugliese, che di conseguenza pronuncerà la sua arringa nell’ultima udienza prevista per lunedì 30 settembre. Subito dopo la Corte si riunirà in Camera di consiglio e il giorno dopo leggerà il dispositivo della sentenza di primo grado.