Fabio Anselmo, nonostante sia un avvocato esperto con oltre 30 anni di attività forense alle spalle, mai come oggi era molto teso e consapevole delle difficoltà di un processo molto complesso e particolare come quello per l’omicidio di Denis Bergamini. Ed è proprio per questo che chiarisce subito come imposterà la discussione. “Non ripercorreremo la requisitoria – mette subito in chiaro – e non la ripeteremo. Ci soffermeremo invece sugli aspetti medico-legali emersi nell’immediatezza dei fatti e sulle falsità dell’imputata e dei suoi familiari”. Una decisione coraggiosa, che ha puntato senza mezzi termini al cuore del problema e quindi agli incredibili errori commessi nella fase iniziale delle indagini dal pm Ottavio Abbate e dal brigadiere Barbuscio, che hanno immediatamente depistato il corso dell’inchiesta. Per poi passare al ruolo del marito poliziotto dell’imputata, che è fondamentale per capire le dinamiche anche familiari che hanno accompagnato la vicenda giudiziaria e l’hanno inevitabilmente condizionata.
Sotto il profilo metodologico, Anselmo ha calcato subito la mano sull’importanza di accertare la falsità dell’alibi sostenuto dall’imputata: si parla di mendacio costruito e organizzato con la consapevolezza di voler sfuggire alla giustizia. Un aspetto simile a quello di altri processi indiziari come quelli cosiddetti Bozzoli e Logli, dove non ci sono neanche i cadaveri, ma sono stati accertati mendaci abilmente costruiti e organizzati per sviare le indagini. Anselmo, come del resto aveva già fatto il procuratore di Castrovillari, si richiama alla validità della prova logica del processo indiziario, citando anche la sentenza che alla fine, dopo due assoluzioni, ha condannato Alberto Stasi per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. E aggiunge, per rafforzare il concetto, che nel processo Bergamini, oltre alla prova logica e che arriva dal contesto globale delle indagini, c’è anche quella scientifica, che è pesante come un macigno per l’imputata e la inchioda come e forse anche più delle altre alle sue responsabilità.
Anche nel processo Bergamini ci sono state due archiviazioni che sono equiparabili a due assoluzioni, e Anselmo si richiama proprio a quelle per “stanare” il suo avversario, l’avvocato Pugliese (oggi presente), che all’inizio del processo quasi a far pesare quelle due archiviazioni si era domandato retoricamente: “Ma perché siamo qui?”. Ed è per questo che il legale ferrarese risponde alla domanda, sottolineando che siamo qui perché ci sono stati mendaci o se preferite pacchiane falsità che hanno stravolto la dinamica dei fatti e ci hanno raccontato un’altra storia rispetto alla verità, ovviamente falsa.
“Ma i ricordi non possono essere rimossi, come magari avrebbe voluto il marito dell’imputata” alza la voce Anselmo. E cala subito l’asso nei confronto della difesa di Isabella Internò, avendo intuito che qualcosa bolle in pentola da quelle parti dopo la mazzata della requisitoria e la nuova e forte attenzione mediatica sul caso. E scompaginando certamente i piani di qualcuno che, in cuor suo, magari, sperava di poter contare sull’effetto sorpresa. Perché l’attenzione mediatica non può essere lamentata dapprima in maniera vittimistica quando poi si finisce per entrare in quella stessa dimensione per cercare una via di fuga disperata da una pena che si annuncia catastrofica.
“Se l’imputata si presenterà qui giovedì 26 o magari lunedì 30 settembre, a pochi giorni dalla sentenza raccontandoci una storia diversa, come farà a sostenere ancora le sue lamentele di essere finita ingiustamente in una gogna mediatica?”. Pugliese ascolta e sbianca, non se l’aspettava o almeno non così presto, quasi in apertura della discussione del rivale. Ed è costretto a subire anche il resto, perché Anselmo, visto che c’è e considerato che capisce di aver colto nel segno, rincara la dose: “Se analizziamo tutte le interviste rilasciate dall’imputata o anche i comunicati – dice Anselmo – non c’è traccia di una sola parola per Bergamini, non c’è un solo momento di resipiscenza. Valutate i fatti: veramente credete che Isabella Internò sia una persona diversa? Nei suoi atti e nelle sue parole non c’è mai stata una preoccupazione, un minimo di sensibilità e anche di empatia nei confronti della vittima, c’è solo odio per Donata Bergamini e i suoi legali e addirittura grida al complotto… Stupisce la sua faccia tosta quando parla di logiche persecutorie nei suoi confronti da parte di chi vuole brillare davanti alle telecamere e nei salotti televisivi. In questi anni non ha mai detto una sola parola per Denis. Noi siamo qui da 35 anni per colpa della magistratura“. Anselmo argomenta agevolmente che non era difficile capire fin dal primo minuto che si era davanti a errori macroscopici. “Come può un corpo mentre si tuffa… impattare contro un camion pesantissimo ed essere trascinato senza riportare danni oltre a quello del sormontamento?”. E così, dopo aver scoperto le carte dell’imputata e dei suoi difensori, ha chiarito come siano stati 6-7 personaggi a determinare un corto circuito nelle indagini passando alla genesi delle indagini subito dopo l’omicidio per chiarire realmente cosa è successo.
1 – (continua)